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energia

Fotovoltaico, ex Ilva e incentivi auto: cosa c’è sui giornali di oggi

Accordo nel governo sui pannelli solari in agricoltura, via libera a 150 milioni di ulteriori fondi per salvare l’ex Ilva e al miliardo di euro di incentivi a sostegno dell’acquisto di veicoli a basso impatto ambientale entro maggio: la rassegna dei giornali di oggi

Arriva l’accordo sul blocco alle nuove installazioni fotovoltaiche con moduli a terra inserito nel decreto sulle emergenze per l’agricoltura approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Il compromesso individuato stoppa l’installazione di pannelli a terra nei terreni produttivi consentendo, invece, lo sviluppo delle rinnovabili in aree come cave o miniere cessate, ma anche nei terreni nella disponibilità del gruppo Fs o dei gestori aeroportuali. Via libera invece ai 150 milioni prelevati dai fondi per la decarbonizzazione e messi a disposizione dell’amministrazione straordinaria per le esigenze di liquidità immediata dell’ex Ilva, per garantire in altre parole la continuità operativa. Non sono risorse nuove stanziate dal governo Meloni, ma fondi prelevati dalla vecchia procedura di a.s. e in particolare dal patrimonio, derivante dalla confisca dei fondi Riva. Infine, il ministero delle Imprese e del Made in Italy sbloccherà entro maggio il miliardo di euro di incentivi a sostegno dell’acquisto di veicoli a basso impatto ambientale. Lo fanno sapere fonti vicine al ministro Adolfo Urso.

FOTOVOLTAICO, C’È L’ACCORDO SUI PANNELLI IN AGRICOLTURA

“Dopo un confronto serrato tra i tecnici che è andato avanti per tutto il fine settimana, arriva l’accordo, ancorché minimo, sul blocco alle nuove installazioni fotovoltaiche con moduli a terra inserito nel decreto sulle emergenze per l’agricoltura approvato ieri dal Consiglio dei ministri e firmato dal titolare dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Uno stop inizialmente non concordato con il collega dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e molto criticato dalle associazioni di settore (da Italia Solare a Elettricità Futura, fino a Utilitalia) che ne contestano le pesanti ricadute sullo sviluppo delle rinnovabili”. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. “Alla fine, però, tra i due ministeri si trova un’intesa che il ministro Lollobrigida, nella conferenza stampa seguita al Cdm sintetizza così. «Con il provvedimento mettiamo fine all’installazione selvaggia di fotovoltaico a terra e interveniamo con pragmatismo salvaguardando alcune aree». Il compromesso individuato stoppa l’installazione di pannelli a terra nei terreni produttivi consentendo, invece, lo sviluppo delle rinnovabili in aree come cave o miniere cessate, ma anche nei terreni nella disponibilità del gruppo Fs o dei gestori aeroportuali, come pure quelle interne agli impianti industriali o agli stabilimenti produttivi, comprese quelle aree entro un perimetro di 500 metri dai predetti ambienti o stabilimenti. Via libera, poi, a nuovi impianti green anche nelle aree adiacenti alla rete autostradale, entro i 300 metri e nei siti su cui già insistono impianti per rifacimento, modifica o revisione senza ulteriore occupazione di suolo”, si legge sul quotidiano.

“(…) Lo stop, si legge infatti nel Dl, «non si applica nel caso in cui gli impianti con moduli a terra siano oggetto di configurazioni di autoconsumo e Cer». Nulla toglie, assicura poi l’esponente di Forza italia, «al fatto che il Pniec al 2030 rimanga lo stesso con un obiettivo di rinnovabili sul fronte solare di circa 38 gigawatt». Che, nei piani del Mase, dovrebbero arrivare dal fotovoltaico nelle aree agricole, con un’occupazione dello 0,35% della superficie agricola totale. (…)”, conclude il quotidiano

EX ILVA, VIA LIBERA A 150 MILIONI DIROTTATI DAI PROGETTI GREEN

“Per salvare il passaggio dell’ex Ilva a un nuovo investitore privato il governo ha pensato a una norma d’urgenza, uno scudo anti-ricorsi. Ma l’intervento, destinato a entrare nel decreto legge approvato ieri dal consiglio dei ministri, è saltato in extremis. Contenuta nelle bozze iniziali, la misura è stata accantonata probabilmente dopo alcune ulteriori valutazioni sulla sua tenuta giuridica e potrebbe forse essere recuperata, opportunamente corretta, durante l’iter parlamentare. Si sarebbe trattato di una revisione della legge sull’amministrazione straordinaria per fare salva la procedura di vendita dell’azienda, anche in caso di ricorsi vincenti da parte del socio di maggioranza ArcelorMittal”. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. “Via libera invece ai 150 milioni prelevati dai fondi per la decarbonizzazione e messi a disposizione dell’amministrazione straordinaria per le esigenze di liquidità immediata, per garantire in altre parole la continuità operativa . Non sono risorse nuove stanziate dal governo Meloni, ma fondi prelevati dalla vecchia procedura di a.s. e in particolare dal patrimonio, derivante dalla confisca dei fondi Riva, (…)”, si legge sul quotidiano.

“Ieri nel frattempo è stato trasmesso ai funzionari della Ue lo schema di piano industriale redatto dai commissari straordinari. Si tratta di un passaggio obbligato per ottenere il via libera al prestito ponte di 320 milioni, che sommato alla doppia tranche da 150 milioni recuperato dal patrimonio destinato a bonifiche e decarbonizzazione costituisce una dote di 620 milioni per la sopravvivenza del sito di Taranto. Domani ci saranno primi confronti tecnici sul piano e il 24 maggio, a margine del Consiglio Competitività, Urso potrebbe iniziare a discutere del tema con i commissari Margrethe Vestager (Concorrenza) e Thierry Breton (Mercato interno). Nelle pieghe del decreto approvato ieri c’è un’altra norma che dovrebbe facilitare la continuità dell’azienda e il via libera europeo, l’articolo 14 che nelle more della vendita dei complessi aziendali (oggi proprietà della vecchia amministrazione straordinaria, non di Acciaierie d’Italia) consente in deroga, in presenza di ragioni di urgenza, di procedere con il contratto di affitto, opportunamente condizionato alla successiva vendita(…)”, conclude il quotidiano.

INCENTIVI AUTO, UN MILIARDO IN ARRIVO SALVINI: “INUTILI SE VANNO ALLA CINA”

“Il ministero delle Imprese e del Made in Italy sbloccherà entro maggio il miliardo di euro di incentivi a sostegno dell’acquisto di veicoli a basso impatto ambientale. Lo fanno sapere fonti vicine al ministro Adolfo Urso. Durante la presentazione del prossimo Salone dell’auto di Torino, però, il titolare del Mit e vicepremier Matteo Salvini ha ribadito tutti i suoi dubbi su un sostegno di Stato destinato alla mobilità green. «I bonus che stiamo mettendo sul mercato raramente rimangono in Italia. Questo è un tema su cui come Governo, come ministri e come Sistema Italia dobbiamo ragionare» è il punto di partenza del suo pensiero. «Le auto elettriche in Italia sono un mercato marginale – ha poi argomentato durante un confronto con il governatore del Piemonte Alberto Cirio e il sindaco di Torino Stefano Lo Russo – perché, nonostante le pubblicità televisive a qualunque ora del giorno e della notte, il consumatore fa due conti. Puoi essere patriota e sovranista quanto vuoi, ma se un’auto cinese costa 35 mila euro e una europea ne costa 70 mila la scelta è obbligata. Il nostro mercato viene così invaso perché la maggior parte delle auto elettriche vendute non sono italiane o europee, ma cinesi»”. È quanto si legge su La Stampa di oggi. “(…) Siamo nel libero mercato, ma dobbiamo domandarci che senso ha mettere un miliardo di denaro pubblico dei cittadini sul bonus auto, se buona parte di questo miliardo non finisce a Torino ma a Pechino. (…) Anche perché per Salvini l’auto elettrica non è l’unico orizzonte per il futuro della mobilità. «È uno snodo cruciale, la nostra linea del Piave per i prossimi anni – ha aggiunto –. Voglio essere fiducioso e sperare che chiunque andrà in Europa riconsideri la follia e il furore ideologico del solo elettrico, che rischia di mettere fuori competizione interi settori»”, conclude il quotidiano.

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