Il PNIEC finale di Parigi non è stato presentato entro la scadenza prevista. Inoltre, la Francia ha rifiutato di includere nel suo piano un obiettivo per il 2030 pari al 44% di energia rinnovabile nel consumo energetico finale
Non riuscendo a raggiungere gli obiettivi di energia rinnovabile per il 2020 e rifiutandosi di fissare obiettivi simili per il 2030, la Francia rischia una pesante multa e il congelamento dei fondi europei. Nella realtà dei fatti, però, l’ipotesi delle sanzioni sembra molto lontana. Come tutti i Paesi dell’Unione europea, la Francia entro il 30 giugno (ieri) era tenuta a presentare alla Commissione europea un piano nazionale definitivo per l’energia e il clima (PNIEC).
COSA C’È NEL PNIEC DELLA FRANCIA
I PNIEC riassumono il modo in cui le ambizioni climatiche ed energetiche di uno Stato si allineano agli obiettivi europei. Il Ministero dell’Energia francese non ha risposto alle domande di venerdì scorso; tuttavia, Euractiv ha compreso che il PNIEC finale della Francia non è stato presentato entro la scadenza prevista. Parigi ha rifiutato di includere nel suo piano un obiettivo per il 2030 pari al 44% di energia rinnovabile nel consumo energetico lordo finale. Bruxelles ha fissato per la Francia questo obiettivo come parte di un percorso a livello europeo affinché le energie rinnovabili raggiungano il 42,5% entro il 2030.
LE CRITICHE DELLA COMMISSIONE UE AL PNIEC FRANCESE
La Commissione ha già criticato una precedente bozza del PNIEC francese per non aver incluso obiettivi sulle energie rinnovabili. Inoltre, l’obiettivo francese per il 2020 – il 23% di rinnovabili – non è ancora stato raggiunto. Se Parigi continuerà a non raggiungere gli obiettivi del 2020 e rifiuterà di includere un obiettivo rinnovabile per il 2030, potrebbe subire delle azioni legali e, in ultima analisi, una sanzione finanziaria.
Se la Francia vuole rispettare tardivamente il suo obiettivo per il 2020 e mettersi sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo al 2030 ha alcune opzioni, oltre alla semplice diffusione di più energie rinnovabili. In primo luogo, i francesi in teoria potrebbero acquistare dei “megawatt statistici”, ovvero pagare i Paesi che raggiungono i propri obiettivi, in cambio del loro surplus di energia rinnovabile conteggiato ai fini del raggiungimento del loro obiettivo.
I COLLOQUI TRA FRANCIA, SVEZIA E ITALIA
Il ministro dell’Energia, Agnès Pannier-Runacher, ha annunciato che la Francia ha parlato con Svezia e Italia di un accordo del genere nel novembre 2022. Una fonte ha detto però ad Euractiv che negli ultimi mesi non se ne è parlato e che questa potrebbe non essere più un’opzione praticabile.
In alternativa, la Francia potrebbe partecipare a delle gare d’appalto paneuropee per le energie rinnovabili per contribuire a progetti in altri Paesi Ue. La partecipazione a questo “meccanismo di finanziamento delle energie rinnovabili” è su base volontaria, e ad oggi Parigi non ha espresso il desiderio di essere coinvolta.
I FINANZIAMENTI AI PROGETTI RINNOVABILI
Anche il finanziamento governativo di progetti eolici o solari in altri Paesi membri, piuttosto che in Francia, potrebbe non essere un’opzione politicamente attraente. Non è chiaro quali sforzi stia attualmente facendo la Francia per conformarsi. Alla fine di maggio un portavoce della Commissione ha dichiarato ad Euractiv che l’istituzione “è ancora impegnata in un dialogo con la Francia su questo tema”.
Al Ministero francese dell’Energia “il tempo è sospeso” a causa della situazione politica seguita allo scioglimento dell’Assemblea nazionale, ha detto una fonte del Ministero. In caso contrario, la Commissione europea potrebbe ricorrere a procedure legali.
IL PNIEC ITALIANO
Per quanto riguarda invece il nostro Paese, il governo italiano ha presentato il PNIEC entro il termine previsto. “Oggi il nostro Paese – ha dichiarato il ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin – si dota di uno strumento programmatorio che traccia con grande pragmatismo la nostra strada energetica e climatica, superando approcci velleitari del passato. È un piano che abbiamo condiviso con i protagonisti della transizione, che non nasconde i passi ancora necessari per colmare alcuni gap, ma si concentra sulle grandi opportunità derivanti dallo sviluppo di tutte le fonti, senza preclusioni. Cito in particolare lo scenario sull’energia nucleare, sia da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) che da fusione (a ridosso del 2050), che ci fa guardare avanti a un futuro possibile. Voglio ringraziare – ha concluso Pichetto – le strutture del Ministero, tutti i dicasteri e le società che hanno collaborato a questo prezioso lavoro”.
Nell’aggiornamento del PNIEC è stato seguito un approccio realistico e tecnologicamente neutro, che prevede una forte accelerazione su alcuni settori. Oltre alle fonti rinnovabili elettriche, si punta su: produzione di combustibili rinnovabili come il biometano e l’idrogeno insieme all’utilizzo di biocarburanti che già nel breve termine possono contribuire alla decarbonizzazione del parco auto esistente, diffusione di auto elettriche, riduzione della mobilità privata, cattura e stoccaggio di CO2, ristrutturazioni edilizie ed elettrificazione dei consumi finali, in particolare attraverso un crescente peso nel mix termico rinnovabile delle pompe di calore. L’area con performance più alte è quella delle FER, dove è ribadito che l’Italia dovrà raggiungere al 2030 una potenza da fonte rinnovabile di 131 GW. Si prevede che quasi ottanta (79,2 GW) di questi deriveranno dal solare, 28,1 dall’eolico, 19,4 dall’idrico, 3,2 dalle bioenergie e 1 GW da fonte geotermica (quota quest’ultima che potrebbe anche aumentare al raggiungimento di un adeguato livello di maturità di alcune iniziative progettuali in via di sviluppo).