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Dazi, chi respira e chi resta in bilico

Tra le tante stangate, alcune faranno meno male, mentre su altre si attende un chiarimento. Il punto sulle (poche) buone notizie e sui nodi irrisolti dopo l’accordo tariffario tra Usa e Ue 

Per la maggior parte dei settori varrà il dazio flat al 15%, con un impatto complessivo per l’economia italiana paria  22,6 miliardi di perdite in termini di export. Un negoziato che ha lasciato molti insoddisfatti e pochissimi fortunati, sempre che di reale fortuna si possa parlare. Di vincitori veri e propri – a parte Trump – non ce ne sono e ogni successo ha un peso relativo, dal momento che la politica commerciale degli Usa si abbatte, direttamente o indirettamente, sull’intera economia planetaria, e in questo caso nazionale.

Eppure qualcuno è riuscito a scendere dall’ottovolante dei dazi, strappando un accordo a tariffa zero. Altri comparti, invece, sperano di contenere i danni, mentre c’è chi attende un chiarimento sui punti dell’accordo ancora oscuri per valutare il proprio destino.

ACCIAIO E ALLUMINIO: LA POSTA PIÙ ALTA

Era proprio sul destino di questi due settori che si concentravano le tensioni più forti. E tale nodo è rimasto sciolto solo a metà: per ora, gli Usa manterranno i dazi al 50%. Nessuna riduzione immediata, ma – come ha spiegato la presidente von der Leyen – verrà introdotto “un sistema di quote” per tornare ai valori storici, all’interno di un più ampio piano congiunto per contrastare la sovrapproduzione globale e, in particolare, l’import a basso costo dalla Cina.

Insomma, sul dossier permane un certo grado d’incertezza, come confermato dallo stesso ministro per gli Affari europei Foti: “Certo, per acciaio e alluminio la decisione che pare essere stata assunta non va nella linea di una riduzione dei dazi che era lecito auspicare”, ma  “pronunciarsi a caldo sull’accordo nei dettagli quando questi ultimi devono essere singolarmente verificati mi pare prematuro”.

L’UE PUNTA A QUOTE D’EXPORT CON DAZI AL 15%

Un punto sulle trattative in questo ambito lo ha fatto oggi La Stampa: “l’Ue sta negoziando per ottenere delle quote di esportazione con dazi al 15%, e tariffe del 50% per le eccedenze. Tutto ciò che oltrepassa le soglie, dunque, verrà tassato al 50%. Una soluzione che piacerebbe agli operatori del settore, a patto che però vengano confermate le quote concordate dall’Unione con l’amministrazione di Joe Biden (3,3 milioni di tonnellate per l’acciaio e 380mila tonnellate per l’alluminio). Altrimenti, confidano fonti dell’industria, la soluzione diverrebbe insostenibile per il settore”.

AGROALIMENTARE: PASTASCIUTTA O BEFFA?

Il settore agroalimentare italiano – che vale circa 8 miliardi di euro di esportazioni annue verso gli Usa – resta in bilico. L’aliquota unica del 15% assorbe i dazi preesistenti, annullando gli oneri su latticini e olio extravergine d’oliva, per i quali l’impatto diventa nullo. Tuttavia il vino è ancora a rischio: l’attuale dazio del 2,5% potrebbe salire, salvo un’esenzione che non è stata ancora definita.

Parmigiano Reggiano e Grana Padano – già tassati al 15% – non subiranno ulteriori aggravi, ma molti altri prodotti iconici restano a forte rischio. L’Italia punta a far inserire buona parte delle sue specialità in un regime a dazio zero, ma la lista definitiva delle esenzioni dovrebbe essere comunicata nelle prossime settimane.

SETTORI HIGH‑TECH E MATERIE PRIME: INTESA STRATEGICA E DAZI ZERO

Concordato «l’azzeramento reciproco dei dazi su una serie di prodotti strategici», ha spiegato von der Leyen. Tra i maggiori beneficiari del taglio dei dazi spiccano i comparti a più alta intensità tecnologica: aerospaziale, robotica avanzata e macchinari industriali. Per questi settori è già stato sancito un tacito “armistizio” tra Airbus e Boeing, con aeromobili e componenti immuni da tariffe. Analogo trattamento per alcune apparecchiature per semiconduttori, volte a non ostacolare la produzione di chip. Ancora più cruciali le materie prime critiche – terre rare e litio –, esentate dai dazi perché imprescindibili per difesa, aerospazio e transizione digitale.

BOCCATA D’OSSIGENO PER L’AUTOMOTIVE

Una boccata d’ossigeno arriva anche per l’industria automobilistica: l’aliquota scende dal 25% al 15%. Con circa 75.000 vetture esportate ogni anno – per un valore di 4 miliardi di euro – e 1,2 miliardi in componentistica, l’Italia occupa una posizione modesta rispetto alla Germania; l’impatto sui volumi sarà quindi contenuto. La riduzione, peraltro, non nasce da una tutela specifica all’Italia, ma da un compromesso negoziale più ampio.

Il conto dei dazi va fatto in fretta per capire dove intervenire e quali misure mettere in campo. Ma molto dipende ancora dai nodi irrisolti: i dubbi su acciaio, alluminio e agroalimentare non sono certo secondari e il bilancio non potrà dirsi concluso finché non si avrà una visione chiara su questi dossier cruciali per l’economia italiana ed europea.

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