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Eolico

Eolico, ecco perché l’industria europea è infuriata con la Cina

L’industria dell’Ue accusa i produttori cinesi di portarli sull’orlo della bancarotta, Bruxelles apre un’indagine nei confronti di queste imprese. Tuttavia, il contributo asiatico alla transizione energetica non va sottovalutato

L’eolico cinese è nell’occhio del ciclone. Sempre più aziende scelgono fornitori asiatici e i produttori europei di turbine eoliche lanciano l’allarme: la concorrenza di Pechino potrebbe portare le imprese dell’Ue sull’orlo della bancarotta. Il timore è che anche nell’eolico si possano presentare gli stessi problemi che vive l’industria europea del fotovoltaico, che negli ultimi anni ha perso molto terreno a causa della concorrenza sleale cinese, secondo il commissario europeo per la concorrenza Margrethe Vestager. Tuttavia, il contributo dei produttori cinesi alla transizione non va sottovalutato.

EOLICO, L’INDUSTRIA UE LANCIA L’ALLARME

L’allarme arriva anche da Pierre Tardieu, responsabile delle politiche di WindEurope lancia l’allarme: ci potrebbe essere presto un “punto di svolta” in cui le imprese cinesi conquisteranno il settore europeo, se l’Europa non prenderà serie misure per supportare l’industria eolica comunitaria. Attualmente la danese Vestas e la tedesca Siemens Gamesa detengono ancora il primato nel mercato europeo. Tuttavia, negli ultimi anni molte aziende sono state costrette a chiudere per la crescente concorrenza cinese.

Non c’è da stupirsi, poiché i produttori cinesi offrono prezzi inferiori del 40-50% rispetto ai concorrenti europei e consentono di rateizzare i pagamenti. Agevolazioni che sarebbero impossibili senza sovvenzioni pubbliche illegali da Pechino, secondo WindEurope. Non è escluso che altre società possano decidere di rifornirsi da aziende di Pechino, attratte dai prezzi inferiori rispetto ai concorrenti europei, secondo l’associazione.

“Li prenderemo in considerazione anche se sono più competitivi”, ha detto Miguel Stilwell d’Andrade, amministratore delegato di EDP, secondo quanto riporta il Financial Times.

Dello stesso avviso è Ignacio Galán, amministratore delegato della spagnola Iberdrola. Intanto, le aziende europee hanno lanciato l’allarme, chiedendo l’intervento di Bruxelles. L’Ue ha risposto con un’indagine per verificare se i gruppi cinesi stanno beneficiando di sovvenzioni statali sleali, come successo per le case automobilistiche.

LA POLEMICA ITALIANA

Il memorandum firmato la scorsa settimana tra Renexia e Ming Yang Wind Power Group, il più grande gruppo privato cinese, ha mandato su tutte le furie la lobby industriale dell’Ue. Infatti, Wind Europe ha chiesto a gran voce l’intervento della Commissione Europea contro l’accordo appena siglato tra le due società, con l’obiettivo di mandare a monte l’intesa.

Il Protocollo d’Intesa tra la società del settore dell’energia rinnovabile e il colosso, siglato alla presenza del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, prevede la costruzione in Italia di un impianto produttivo di turbine eoliche, tra due anni. La fabbrica produrrà componenti essenziali per lo sviluppo delle rinnovabili, ma il sito è ancora ignoto. In particolare, dallo stabilimento usciranno le turbine per l’impianto di MedWind che Renexia costruirà a 80 chilometri al largo di Trapani. Infrastruttura che secondo la società coprirà il 3% della domanda energetica italiana. L’investimento totale ammonta a 500 milioni di euro e permetterà la nascita di almeno 1.100 posti di lavoro a tempo indeterminato. Secondo le stime di Renexia, la produzione annuale del parco eolico offshore coprirà il 3% della domanda energetica italiana.

EOLICO, UK E SERBIA, GI ALTRI CASI

Nel nord della Serbia sorgerà uno dei maggiori parchi eolici d’Europa: Maestrale Ring. Il sito, però, è già al centro di diverse polemiche. Le critiche riguardano la decisione di Fintel Energia di scegliere una società cinese (Zhejiang Windey) per la fornitura delle turbine.

Inoltre, il gestore tedesco Luxcara ha scelto Mingyang, quarto produttore cinese di turbine eoliche, per i suoi prossimi progetti. In UK anche il gruppo svedese Hexicon ha scelto il produttore cinese come fornitore per un progetto di energia eolica offshore galleggiante in cantiere.

EOLICO, IL CONTRIBUTO CINESE ALLA TRANSIZIONE

I produttori cinesi rappresentano solo una frazione del mercato europeo dell’energia eolica, ma danno un contributo importante alla transizione energetica. L’UE ha fissato obiettivi climatici ambiziosi che costerebbero circa 1,5 miliardi di euro all’anno di investimenti. Una mole di denaro che richiede uno sforzo collettivo a livello globale. Al contrario, il rischio è che la transizione si fermi.

Secondo gli analisti di Aegir Insights un progetto per la costruzione di un parco eolico offshore galleggiante da 250 megawatt al largo della costa francese della Bretagna potrebbe non poter essere realizzabile senza turbine più economiche, come quelle cinesi.

“Se in Europa seguiamo un programma di riconversione, con obiettivi di sostituzione delle importazioni e produzione interna, rischiamo di rallentare la transizione energetica in Europa, poiché tutto diventerebbe un po’ più caro. Invece di andare contro la gravità e battere i cinesi o cercare di competere con i cinesi sulle economie di scala che hanno costruito, sarebbe meglio concentrarsi su una politica industriale guidata dall’innovazione”, ha detto Simone Tagliapietra, membro senior del think-tank Bruegel.

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