Dal 2013 ad oggi i grandi passi avanti della Cina nella lotta all’inquinamento hanno permesso alla città di Pechino di abbattere le concentrazioni di Pm
Il Governo cinese sta vincendo (piano piano) la sua battaglia contro lo smog. Secondo quanto esposto in uno studio di Greenpeace, a Pechino le polveri ultrasottili sono calate del 54% negli ultimi mesi.
Centinaia di fabbriche obsolete, utilizzanti ancora il carbone, hanno dovuto chiudere i battenti; è stato vietato completamente l’utilizzo della carbonella per il riscaldamento nelle case lontane di periferia; fatti trasferire gli abitanti dei sobborghi che si scaldavano con stufe a legno e carbone, in attesa dell’arrivo delle nuove tubature del gas.
Nel resto della Cina, però, la situazione non è altrettanto florida: su scala nazionale la concentrazione di PM 2.5 è calata solo del 4,5%, il tasso più basso dall’inizio della guerra cinese all’inquinamento nel 2013.
“Il Piano d’azione nazionale contro l’inquinamento atmosferico ha portato a riduzioni massicce dei livelli di inquinamento e dei relativi rischi per la salute, ma le politiche a favore del carbone e dell’industria pesante stanno rallentando i progressi“, dichiara Huang Wei, attivista di Greenpeace per il clima e l’energia in Asia orientale. “A livello nazionale, il 2017 segna il miglioramento della qualità dell’aria più lento mai registrato“.