Advertisement vai al contenuto principale
Libia Petrolio

Energia, quanto sono realistici gli obiettivi della Libia sulla produzione di petrolio nel 2022?

Oggi la produzione di greggio libico è vicina a un milione di barili al giorno, ma le prospettive di guadagni sostenute sembrano deboli

Sebbene la produzione di greggio libico oggi si stia avvicinando nuovamente al livello di un milione di barili al giorno, secondo vari report del settore le prospettive di guadagni sostenute sembrano deboli come lo sono state dalla rimozione del leader di lungo corso, Muammar Gheddafi, nel 2011, e la conseguente guerra civile che ne seguì. Considerato il delicato equilibrio tra domanda e offerta in gioco nel mercato petrolifero, che probabilmente rimarrà per qualche tempo, anche delle aggiunte relativamente incrementali a quella offerta marginale possono essere significative.

LE RISERVE DI PETROLIO GREGGIO MAGGIORI DELL’AFRICA

Da un lato, fino alla fine del più recente blocco dei suoi giacimenti occidentali e dei porti orientali, la Libia produceva circa 1,2 milioni di barili al giorno. Anche da quel livello c’è ampio margine per aumentare il valore fino ai 2,1 milioni di barili al giorno, che rappresentano l’obiettivo del ministro del gas e del petrolio del Paese, Mohamed Aoun, e per raggiungere gli obiettivi provvisori informali di 1,45 milioni di barili al giorno entro la fine del 2022 e di 1,6 milioni entro la fine del 2023. La Libia ha circa 48 miliardi di barili di riserve accertate di petrolio greggio – le più grandi in tutta l’Africa – e prima della rimozione di Gheddafi il Paese era stato in grado di produrre facilmente circa 1,65 milioni di barili di greggio di alta qualità.

Ciò comprendeva in particolare i greggi da esportazione Es Sider e Sharara, particolarmente richiesti nel Mediterraneo e nell’Europa nord-occidentale per il loro utilizzato nella benzina e nei distillati medi. Inoltre, la produzione ha seguito una traiettoria di produzione in aumento rispetto ai circa 1,4 milioni di barili al giorno nel 2000, sebbene ben al di sotto dei livelli massimi di oltre 3 milioni di barili raggiunti alla fine degli anni 60. Detto questo, prima del 2011 la NOC (National Oil Corporation, la compagnia petrolifera nazionale della Libia) aveva in atto dei piani per implementare delle tecniche di Enhanced Oil Recovery (EOR, recupero avanzato del petrolio) per aumentare la produzione di greggio nei giacimenti petroliferi. Pertanto, le previsioni della NOC di riuscire ad aumentare la capacità di circa 775.000 barili al giorno tramite le tecniche EOR nei giacimenti petroliferi esistenti sembravano fondate.

IL RUOLO DI SHELL E TOTAL ENERGIES

Inoltre, prima dell’ultimo blocco c’erano ulteriori motivi di ottimismo su un rimbalzo sostenuto della produzione petrolifera libica, poiché il governo di unità nazionale del Paese (GNU) ha approvato la vendita dell’8,16% delle quote del gigante locale Waha, detenute dall’americana Hess Corporation, alle restanti parti interessate, la francese TotalEnergies (una quota del 16,3%) e ConocoPhillips (anch’essa il 16,3%), a ciascuna delle quali doveva essere offerta metà della quota di Hess. Ciò arrivò a seguito di notizie molto positive nell’aprile 2021, dopo l’incontro tra il presidente della NOC, Mustafa Sanalla, e l’amministratore delegato di TotalEnergies, Patrick Pouyanne. L’azienda francese ha accettato di continuare i suoi sforzi per aumentare la produzione di petrolio dai giacimenti petroliferi giganti di Waha, Sharara, Mabruk e Al Jurf di almeno 175.000 barili al giorno e di rendere lo sviluppo dei giacimenti petroliferi North Gialo e NC-98 in concessione a Waha una priorità. Le concessioni a Waha – in cui TotalEnergies ha acquisito una partecipazione di minoranza nel 2019 – hanno la capacità di produrre insieme almeno 350.000 barili al giorno, secondo il NOC, che ha aggiunto che “TotalEnergies contribuirà anche alla manutenzione delle apparecchiature giunte a fine vita e delle linee di trasporto di petrolio greggio che devono essere sostituite”.

In modo altrettanto positivo, lo scorso agosto arrivò la notizia che Shell stava cercando di tornare in Libia, dopo che alti rappresentanti della società avevano incontrato il presidente della NOC, Mustafa Sanalla, durante la loro visita a Tripoli. Shell aveva cessato le sue operazioni in Libia nel 2012, in parte a causa dei termini contrattuali, ma principalmente per effetto del deterioramento della situazione della sicurezza nel Paese dopo l’allontanamento di Gheddafi. Ad ogni modo, nell’incontro con la NOC il gigante petrolifero olandese aveva discusso di contribuire allo sviluppo di vari giacimenti petroliferi in Libia e di aumentare la propria attività nello sviluppo di raffinerie nel Paese. Venne inoltre esaminata la partecipazione della Shell a vari progetti di energia rinnovabile, compresi i piani per la cattura e l’utilizzo del gas associato in molti dei principali giacimenti petroliferi libici e lo sviluppo di terminali di stoccaggio di petrolio a Es Sidr e Ras Lanuf. Secondo i rapporti di novembre, Shell ha esaminato anche altri progetti relativi all’esplorazione nei bacini onshore di Sirte e Ghadames e nel bacino offshore della Cirenaica, e ha proposto di riqualificare alcuni giacimenti invecchiati, come il blocco NC-174 nel bacino di Murzuq e di sviluppare nuovi campi compresi nel blocco Ain Jarbi.

 

I PROBLEMI LEGATI ALLA SITUAZIONE POLITICA DEL PAESE

Permangono tuttavia dei significativi vincoli a breve e lungo termine che incombono sulla produzione petrolifera libica. Solo negli ultimi mesi si sono verificate delle forti riduzioni della produzione petrolifera del Paese a causa del blocco (appena concluso) dei suoi giacimenti occidentali e della chiusura dei porti a est, di una importante chiusura dell’oleodotto e della chiusura di diversi porti ad est a causa del maltempo. I grandi problemi politici a lungo termine continuano a ribollire, come è successo dopo la rimozione di Gheddafi, con il ritardo delle elezioni presidenziali programmate a dicembre, e che probabilmente sarà una scintilla per ulteriori gravi problemi nel settore petrolifero. Le molteplici controversie sull’ammissibilità dei candidati alle elezioni sono come il riflesso della difficile situazione che si è venuta a creare da quando fu firmato un accordo, il 18 settembre 2020, tra Khalifa Haftar, il comandante dell’Esercito nazionale ribelle libico, ed elementi del GNA (Governo di Accordo Nazionale) di Tripoli, riconosciuto dalle Nazioni Unite, per revocare l’allora blocco delle infrastrutture energetiche del Paese.

A quel punto del 2020, con una produzione petrolifera media di appena 70.000 barili al giorno, l’accordo tra le due parti impegnate in una guerra civile durata tre anni doveva essere rivisto dopo appena un mese, come evidenziato da Haftar. In quella fase il comandante chiarì anche che, a meno che un ulteriore accordo non avesse stabilito esattamente come dividere le future entrate petrolifere (in un modo soddisfacente alla sua parte), non sarebbe stata concessa nessuna estensione dell’accordo per mantenere il blocco revocato. Questo è stato affrontato in una certa misura con un accordo corollario da parte del GNA – sostenuto in particolare dal suo allora vice primo ministro, Ahmed Maiteeq – per esaminare l’istituzione di una commissione per determinare come distribuire i proventi del petrolio in Libia e anche per considerare l’attuazione di misure volte a stabilizzare la pericolosa posizione finanziaria del Paese. Da allora è stato difficile rilevare progressi su tutti i fronti, anche se in termini politici più ampi il ministero del petrolio e del gas ha recentemente inviato al GNA una serie di proposte volte a migliorare l’organizzazione del settore per attrarre maggiori investimenti da parte delle società straniere.

Sebbene il ministero non abbia rilasciato pubblicamente i dettagli di queste proposte, le fonti legali interpellate all’epoca da OilPrice.com dissero che fossero sostanzialmente in linea con le idee originali dell’accordo del settembre 2020, che miravano a chiarire come le entrate petrolifere sarebbero state pagate e utilizzate. Parte di questo processo sarebbe la creazione di comitati tecnici con rappresentanti provenienti da tutte le parti del conflitto civile, che si occuperebbero dei premi sul campo, in collaborazione con il ministero del petrolio e del gas, e dell’utilizzo delle entrate del petrolio e del gas, in collaborazione con il ministero e la Banca centrale della Libia, in cui le entrate vengono fisicamente trattenute.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

Torna su