L’Italia non può permettersi di dire no alle grandi opere. Abbiamo già accumulato decenni di ritardi infrastrutturali con i Paesi che trainano l’UE
Il Governo, per bocca del ministro alle infrastrutture, Danilo Toninelli, mette in discussione il completamento di molte grandi opere strategiche per l’Italia: dalla Tav Torino-Lione a quella che attraverserà Firenze, fino al Terzo Valico dei Giovi.
Dichiarazioni che fanno il paio con le dichiarazioni della Lezzi contro il Tap (negli scorsi giorni, peraltro, parzialmente rettificate: “c’è un trattato già siglato”, ha scoperto!)
Insomma lo scenario è quello della fazione dei ministri 5 Stelle sempre più rappresentanti dell’Italia dei NO. Quella che ci ha fatto accumulare decenni di ritardi infrastrutturali con i Paesi che trainano l’UE, guarda caso anche grazie alle proprie grandi opere.
Il vero problema è che l’Italia non può permettersi di ripiombare nell’era dei veti allo sviluppo. Certo, vanno considerati sempre l’impatto ambientale e i pareri delle amministrazioni locali. Ma poi bisogna agire. I Governi Berlusconi II (2001-2005) e Renzi (2014 – 2016) hanno puntato molto sulle grandi opere strategiche, capaci di rilanciare il sud e collegare il centro nord alla mitteleuropa. La scelta dei 5 Stelle è chiaramente in antitesi a queste politiche. La delegazione leghista al governo lascerà campo libero ai colleghi in questo settore o dirà la propria, sentiti anche gli imprenditori settentrionali che aspettano da decenni alcune delle opere messe in discussione da Toninelli?
E ancora: quanto questo ennesimo segnale di intenzionale isolamento preoccuperà l’UE e i potenziali investitori esteri?