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Emissioni Metano

Le emissioni di CO2 sono anche colpa di noi europei, non dimentichiamolo

“Continuare a bruciare idrocarburi, che non sono altro che energia solare accumulata in milioni di anni attraverso la deposizione organismi biologici, invece di limitarsi a sfruttarli per le loro straordinarie opportunità di utilizzo, equivale a comportarsi come un ragazzino tossico che trova in una scatola i risparmi di una vita del nonno e li brucia in pochi giorni”. Il commento di Dino Marcozzi*

Il 2024 è iniziato promettendo l’ennesimo anno record per la temperatura. Guardiamo il grafico estratto dal programma satellitare europeo Copernicus che mostra gli andamenti della temperatura media della superficie del mare nelle zone non polari, dal 1979 ad oggi. Evidenziamo in particolare l’ultimo anno record, il 2023.

Forse è opportuno rinfrescarci la memoria sul ruolo del principale gas serra che le attività umane generano, l’anidride carbonica. Quanta ne abbiamo oggi nell’atmosfera?
La concentrazione misurata è di 420 parti per milione (ppm), che significa lo 0,042 percento.
È poca, pochissima?
Dipende da quale riferimento si prende e da come si presentano i dati.
Chi scrive è nato 70 anni fa. Quanta CO2 c’era a quel tempo in atmosfera? 300 ppm.
Dunque, in 70 anni, è aumentata da 300 a 420 ppm, cioè del 40%.
Certo, qualcuno può dire che dallo 0,030 allo 0,042% è cresciuta dello 0,012% ma è solo un torturare i numeri per far vedere che questo aumento è insignificante. È infatti un argomento amato dai negazionisti di secondo livello, quelli per i quali “beh sì, forse il riscaldamento globale sta avvenendo ma la CO2 di origine antropica non c’entra: sono cicli planetari, solari, galattici…”
La verità è che, già 70 anni fa i 300 ppm erano una concentrazione che negli ultimi milioni di anni è stata solo avvicinata e mai raggiunta, e sempre oscillando tra i 150 e 250 ppm e soprattutto secondo cicli periodici di durata tra i 100 ed i 150 mila anni, non decine di anni.

Siamo oggi quindi in presenza di due fenomeni straordinari:
– Crescita abnorme della concentrazione di CO2
– Accelerazione del fenomeno mai avvenuta e di tipo esponenziale (70 anni fa cresceva di 0,7 ppm/anno, oggi superiamo i 2 ppm/anno).

E l’aumento di temperatura media segue perfettamente l’aumento di concentrazione di anidride carbonica, le curve sono sovrapponibili, e proprio dall’inizio dell’era industriale.

Che la CO2 sia un pericoloso gas-serra è noto da più di 120 anni: nel 1896 il chimico svedese Arrhenius cercò di valutare l’effetto serra indotto dall’aumento di anidride carbonica, il suo calcolo, considerando che non aveva a disposizione un computer, fu straordinariamente preciso. Successivamente oltre che la scienza anche i centri studi di aziende oil&gas riconobbero la pericolosità del fenomeno, e naturalmente tennero ben nascosta la cosa (ad es. solo da poco abbiamo scoperto quello che riconoscevano nell’81 scienziati della Exxon, in documenti interni riservati).

Continuare a bruciare idrocarburi, che non sono altro che energia solare accumulata in milioni di anni attraverso la deposizione organismi biologici, invece di limitarsi a sfruttarli per le loro straordinarie opportunità di utilizzo, equivale a comportarsi come un ragazzino tossico che trova in una scatola i risparmi di una vita del nonno e li brucia in pochi giorni.

E noi Europei dobbiamo continuare ad essere i battistrada nella decarbonizzazione del pianeta che lasceremo alle generazioni future, per almeno due motivi: il primo per l’obbligo etico che ci compete per essere stati i pionieri nello sfruttamento sconsiderato degli idrocarburi, il secondo perché abbiamo delocalizzato tante produzioni proprio in quei Paesi che oggi producono le maggiori quantità di CO2. Tanta di quella anidride carbonica è roba nostra, prodotta per mantenerci il livello di vita che vantiamo. Non dimentichiamolo.

*Dino Marcozzi è Ingegnere nucleare, laureato all’Università di Pisa, è entrato in Enel nel 1980 nell’area Generazione e Trasmissione di Roma. È stato Operation Manager nella centrale nucleare BWR di Caorso e Direttore di centrali termiche dal 1991 al 1998, fino a una taglia di 3 GW. Dopo un’esperienza nella Pianificazione e Controllo, nell’Ingegneria O&M e nella generazione distribuita, è stato responsabile degli approvvigionamenti di Enel Italia Generazione e Ingegneria e Costruzioni fino a settembre 2008. Dall’ottobre 2008 Dino ha ricoperto il ruolo di Chief Procurement Officer in Enel Green Power, azienda leader nel settore delle energie rinnovabili, seguendo lo sviluppo della struttura a matrice attraverso la centralizzazione e la gestione di un portafoglio di 3,5 miliardi di euro di Capex e Opex in 17 Paesi. In qualità di CPO Dino è stato membro del McKinsey European CPO Rountable, relatore in diversi congressi e convegni come ProcureCon e docente ai corsi del Master Internazionale di Procurement di Tor Vergata, membro del Consiglio di Amministrazione di EUFER e Slovenske Elektrarne. Dopo un’esperienza come Senior Advisor in McKinsey&Co, a maggio 2018 è stato Fondatore e Segretario Generale di Motus-E (prima piattaforma italiana di stakeholders nell’ecosistema della mobilità elettrica).

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