Le dimissioni fulminee di Luca de Meo da ceo di Renault non sono un buon segnale per l’industria automobilistica. Ecco le vere ragioni del suo addio e cosa vuol dire per il settore dell’automotive
Le dimissioni fulminee di Luca de Meo da ceo di Renault non sono un buon segnale per l’industria automobilistica. Infatti, l’addio del manager di lungo corso non sembra un ordinario avvicendamento ai vertici di un gruppo. Tutte le ragioni e le conseguenze per l’automotive.
PERCHE’ L’ADDIO DI DE MEO PREOCCUPA
L’addio di Luca De Meo è un segnale d’allarme per tutto il gruppo automotive europeo. La ragione è da ricercarsi nel curriculum del manager, uno dei maggiori conoscitori del settore, delfino di Sergio Marchionne.
“Perché il ceo della casa della Losanga è stato capace di lasciare un segno in ogni azienda guidata. Dalla rinascita della Fiat 500 nel 2007 all’invenzione del brand Cupra nel gruppo Volkswagen, fino allo spettacolare risanamento e rilancio di Renault: dal baratro del 2020 – con otto miliardi di perdita – al miglior margine operativo della sua storia”, si legge su Il Sole 24 Ore.
L’ALLEANZA DEI PRODUTTORI
L’automotive si priva così del primo top manager a proporre un’alleanza dei produttori europei, un’ “Airbus dell’auto”. Infatti, quando rivestiva il ruolo di presidente di Acea, ha spinto con forza per un’intesa per condividere piattaforme, tecnologie e affrontare uniti la transizione elettrica. Inoltre, è stato tra i primi a riconoscere la portata della minaccia cinese dal punto di vista commerciale, industriale e strategico.
La scelta di assumere la guida di Kering (secondo le indiscrezioni di Le Figaro), colosso in crisi del lusso francese (netto calo delle vendite e -43% in Borsa solo nell’ultimo anno) “potrebbe essere letto come la scelta di chi ha colto in anticipo i segnali di una crisi strutturale e ha scelto di non restare invischiato in trame che non gli appartengono, per storia personale e formazione culturale”, scrive il giornale di Confindustria.
LA COMPETIZIONE CINESE CRESCE
La proposta di De Meo non ha raccolto il favore di Volkswagen e Stellantis, facendo così naufragare l’alleanza. Allo stesso tempo, la concorrenza cinese è cresciuta sempre più. “La frammentazione industriale, in un momento in cui servirebbero coesione e strategia, si è trasformata in un freno difficile da superare”, scrive il Sole 24 Ore.
Il Piano Rearm Ue ha cambiato ancora le carte in tavola.
“Per Renault si aprirebbe dal 2026 il capitolo della produzione di droni in Ucraina, con il diretto impulso di Parigi, che detiene il 15% del capitale. Volkswagen non ha mai escluso la possibilità di riconvertire alcune fabbriche tedesche alla difesa. È un cambio di paradigma inquietante, che solleva interrogativi sull’identità futura dell’automotive europeo”, continua il giornale.
La sua decisione potrebbe essere il sintomo di una crescente mancanza di fiducia del mondo industriale e manageriale nella capacità dell’Europa di fare sistema.