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Giornali

Ex Ilva, auto e Pnrr: cosa dicono i giornali di oggi

Dall’apertura di un fascicolo a Milano sull’ex Ilva alla ricerca di un secondo costruttore in Italia oltre a Stellantis mentre sul Pnrr è braccio di ferro Fitto-Salvini su 6 mld di fondi: ecco cosa dicono i giornali di oggi

La Procura di Milano ha aperto un fascicolo su Acciaierie d’Italia, solo un fascicolo esplorativo ‘modello 45’ (cioè senza ipotesi di reato, né indagati) al momento che però potrebbero portare all’ipotesi di bancarotta. Capitolo auto: Nella lista dei candidati ad aprire una seconda fabbrica di produzione in Italia vi sarebbero almeno cinque gruppi cinesi, tutti interessati all’Europa, con la Byd in prima linea. Mentre Raffaele Fitto e Matteo Salvini sono alle prese con 6 miliardi di fondi Pnrr visto che le coperture del decreto per l’attuazione del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza non tornano.

EX ILVA, PROCURA DI MILANO APRE UN FASCICOLO. URSO FIDUCIOSO SUL PRESTITO PONTE

“Pesante svolta giudiziaria sull’ex Ilva. La Procura di Milano si muove e apre un fascicolo. Nel caso in cui il tribunale fallimentare di Milano decidesse per la dichiarazione dello stato di insolvenza relativa ad Acciaierie d’Italia Spa – come richiesto dal socio di minoranza Invitalia per arrivare all’amministrazione straordinaria della società – allora si aprirebbero le porte anche per un’eventuale inchiesta con l’ipotesi di bancarotta. È quanto si apprende da fonti del palazzo di giustizia. I pm della procura milanese, infatti, per ora hanno aperto solo un fascicolo esplorativo ‘modello 45’ (cioè senza ipotesi di reato, né indagati), che potrebbe cambiare natura nel momento in cui scattasse l’insolvenza per l’azienda siderurgica”. È quanto scrive Il Sole 24 Ore di oggi. “”(…) Ieri a Taranto è arrivato Adolfo Urso, il ministro del Made in Italy e delle imprese. Fiducia sul via libera della UE al prestito ponte da 320 milioni; nuovo approccio dell’Europa sulla siderurgia; tavolo per seguire da vicino l’applicazione delle misure di sostegno all’indotto; conferma dell’interesse degli investitori stranieri (ma non fa nomi). È, in sintesi, quanto dice Urso, nella sua giornata a Taranto che comincia poco dopo le sei alle portinerie del siderurgico dove incontra gli operai, che prosegue con una visita agli impianti insieme al commissario Giancarlo Quaranta e che si conclude con un tavolo in Prefettura con parti sociali e istituzioni locali. In attesa che si componga un piano organico, all’ex Ilva per ripartire servono manutenzione degli impianti e materie prime per la produzione. Le risorse sono indispensabili. Intervenendo sulle modalità di pagamento verso fornitori e clienti, come nel caso di Metinvest (materie prime) e di Marcegaglia (coils), si è fatto un primo passo in attesa che si sblocchino i 320 milioni del prestito ponte. (…)”, conclude il quotidiano.

AUTO, L’ITALIA CERCA UN ALTRO COSTRUTTORE PER IL PAESE: BYD IN PRIMA FILA

“Il governo è alla ricerca di un secondo costruttore per l’Italia. Una casa estera da affiancare e, perché no, mettere in concorrenza con Stellantis che non ha esitato a far leva sulla competizione fra Stati per ottenere più incentivi”. È quanto riferisce il Corriere della Sera. “Nella lista dei candidati vi sarebbero almeno cinque gruppi cinesi, tutti interessati all’Europa, dove nel 2023 le case del Dragone hanno venduto 353 mila vetture (+75%). Se la crescita dovesse continuare a tale ritmo, Byd, Geely, Chery o Saic potrebbero localizzare la produzione nel Vecchio Continente, se non altro per scongiurare il rischio di dazi sulle importazioni. Per i porti, la filiera e le tante fabbriche sottoutilizzate, l’Italia sarebbe una meta ideale”, prosegue il quotidiano. “Byd è stata la prima a uscire allo scoperto. Durante il salone dell’auto di Ginevra, il gruppo ha rivelato di aver parlato con l’esecutivo, salvo poi precisare che le discussioni si sono interrotte dopo che la scelta per la prima fabbrica in Ue è caduta sull’Ungheria. La costruzione di un secondo sito ‘dipenderà dalle nostre vendite’, ha precisato Byd. (…) ‘Abbiamo contatti con diverse case automobilistiche’, ha precisato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. I dialoghi sarebbero ancora a livello tecnico. Fra gli addetti ai lavori, però, circolano i nomi di altri quattro gruppi cinesi, a vario titolo collegati al Paese. Chery, che già fornisce i componenti poi assemblati dalla molisana Dr Motor. Geely, il conglomerato che controlla la svedese Volvo, il marchio Lynk & Co e Lotus, già in passato autore di alcuni carotaggi preliminari nella Motor Valley emiliana. L’inglese Mg, di proprietà del colosso Saic, primo marchio ‘cinese’ per vendite in Italia (oltre 30 mila nel 2023). Più defilato, il gigante Great Wall Motors, presente in Ue con i brand Ora e Wey. (…)”, conclude il quotidiano.

PNRR, BRACCIO DI FERRO FITTO-SALVINI SU 6 MLD DI FONDI

“I miliardi della discordia sono sei. Se li contendono, Raffaele Fitto e Matteo Salvini. Il fedelissimo di Giorgia Meloni vuole scipparli allo sfidante perché il bottino gli serve per tenere in piedi il Pnrr. Senza questi soldi, le coperture del decreto per l’attuazione del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza non tornano. Ma dirottare sei miliardi da altri fondi di spesa che fanno riferimento, in tutto o in parte, alla gestione del titolare delle Infrastrutture, non è un’operazione asettica. Tutt’altro”. È quanto riporta La Repubblica di oggi. “Perché il prelievo di Fitto è un ‘taglia e cuci’ che cancella progetti e soldi: per chiudere un buco, ne apre un altro. E con le mani vuote rischia di restare proprio il leader della Lega. Ma nella disfida tra i due ministri, l’aggiudicazione del bottino misura anche un nuovo equilibrio di poteri sul Pnrr. Che il ministro-regista vuole sempre più accentrato a Palazzo Chigi. Per questo si è ritagliato poteri sostitutivi più veloci e forti, fino a chiedere indietro i fondi ai ministeri e ai Comuni in ritardo. Tutto in capo alla sua maxi Struttura di missione, ‘un ministero che vuole competere con il Mef’, spifferano fonti di governo”, prosegue il quotidiano. “Ma Salvini non vuole stare a guardare. Il ‘suo’ Mit ha in mano oltre 23 dei 194,4 miliardi del Pnrr. L’asset strategico sono le Ferrovie, presto chiamate alla rumba delle nomine. Sono tutti elementi di un perimetro da tutelare. Anche perché le avvisaglie di un assalto da parte dell’alleato più forte sono continue. (…) Eccoli, i progetti cestinati. Dal Piano nazionale complementare, il fondo gemello del Pnrr, vengono cancellati investimenti per 3,8 miliardi, solo in parte compensati da un rifinanziamento di 2,5 miliardi che però arriverà in gran parte dal 2026 in poi. Il saldo dei tagli è 1,3 miliardi: quasi tutti fanno riferimento alle infrastrutture. Perde 60 milioni l’intervento per il rinnovo di bus, treni e navi “verdi”. E il rafforzamento delle linee ferroviarie regionali lasciano per strada 410 milioni. Il progetto “Strade sicure” deve rinunciare a 340 milioni, l’elettrificazione delle banchine nei porti a 170 milioni. E così via (…)”, conclude il quotidiano.

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