L’addio al “solo elettrico” avvantaggia soprattutto i costruttori tedeschi, leader nei segmenti endotermici e plug-in, prolungandone la redditività. La nuova flessibilità regolatoria, sollecitata anche dall’Italia, segna il trionfo del pragmatismo sulla transizione forzata, trasformando le flotte aziendali e gli ibridi nel vero ponte verso il futuro.
Se la revisione annunciata verrà confermata, saranno soprattutto i grandi gruppi tedeschi ad avvantaggiarsi della nuova strategia europea sui motori a combustione e sulle tecnologie ibride, prolungando la redditività dei propulsori tradizionali mentre l’elettrico procede a tappe più lente del previsto.
Secondo i calcoli del quotidiano Handelsblatt, basati sui dati forniti dal fornitore di servizi Dataforce, in un mercato europeo in cui i motori termici rappresentano ancora oltre la metà delle nuove immatricolazioni e le auto a batteria pura restano sotto il 20%, la flessibilità regolatoria consentirà a marchi come Mercedes, BMW, Volkswagen e Audi di “capitalizzare il peso ancora elevato di endotermiche e plug-in nelle loro gamme europee”.
MERCATO UE E PESO DELL’INDUSTRIA TEDESCA
I dati di settore mostrano che i costruttori tedeschi mantengono quote superiori alla media europea nelle vendite di veicoli a combustione interna e ibridi plug-in, con questi ultimi che, nei primi dieci mesi dell’anno, hanno coperto una porzione significativa delle immatricolazioni nella categoria. A livello complessivo, le endotermiche restano la maggioranza del mercato Ue, mentre le auto elettriche pure, pur in crescita, non hanno ancora raggiunto il punto di svolta immaginato quando venne fissato l’obiettivo di azzerare le emissioni allo scarico per le nuove vetture dal 2035.
LA SVOLTA DI BRUXELLES SUL POST-2035
Nel percorso di revisione in corso, Bruxelles si orienta a consentire anche dopo il 2035 l’immatricolazione di nuove auto che non si affidano esclusivamente alla trazione elettrica, purché rientrino in categorie considerate compatibili con la neutralità climatica. Nel pacchetto allo studio rientrano ibridi plug-in, modelli con range extender e veicoli a combustione alimentati con biocarburanti avanzati o combustibili sintetici, segnando una correzione rispetto all’impostazione iniziale che puntava solo su veicoli a zero emissioni allo scarico. L’“apertura tecnologica” rivendicata dal commissario ai Trasporti Apostolos Tzitzikostas proprio in un’intervista all’Handelsblatt di pochi giorni fa mira a bilanciare gli obiettivi ambientali con una transizione economicamente sostenibile e socialmente gestibile, tenendo conto delle difficoltà della mobilità elettrica di massa.
PRESSIONI DELL’INDUSTRIA E RUOLO TEDESCO
Una svolta avvenuta grazie alla pressione di governi come quello tedesco e italiano, ma anche di alcuni Stati membri cento-est europei molto legati al settore dell’auto. D’altronde l’industria automobilistica europea, e in particolare quella tedesca, ha spinto per mesi verso una maggiore flessibilità normativa, richiamando la combinazione tra crescita debole, costi della transizione e concorrenza di Stati Uniti e Cina. Per i costruttori tedeschi, alle prese con margini sotto pressione e una domanda non brillante, un quadro che prolunga il ciclo di vita delle endotermiche e delle ibride rappresenta un supporto importante per sfruttare piattaforme e forniture esistenti mentre si prosegue con gli investimenti nell’elettrico.
Su questa linea si è mosso anche il governo federale: il cancelliere Friedrich Merz ha chiesto formalmente alla Commissione di includere nella regolazione post-2035 anche motori a combustione ad alta efficienza, alimentati con biocarburanti o e-fuel, oltre alle soluzioni puramente elettriche. Che sia oggi proprio il governo tedesco – a suo tempo uno dei maggiori fautori del divieto dei motori a combustione dal 2035 – a a chiedere un dietrofront è una vendetta della realtà del mercato, oltre che un risultato dei mutati equilibri politici a Berlino.
IL RUOLO DEGLI IBRIDI PLUG-IN E DELLE FLOTTE AZIENDALI
Nel breve periodo, gli ibridi plug-in sono considerati una soluzione intermedia tra tutela del clima e sostenibilità economica, soprattutto dove la rete di ricarica non è ancora capillare. Le immatricolazioni di questi veicoli sono cresciute in modo marcato, mentre l’auto elettrica pura avanza ma non compensa il calo dei motori tradizionali, e per i costruttori i plug-in consentono di ridurre le emissioni medie di flotta mantenendo attiva la filiera dei componenti endotermici.
Allo stesso tempo, le istituzioni europee valutano condizioni più stringenti per classificarli come a basse emissioni, ipotizzando strumenti come incentivi fiscali mirati, monitoraggio dell’uso effettivo della modalità elettrica e geofencing urbano, la tecnologia che permette di creare perimetri virtuali su una mappa geografica di una città e di imporre la marcia solo a batteria nei centri cittadini.
La strategia europea si intreccia infine con il ruolo delle flotte aziendali – osserva l’Handelsblatt – che rappresentano la quota maggioritaria delle nuove immatricolazioni nell’Ue e vengono viste come “la leva principale per spingere la domanda di auto elettriche prodotte in Europa”.
Proposte di quote minime crescenti di veicoli a batteria per le grandi imprese mirano a generare “una domanda stabile per gli stabilimenti europei”, accompagnando la transizione con incentivi e schemi di sostegno che, nel frattempo, continuano a lasciare spazio alle tecnologie ibride e ai motori a combustione più efficienti, “a vantaggio in primo luogo dell’industria tedesca”, conclude il quotidiano di Düsseldorf.


