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Confindustria al rush finale per la presidenza mentre sull’ex Ilva futuro ancora da scrivere

Mentre per l’ex Ilva è ancora incorso la partita a suon di missive tra governo ed ArcelorMittal, per Confindustria  è di nuovo tempo di elezioni con la possibile sfida a due tra Orsini e Garrone per la presidenza. Ecco cosa dicono i quotidiani

Sono due le partite importanti che si giocano, in questo momento, nel nostro Paese. Sul fronte ex Ilva, continua la querelle tra il governo Meloni e il socio privato ArcelorMittal, con il botta e risposta del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ad Aditya Mittal, che in una missiva scrive: “la parte pubblica, inoltre, non preferisce porre fine alla partnership con il gruppo ArcelorMittal: tale eventualità viene imposta da vostre decisioni”.

Dall’altra parte, invece, per Confindustria è di nuovo tempo di elezioni. Il prossimo 1° febbraio  la nomina della commissione dei “saggi” aprirà la corsa per la Presidenza, che culminerà il 4 aprile con la votazione del prossimo leader in occasione del consiglio generale a Roma. L’Iter vede in uscita l’attuale Presidente Carlo Bonomi, dopo quattro anni di mandato non rinnovabili per Statuto. Fra i papabili vengono indicati Emanuele Orsini, Amministratore Delegato di Sistem Costruzioni Srl, e di Tino Prosciutti SpA, e Edoardo Garrone, Presidente della ERG e de Il Sole 24 Ore.

EX ILVA: L’ESECUTIVO REPLICA A MITTAL

La fine della partnership tra il socio pubblico Invitalia e ArcelorMittal, con conseguente nuovo commissariamento dell’ex Ilva, non è una decisione del governo ma “viene imposta da Vostre decisioni”. Così il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano risponde ad Aditya Mittal, amministratore delegato di ArcelorMittal, che in una missiva datata 18 gennaio si era improvvisamente detto disponibile a cedere praticamente su tutto – dopo mesi di stallo sul rifinanziamento del siderurgico – a patto che non venisse attivata l’amministrazione straordinaria. Dunque, la partita a poker sull’ex Ilva di Taranto prosegue ancora senza un vincitore.

“Ieri – come spiega oggi il quotidiano La Repubblica – l’esecutivo ha risposto all’ultima offerta di Aditya Mittal con una lettera a firma del sottosegretario Alfredo Mantovano. Formalmente rispedendo la palla in territorio dell’avversario ma sostanzialmente mostrando di voler continuare nella trattativa. «La situazione di crisi di Acciaierie d’Italia (Adi) nasce esclusivamente dalla decisione di ArcelorMittal (Am) di venir meno alle proprie prerogative di socio industriale — è scritto nella missiva —. Prerogative che Am aveva ribadito nei confronti del governo, non più tardi di quattro mesi fa, con la firma del Memorandum of Understanding dell’11/9/2023». Per la prima volta il governo mette nero su bianco l’esistenza di quel Mou firmato dal ministro Raffaele Fitto e che, secondo indiscrezioni mai smentite, conteneva un piano da 4 miliardi di euro al 2030 per finanziare la decarbonizzazione degli impianti di Taranto. Di quei 4 miliardi una grossa fetta, pari a 2,2 miliardi, doveva venire da fondi pubblici che Fitto e il governo si sarebbero impegnati a trovare. E gli indiani sembravano molto contenti di fronte a questa prospettiva, che avrebbe sbloccato il rilancio dell’acciaieria. Ma quel Mou sul finire dell’anno scorso finiva in secondo piano e nessuno sa bene perché. Da una parte Invitalia, in qualità di socio, ha scritto alla controparte dicendo che quell’accordo avrebbe potuto mettere in discussione i patti parasociali tra i due soci. Dall’altra Mittal non ha mai dato rassicurazioni su come sarebbe stata finanziata la restante parte dei 4 miliardi”.

Sembrerebbe che entrambe le parti stiano cercando di scongiurare l’eventualità di un commissariamento di Adi che, come i riporta il quotidiano, potrebbe essere “molto rischioso per le sorti dell’acciaieria, sia per l’occupazione che per l’indotto”.

“L’ultima offerta di Adytia Mittal, infatti, permette al governo di andare in maggioranza (al 66%) convertendo il prestito da 680 milioni già erogato e versando 320 milioni già stanziati dal decreto Aiuti-bis. A ciò si aggiungerebbe la possibilità di una governance senza diritti di veto per Mittal e con la possibilità di scegliere l’ad. Gli indiani inoltre contribuirebbero per la loro parte (34%) all’acquisto degli impianti. Ciò che resta da definire, ed è il problema all’origine di questa battaglia, è dove trovare quei famosi 4 miliardi che renderebbero l’acciaio di Taranto veramente green”, scrive La Repubblica.

CONFINDUSTRIA: AL VIA L’ITER PER LA PRESIDENZA

La corsa per la presidenza di Confindustria sta per entrare nel vivo. Infatti, come sottolinea oggi La Repubblica, “per la successione a Carlo Bonomi si profila una partita a due”. Da una parte, infatti, troviamo “l’attuale vice presidente Emanuele Orsini, imprenditore emiliano del legno e dell’alimentare, che è partito da tempo con una campagna all’insegna della discontinuità. E dall’altra il ligure Edoardo Garrone, presidente del gruppo delle rinnovabili Erg e del Sole24Ore, sceso in campo nelle ultime settimane su sollecitazione di Emma Marcegaglia e altri big del Nord, convinti che per rilanciare l’associazione sia necessario un imprenditore di maggiore peso. Sono invece in discesa le quotazioni dell’altro ligure Antonio Gozzi, imprenditore dell’acciaio con Duferco, che fatica a raccogliere consensi e potrebbe presto decidere un passo di lato. Il primo momento della verità arriverà fra qualche giorno. Giovedì primo febbraio il consiglio generale dell’associazione sorteggerà i nomidei tre “saggi” che comporranno la Commissione di designazione, incaricata di sondare i territori e formalizzare entro metà marzo fino a tre candidature. Nella settimana successiva però arriveranno ai saggi anche delle auto candidature, sostenute da almeno il 10% dei voti del consiglio generale, che daranno già un’indicazione dei rapporti di forza. Oltre a quello del suo territorio, l’Emilia Romagna, Orsini avrebbe l’appoggio anche di Lazio e Toscana. Ma nelle ultime ore Garrone avrebbe informalmente incassato quello di Assolombarda, la territoriale più forte con 14 voti su 183 in consiglio, e sta raccogliendo consensi anche in Veneto e Piemonte”.

“Al momento – spiega il quotidiano – Gozzi non intende ritirarsi, ma è chiaro che la discesa in campo di Garrone, altro grande imprenditore e a differenzia di lui con lungo passato in Confindustria, sta erodendo i voti su cui sperava di contare insieme ai suoi sponsor, cioè l’imprenditore bresciano dell’acciaio Pasini e l’ex presidente degli industriali D’Amato. Se entro la prossima settimana capisse di non avere i numeri per autocandidarsi, o di essere il terzo, potrebbe uscire dalla corsa”. Dunque è da qui che nasce la prospettiva di una sfida a due.

 

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