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Spagna Italia Nucleare

La Spagna dice addio al nucleare, in Italia e nel resto dell’Ue il dibattito continua

 

Ieri, il governo guidato da Pedro Sanchez ha annunciato il fase out dal 2027 al 2035 al costo di 20,2 miliardi di euro. In Italia c’è la mappa delle aree idonee per il deposito delle scorie da nucleare

La Spagna lascia il nucleare e punta sulle rinnovabili: ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato con otto anni di ritardo un piano di chiusura delle sue cinque centrali a partire dal 2027 ed entro il 2035. Il dibattito continua, in Italia e non solo.

APPROVATO IL PHASE OUT DAL NUCLEARE IN SPAGNA

In realtà, le centrali interessate (che furono aperte nella seconda metà degli anni ’80 e pensate per durare 40 anni) sono sette ma due sono già interessate dal percorso di smantellamento: si trovano a Santa María de Garoña (Burgos) e José Cabrera (est di Madrid). Le altre cinque, di proprietà di Iberdrola, Endesa e Naturgy, sono a Almaraz (Extremadura), Ascó (Tarragona), Cofrentes (Valencia), Vandellós (Tarragona) e Trillo (Guadalajara).

Il piano di smantellamento risale già al 2019 e avrà un costo di 20,220 miliardi di euro (che saranno pagati da un fondo sostenuto dagli operatori degli impianti, ha detto il governo). Si inizierà con la cessazione delle attività (prima Almaraz nel 2027, poi a seguire Ascó, Cofrentes, Vandellós e Trillo) e dopo almeno tre anni potrà partire l’operazione decennale di smantellamento.

Tutto sulle rinnovabili, dunque. Nonostante il nucleare attualmente generi un quinto dell’energia spagnola. Quanto alle scorie, invece, in attesa di individuare entro cinquant’anni un deposito permanente, quelle meno pericolose finiranno in un magazzino di Corodba, mentre le altre saranno mantenute in depositi prossimi alle centrali.

PERCHE’ RINUNCIARE ALLA STABILITA’?

Come fa notare Marco Dell’Aguzzo (Start Magazine), “manutenere e ammodernare le centrali nucleari costa miliardi di euro, è vero; ma i reattori forniscono energia non solo pulita ma anche stabile. Per bilanciare la corposa generazione rinnovabile (oltre il 40 per cento della generazione elettrica totale), alla Spagna servirà il gas naturale, almeno nel breve-medio termine. Il gas emette CO2, però, e proviene da paesi non completamente affidabili (l’Algeria)”.

IL DIBATTITO SUL NUCLEARE IN ITALIA

Proprio il Paese nordafricano ‘serve’ energeticamente anche l’Italia, precedentemente legata ad un altro partner altrettanto poco affidabile sulle forniture di gas come la Russia.

Da noi, il tema del nucleare sembra essere forte per l’attuale governo. Che a settembre ha lanciato una Piattaforma nazionale per riunire istituzioni, tecnici e ricercatori per approfondire il dibattito. Poco di concreto, ad oggi, anche se circa due settimane fa il Mase ha pubblicato la mappa delle 51 aree idonee per il deposito delle scorie.

Intervenendo in Question Time alla Camera, il ministro Pichetto ha spiegato che “le tecnologie nucleari di nuova generazione, oltre a garantire maggiore sicurezza e autonomia energetica, hanno un ruolo importante da svolgere nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e nel futuro mix energetico del Paese. La loro strategicità nella transizione energetica verso la neutralità climatica è evidenziata nella proposta di aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Perciò sono state inserite tra gli ambiti tecnologici prioritari per il sistema di ricerca italiano da sviluppare al 2030”.

Ieri, sul tema dei depositi si è espresso a favore il sindaco di Trino Vercellese (non presente nell’elenco del ministero), candidando il suo paese. A Libero ha dichiarato: “Per il nostro territorio sarebbe una grande opportunità di crescita demografica ed economica – continua Pane – In Italia si fa un ingiustificato terrorismo, mentre nel resto d’Europa si scannano per ospitare gli impianti: in Spagna, Francia e Finlandia queste strutture funzionano dal 1992”.

L’Italia, oltre a salvaguardare il territorio dai rifiuti radioattivi, però, guarda al futuro (almeno a parole) puntando sugli Small e Advanced Modular Reactors per economicità e tempistiche di realizzazione degli impianti. Anche se nel governo c’è chi parla di fusione nucleare e chi di fissione.

ANCHE GLI ATTIVISTI HANNO FATTO DIETROFRONT?

In Ue, la traiettoria è più chiara. “Da un punto di vista ambientale il nucleare fa parte delle soluzioni, poi ogni Paese è libero di usarlo o no. Il trattato europeo è molto chiaro in proposito: ogni Stato decide per sé. Tutti sappiamo di dover procedere più speditamente. Sono sicuro che tra cinque o dieci anni potremo dire che questa conferenza è stata un punto di svolta”, ha detto dopo Cop28 il commissario Ue Wopke Hoekstra al Corriere della Sera.

A inizio novembre, a Bratislava, si è tenuto il 16° Forum europeo sull’energia nucleare dove dodici Paesi Ue hanno aderito alla creazione di un’alleanza industriale sugli Small Modular Reactor.

Anche dal mondo degli attivisti (Replanet, ad esempio) il supporto al nucleare va crescendo, in opposizione a organizzazioni ambientaliste come Greenpeace. Già lo scorso anno la leader dei Fridays for future Greta Thunberg aveva affermato che chi già dispone di centrali nucleari farebbe bene a non chiuderle, per non tornare ai combustibili fossili.

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