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Angola

Ecco (davvero) perché l’Angola è uscita dall’OPEC

Sia l’Angola che la Nigeria sarebbero insoddisfatti delle nuove quote petrolifere, poiché desideravano aumentare la produzione, piuttosto che mantenerla ai livelli attuali, o addirittura ridurla

Poco prima di Natale, l’Angola ha deciso di abbandonare l’OPEC, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, di cui faceva parte dal 2007. Il motivo? Il ministro angolano delle Risorse naturali, Diamantino Azevedo, ha spiegato che il suo Paese prevede di mantenere la produzione di petrolio al di sopra di 1 milione di barili al giorno.

La decisione dell’Angola – che era il secondo produttore OPEC del continente africano – ha sorpreso molti osservatori delle politiche OPEC. “L’organizzazione non è più in linea con i valori e gli interessi dell’Angola”, ha dichiarato in settimana Azevedo, aggiungendo che l’OPEC ha assegnato “quote di produzione che sfidano le nostre reali capacità e necessità, quindi abbiamo preso la decisione formale di ritirare il nostro Paese”.

Infatti – scrive Charles Kennedy su Oilprice -, secondo la ripartizione OPEC delle quote di produzione individuali per i membri, quest’anno l’Angola avrebbe dovuto produrre oltre 1 milione di barili al giorno. La sua quota era stata fissata l’ultima volta a 1,11 milioni di barili al giorno, secondo l’ultimo accordo OPEC. Tuttavia, si tratta di una riduzione considerevole rispetto alla quota precedente, concordata a novembre, che vedeva il tasso di produzione per il 2024 a 1,28 milioni b/g. Questa riduzione di 170.000 b/g è stata mal digerita dell’Angola, che ha ambizioni di crescita petrolifera, dopo un decennio di continuo declino a causa dell’esaurimento e dei sottoinvestimenti nelle nuove esplorazioni.

I NUMERI DEL PETROLIO DELL’ANGOLA

Dieci anni fa, l’Angola pompava circa 1,8 milioni di barili al giorno. Nel 2023 la produzione è scesa sotto 1 milione di barili al giorno, prima di rimbalzare intorno alla soglia di 1 milione b/g. Gli ultimi dati mostrano un tasso di produzione di 1,14 milioni b/g ad ottobre e di 1,08 milioni b/g a novembre.

Nel frattempo, Equinor ha annunciato l’acquisto di partecipazioni in due blocchi esplorativi del Pase dell’Africa Occidentale. La compagnia energetica norvegese è già un grande investitore nel petrolio angolano, ed ora sta intensificando il suo impegno. “Per continuare la nostra missione volta a creare valore sostenibile e soddisfare il fabbisogno energetico del futuro, crediamo che servano ancora nuove esplorazioni”, ha scritto su LinkedIn un dirigente senior di Equinor, commentando l’accordo. I blocchi saranno gestiti da una joint-venture con BP ed Eni.

L’uscita dell’Angola dall’OPEC è avvenuta in un contesto di notizie di disaccordi sulle nuove quote per il 2024. Disaccordi che sarebbero soprattutto tra Angola e Nigeria. Entrambi i Paesi sarebbero infatti insoddisfatti delle nuove quote, in quanto desideravano aumentare la produzione, piuttosto che mantenerla ai livelli attuali, o addirittura ridurla.

LE PREVISIONI DEGLI ANALISTI SUL FUTURO DELL’ANGOLA

All’epoca, alcuni analisti suggerirono che i disaccordi avrebbero potuto portare ad una rottura all’interno dell’OPEC, ed avevano ragione. Anche nella prima parte dell’anno, a giugno 2023 – quando l’Angola era contrario alle quote – nessuno si aspettava che avrebbe abbandonato il gruppo. E avrebbero dovuto, invece.

“I semi di questa uscita sono stati gettati a giugno”, ha dichiarato Helima Croft di RBC Capital Markets a dicembre, quando l’Angola annunciò la sua decisione. Nella riunione di giugno, l’OPEC ha deciso che un terzo stabilirà una base di produzione di petrolio da utilizzare per fissare le quote. L’Angola non era favorevole all’idea. Inoltre, sempre secondo Croft, l’Angola “è stato uno dei membri più imprevedibili, negli ultimi anni ha organizzato numerosi scioperi al segreteriato”.

In altre parole, la sua uscita dall’OPEC avrebbe dovuto essere prevista, e da tempo. Non è la prima volta che un membro OPEC lascia il gruppo, e probabilmente non sarà neanche l’ultima. È già successo in passato, quando un membro scopre che la propria politica energetica è contraria a quella dell’OPEC, proprio come è successo adesso con l’Angola.

Luanda ha bisogno di maggiori entrate petrolifere per riempire le sue casse e, per farlo, avrebbe bisogno di una maggiore produzione. Per incrementare la produzione, però, l’Angola avrebbe bisogno di un forte aumento degli investimenti petroliferi. Secondo alcuni, questi investimenti arriveranno dalle supermajor internazionali, mentre secondo altri l’uscita dall’OPEC potrebbe aprire una finestra più ampia agli investimenti della Cina in Angola.

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