La maggioranza pressa il Governo per chiudere subito sull’ex Ilva, ma la Regione Puglia fa muro. Emiliano rifiuta la nomina per i cantieri, il sindaco dice no alla nave. Tutte le incognite che pesano sullo stabilimento
La maggioranza chiede al Governo di chiudere il prima possibile l’accordo di programma dell’Ilva, rivedere l’AIA e mettere in campo più finanziamenti e fondi per trasformare Taranto in un hub della siderurgia. Sono i punti principali dell’Odg presentato dal senatore di FdI Salvo Pogliese e approvato ieri nel corso dell’esame del decreto 92/2025 sul sostegno ai comparti produttivi. Intanto, però, fonti autorevoli rivelano che il Governatore della Puglia, Michele Emiliano, non sarebbe disposto ad accettare la poltrona pensata dal Mimit. I nodi da sciogliere per arrivare al lieto fine sull’intricata vicenda dell’Ilva sono tanti, dalla nave rigassificatrice all’AIA. Tutto ruota intorno all’accordo di programma per la piena decarbonizzazione dello stabilimento proposto dal ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. Tuttavia, c’è appena una settimana di tempo per convincere la Regione Puglia e gli enti locali a sottoscrivere il documento programmatico. E il probabile no di Emiliano alla nomina di commissario non è un segnale incoraggiante.
LA MAGGIORANZA PRESSA IL GOVERNO SULL’ILVA
La transizione energetica dell’ex Ilva di Taranto dal carbone torna al centro del dibattito politico con un odg a firma FdI che spinge il Governo a intensificare gli sforzi per arrivare a un accordo di programma condiviso con gli enti locali. La proposta governativa prevede la sostituzione degli attuali altiforni con tre forni elettrici, quattro impianti per la produzione di preridotto (Dri) e l’installazione di una nave rigassificazione per alimentare l’intero sistema attraverso il gas naturale.
La nave è un’infrastruttura chiave nella strategia del Governo, che si scontra però con la forte opposizione delle istituzioni locali. Il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, sostiene infatti che la nave non sia sicura per il territorio. Se ministeri ed enti locali non dovessero giungere a un accordo, scatterebbe il Piano B. La strategia alternativa prevede la realizzazione di soli forni elettrici. Gli impianti Dri verrebbero realizzati altrove, ad esempio Genova, compromettendo così in parte l’obiettivo di autonomia energetica dello stabilimento. L’odg presentato da Pogliese impegna il Governo a spingere per la costruzione dei Dri. Inoltre, propone di mettere in campo maggiori finanziamenti per il Contratto Istituzionale di Sviluppo di Taranto e per il Tecnopolo del Mediterraneo, nonché nuovi investimenti produttivi nelle aree inutilizzate dello stabilimento e nei terreni circostanti.
EMILIANO DICE NO ALLA POLTRONA DI COMMISSARIO
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, avrebbe voluto affidare il percorso di decarbonizzazione del sito a Michele Emiliano. Tuttavia, il governatore uscente della Regione Puglia sembra voler rifiutare l’idea del governo di una nomina speciale per sé riguardante il cantiere Taranto-Ilva, secondo quanto riporta Policy Maker. Emiliano spera ancora di trovare posto in Consiglio regionale, magari sulla poltrona di presidente. “Sono disponibile a candidarmi”, ha ribadito il presidente della Puglia, secondo quanto riporta Il Foglio.
IL NODO DELLA NAVE
La nave è un’infrastruttura chiave nella strategia del Governo, che si scontra però con la forte opposizione delle istituzioni locali. Il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, sostiene infatti che la nave non sia sicura per il territorio. Se ministeri ed enti locali non dovessero giungere a un accordo, scatterebbe il Piano B.
La strategia alternativa prevede esclusivamente la realizzazione di forni elettrici. Gli impianti Dri verrebbero realizzati altrove, ad esempio Genova, compromettendo così in parte l’obiettivo di autonomia energetica dello stabilimento. L’odg presentato da Pogliese impegna il Governo a spingere per la costruzione dei Dri.
L’AIA CHE NON PIACE ALLE REGIONI
Recentemente il Mimit ha dato il via libera all’AIA per l’Ilva. Un’autorizzazione accolta con giubilo da Urso. “Lo stabilimento è salvo. La siderurgia italiana è salva, l’industria italiana può ancora avere l’acciaio”, ha commentato il ministro. Un entusiasmo che non ha però investito la Regione e gli enti locali, preoccupati per gli impatti sul territorio e sulla produzione. L’ordine del giorno chiede che l’AIA venga tempestivamente riesaminata alla luce della nuova configurazione industriale, fondata su forni elettrici con potenziale emissivo molto più basso rispetto agli impianti a carbone.
ADDIO BAKU STEEL, BENTORNATA JINDAL
La partita dell’Ilva, però, non si chiuderà certo con la firma dell’accordo tra Stato ed enti locali. Successivamente, infatti, dovrà essere indetta una gara per assegnare l’acciaieria. La trattativa con gli azeri sembra ormai tramontata e gli indiani di Jindal sarebbero tornati prepotentemente in corsa. Questa volta, però, il Mimit ha inserito una clausola di sicurezza nella bozza di accordo, attualmente allo studio del Senato. L’articolo 5 prevede infatti che se i nuovi proprietari non dovessero rispettare gli impegni presi, potrebbero evitare multe e sanzioni rivendendo l’acciaieria a un altro investitore, anche pubblico, ad un prezzo non più alto dell’80% del valore di aggiudicazione