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Gas

Gas, oleodotti e geopolitica

Decine di migliaia di chilometri di oleodotti attraversano Contenienti e mari per trasportare energia. E il gas diventa strumento politico e diplomatico 

Il gas è diventato uno strumento politico e diplomatico sempre più importante sui tavoli di confronto mondiali. Il suo utilizzo alimenta lo sviluppo di Paesi europei ed asiatici affamati di forniture energetiche stabili, affidabili e, dove possibile, convenienti definendo nuovi ruoli geopolitici per i Paesi dotati di preziose ricchezze energetiche. Di tutto questo si parlerà, questo pomeriggio alle 16.00, in occasione della conferenza “Gas, Oleodotti e geopolitica”, presso Confitarma (Piazza dei Santi Apostoli, 66), a Roma.

All’inizio del XXI secolo, l’Europa ha dovuto affrontare la difficile scelta fra i progetti di gasdotti alternativi per portare il gas dalla Russia, l’Asia Centrale, il Caucaso e il Medio Oriente. Sono state diverse le ipotesi passate al vaglio dei vari soggetti coinvolti, influenzate dall’obiettivo di concretizzare strategie di approvvigionamento energetico a lungo termine. Una richiesta di energia che cresce sotto l’influenza del fenomeno della sovrappopolazione e della maggiore necessità produttiva in alcune aree del mondo, che allo stesso tempo determina la prorompente necessità di stringere accordi e contratti che diano garanzie sulla costruzione e sul futuro funzionamento di una rete di gasdotti ed oleodotti che assicurino il trasporto delle risorse fino al proprio paese. Un risultato di importanza strategica per ogni paese che voglia rendersi energeticamente autosufficiente.

ZohrDecine di migliaia di chilometri di tubi attraversano paesi geograficamente – e spesso – culturalmente distanti tra loro, con un ruolo crescente affidato agli stati di transito del gas e del petrolio. Fornendo il loro territorio per la costruzione di infrastrutture, tali paesi provano a trarre il massimo vantaggio dalla loro posizione privilegiata, per ottenere un prezzo speciale e tasse sul transito. Spesso, i contratti per la costruzione dei gasdotti internazionali subiscono la pressione politica anche da parte di chi non è formalmente coinvolto nei progetti, ma con evidenti interessi geopolitici ed economici nella regione. In altre parole, la fornitura di gas e petrolio, non si rivela solo un semplice problema commerciale, di prezzo e approvvigionamento, ma va ben oltre arrivando a essere potenzialmente all’origine di contrasti politici, se non di conflitti locali.
E’ il caso del conflitto in Ucraina e delle sanzioni alla Russia, e dell’incertezza politica dell’area mediorientale e che hanno bloccato tanto Nabucco che South Stream.

Quali prospettive ancora in ballo?

All’inizio di aprile è stata firmata l’intesa dal commissario europeo per l’energia Miguel Canete, dal ministro Carlo Calenda e dai ministri corrispondenti degli altri Paesi, per il gasdotto East Med che potrà collegare il Mediterraneo orientale all’Europa e che attingerà dalle enormi risorse di gas off shore del Leviatano, a nord di Israele e ne trasporterà una parte verso l’Unione europea passando per Cipro, la Grecia e l’Italia. Il gasdotto TAP, superando le difficoltà che si sono presentate durante l’inizio dei lavori in Puglia, collegherà il gas del Caspio passando per Turchia, Grecia e Albania. In Europa, si sono inoltre stabilite nuove intese, con la Russia pronta a portare avanti il progetto bilaterale North Stream 2 con la Germania, raddoppiando la capacità di trasporto del gas, e con i tedeschi come nuovo snodo centrale delle importazioni. Senza dimenticare il crescente bisogno di energia da parte della Cina, che punta a sostituire almeno in parte l’uso del carbone.

Molte posizioni nazionali saranno rafforzate o stemperate dalla geopolitica dei gas e degli oleodotti, da sempre mezzi di trasporto energetico divenuti ora anche strumenti di pressione diplomatica. Quali saranno le modalità migliori con cui questo sistema di connettività potrà essere gestito negli anni a seguire, in modo da evitare una ancor più grande battaglia energetica? In che maniera si potrànno soddisfare equamente gli interessi di fornitori e consumatori, ma soprattutto non alterare oltre misura gli equilibri politici e internazionali?

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