La Francia si aggiunge ai Paesi critici sulle norme Ue sulle emissioni delle auto. Il rinvio dell’aumento della produzione da parte dell’Opec+ fa salire il Brent a 75$. I record italiani sui rifiuti. La rassegna Energia
La Francia si unisce al fronte dei Paesi contrari alle sanzioni per i produttori che non rispettano i target di emissioni medie dei veicoli nel 2025. Si allargano quindi le fila della fazione dei critici nei confronti delle politiche europee sulle auto, di cui fanno parte già Italia e Repubblica Ceca. Gli stati chiedono lo stop alle multe, ma la reazione della Commissione è però fredda: appena un secco “è prematuro parlarne ora”. La quotazione del Brent risale dopo la decisione dell’Opec+ di rinviare di un altro mese l’aumento della produzione. Un annuncio che ha fatto salire il valore del barile di Brent del 2%, raggiungendo i 75 dollari. Una scelta dettata dalla volontà di attendere gli esiti delle elezioni americane e l’andamento del conflitto in Medio Oriente. Buone notizie per il nostro Paese sul fronte dell’ambiente. L’Italia occupa le prime posizioni nell’Ue per quanto riguarda gli indicatori di circolarità dell’economia. La differenziata è salita al 65,2% del totale, il tasso di riciclo dei rifiuti urbani al 51,9%, contro una media europea del 48,7%. La percentuale raggiunge il 85% se consideriamo anche i rifiuti derivanti dalle attività produttive. La rassegna Energia.
ENERGIA, ITALIA E FRANCIA CONTRO L’UE SULL’AUTO
“Si intensifica il pressing di alcuni governi sulla Commissione europea per scongiurare le sanzioni ai produttori di automobili che non rispetteranno i target delle emissioni medie dei veicoli venduti nel 2025. La richiesta, avanzata dall’associazione Acea che raduna alcuni dei principali costruttori europei, ha incassato anche il sostegno del governo francese, che si unisce così al fronte di cui già fanno parte anche Italia e Repubblica Ceca. La Commissione resta fredda e ribadisce che è «prematuro» parlarne ora, ma la premier Giorgia Meloni e il suo collega ceco Petr Fiala vogliono portare il tema sul tavolo del Consiglio europeo informale che si terrà venerdì a Budapest alla presenza di Mario Draghi. (…) la notizia è che ora anche il nuovo governo francese si è unito alla richiesta di mettere in pausa le sanzioni per chi non rispetterà i target ambientali nel 2025: «I produttori che sono impegnati nell’elettrificazione – ha spiegato il ministro dell’Economia e delle Finanze, Antoine Armand, al quotidiano “Les Echos” – non dovrebbero dover pagare multe nel 2025. Difenderò questa posizione con Marc Ferracci (ministro francese dell’Industria, ndr) davanti alla Commissione e con le nostre controparti»”, si legge su La Stampa.
“Secondo le norme Ue, le emissioni medie delle nuove auto vendute nel 2025 non dovranno superare i 94 grammi di CO2 per chilometro, il che rappresenta un taglio rispetto al valore attuale di 116 g/km. In caso di sforamento, i produttori dovranno pagare multe pari a 95 euro per ogni g/km in eccesso, moltiplicato per il numero dei veicoli. V(…) «Se dovessimo imporre multe gigantesche ai produttori perché non si sono mossi abbastanza velocemente, la prima conseguenza sarà quella di indebolire gli investimenti» ha avvertito il francese Armand. L’Acea – guidata da Luca De Meo, che è il Ceo di Renault – aveva chiesto in una lettera alla Commissione di far slittare i target al 2027. Un argomento sul quale l’ad di Stellantis, Carlo Tavares, si era limitato a sottolineare che «le regole sono note da molto tempo e tutti hanno avuto modo di prepararsi». I concessionari che fanno riferimento al gruppo avevano però sposato la richiesta dell’Acea, chiedendo di posticipare i target. (…) Sulla richiesta di rivedere i target del 2025 per scongiurare le multe, la Commissione europea continua a essere molto cauta. Interpellato sulle dichiarazioni del ministro francese, il portavoce dell’esecutivo comunitario ieri ha giudicato «prematura» la questione. «Queste misure – ha spiegato – sono state introdotte già nel 2019 per consentire al settore di effettuare una transizione, avere una tabella di marcia e raccogliere investimenti». Francia, Italia e Repubblica Ceca sperano ora di incassare il sostegno di altri governi, in particolare di quello tedesco”, continua il giornale.
ENERGIA, BRENT SALE A 75$ DOPO RINVIO OPEC+
“Petrolio in recupero dopo la decisione dell’Opec+ di rinviare ulteriormente di un mese l’aumento della produzione. L’annuncio, arrivato nel pomeriggio di domenica, non si può considerare una vera e propria sorpresa: in molti avevano previsto che l’Organizzazione avrebbe preferito prendere ancora tempo, viste le condizioni del mercato – che rimangono molto deboli dal punto di vista dei fondamentali – e nell’attesa di conoscere l’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, che potrebbe cambiare gli scenari anche sul fronte delle politiche energetiche. Le quotazioni del barile sono comunque rimbalzate di oltre il 2% fin dalle prime battute nella seduta di ieri, riportando il Brent per gennaio intorno alla soglia psicologica dei 75 dollari, mentre il Wti in consegna a dicembre è tornato a superare quota 71 dollari, complice anche il rinnovato timore di escalation in Medio Oriente sollevato dalle minacce iraniane: sabato l’ayatollah Ali Khamenei ha promesso «una ritorsione devastante» contro Israele. (…) L’Opec+ è impegnata anche in altri tagli di produzione, ripartiti fra quasi tutti i membri della coalizione (questa conta 22 Paesi, ma Iran, Venezuela e Libia sono esentati): una riduzione di altri 3,66 mbg, almeno sulla carta, che ha già deciso di mantenere in vigore per l’intero 2025. Tra questi tagli e quelli volontari, decisi in diversi momenti dal 2022 in avanti, il gruppo sta “trattenendo” volumi che corrispondono a quasi il 6% della domanda petrolifera globale. Russia, Kazakhstan e Iraq si sono impegnati a recuperare i tagli per cui sono rimasti “indietro” nel passato. E forse l’Opec+ vuole anche aspettare di avere un quadro più preciso sui loro progressi prima di avviare la riapertura dei rubinetti”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Per Jorge Leon, senior vice president di Rystad Energy, guadagnare tempo è una mossa «assolutamente sensata» per l’Opec+ «considerate tutte le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e, cosa forse ancora più importante, le prossime elezioni presidenziali Usa». Il gruppo secondo Ubs punta probabilmente anche ad avere «maggiore chiarezza sull’impatto economico del taglio dei tassi d’interesse negli Usa e delle politiche di stimolo fiscale e monetario in Cina». La domanda di greggio rimane peraltro debole, in particolare in Asia, anche se l’Opec continua a manifestare ottimismo: proprio ieri il suo segretario generale, Haitham Al Ghais, ha affermato che «il quadro non è negativo come possa sembrare», benché ci siano «alcune sfide». L’offerta tuttavia si mantiene decisamente superiore al fabbisogno. Persino la produzione dell’Opec sta risalendo, in gran parte grazie al rapido recupero di attività in Libia. (…) Con la rinuncia a riaprire i rubinetti fino al prossimo anno l’Opec+ ha comunque influenzato il “sentiment”, secondo Amrita Sen di Energy Aspect, smentendo chi «aveva scorrettamente creduto che l’Opec+ volesse riguadagnare quote di mercato inondandolo (di offerta)».Sulla stessa linea gli analisti di Ing: «Forse il gruppo è più deciso a sostenere i prezzi di quanto molti pensino»”, continua il giornale.
RIFIUTI, I RECORD ITALIANI
“Non ci crederete ma sull’ambiente ci sono anche buone notizie, accanto a quelle tragiche. Una prova. Si riunisce in questi giorni a Rimini alla Fiera “Ecomondo” tutta la filiera delle aziende non solo italiane che operano nel settore dell’economia circolare. Rifiuti urbani, industriali e speciali, ma non solo. Un mondo in continuo cambiamento con frazioni sempre più estese di rifiuti di provenienze varie che grazie a continue innovazioni tecnologiche vengono recuperate e rientrano in circolo. La buona notizia per il nostro paese è che l’Italia è nelle posizioni di testa rispetto alle economie europee per gli indicatori che misurano la circolarità della nostra economia. Prima di tutto aumentano le raccolte differenziate, siamo arrivati al 65,2 per cento del totale, che rappresentano il serbatoio dove attingere per poi riciclarne una grande parte. Il tasso di riciclo effettivo dei rifiuti urbani è invece del 51,9 per cento (non tutto ciò che viene raccolto in modo differenziato può essere riciclato), comunque al di sopra dell’obiettivo europeo del 50 per cento previsto per il 2020. In Europa, il tasso medio è del 48,7 e ci collochiamo in questa classifica all’ottavo posto. Ma se prendiamo in considerazione tutti i rifiuti, non solo quelli di origine urbana, ma anche quelli derivanti dalle attività produttive, il tasso di riciclo sale all’85 per cento collocandoci al primo posto in assoluto. (…) indice che misura l’intensità delle materie prime usate per produrre valore aggiunto. Nel 2023 l’Italia si colloca al secondo posto in Europa con un indicatore di 4,3 euro di ricchezza prodotta per ogni kg di materia prima utilizzata. Cosa si può fare di più per migliorare ulteriormente? La raccolta differenziata può certamente crescere soprattutto al sud e contemporaneamente può crescere il tasso di riciclo della stessa soprattutto per alcune famiglie di plastiche e la frazione umida”, si legge su Il Foglio.
“L’obiettivo fissato dalla UE al 2035 è del 65 per cento di riciclo degli urbani. Il che significa portare la raccolta differenziata intorno all’80 per cento, perché comunque una parte di essa sarà sempre uno scarto. Che questo non rappresenti un obiettivo impossibile lo dimostra la Lombardia che queste percentuali le ha già raggiunte, riducendo il ricorso alla discarica a poche unità percentuali, ben sotto il 5 per cento. Nella parte invece che riguarda i rifiuti che provengono dalle attività industriali è fondamentale l’innovazione che sappia guardare in modo sempre più dettagliato a frazioni di rifiuti che con apposite tecnologie possono essere selezionati e recuperati. Per migliorare la situazione baserebbero probabilmente pochi incentivi ben mirati. Quali per esempio l’obbligo di utilizzare una certa percentuale di materiali riciclati nelle nuove produzioni. O imposte, come l’Iva, differenziate per premiare i prodotti del riciclo”, continua il giornale.