Il FMI e altre organizzazioni suggeriscono che tutti i Paesi devono raggiungere un obiettivo di zero emissioni nette di carbonio entro il 2030 per evitare il “climate cliff”, la teoria secondo cui, quando la Terra raggiungerà un riscaldamento di oltre 1,5 °C, si innescherà un effetto domino che porterà ad una catastrofe ambientale e ad ulteriori emissioni di carbonio
Al culmine dei lockdown e delle disposizioni per la pandemia Covid, una enorme quota dell’economia globale venne chiusa, portando all’instabilità della catena di fornitura, ad enormi perdite di posti di lavoro e a una crisi dovuta alla stagnazione economica. Tuttavia, secondo i sostenitori della lotta al cambiamento climatico l’evento in realtà è stato positivo per il pianeta, in quanto le emissioni diminuirono del 5,4%. Secondo loro, i lockdown per il Covid erano una prova pratica per quelli che hanno definito “lockdown climatici”, che consistono nel presentare un piano per delle interruzioni programmate dell’attività economica globale come un mezzo per rallentare gli effetti del cambiamento climatico.
I LOCKDOWN CLIMATICI
I globalisti – scrive Oilprice – hanno presentato i lockdown climatici anche come una sorta di punizione sociale collettiva nel caso in cui le popolazioni si fossero rifiutate di ridurre le emissioni di carbonio da sole. Come ha sostenuto nel 2020 Mariana Mazzucato, “collaboratrice dell’agenda” del World Economic Forum, “in un ‘lockdown climatico’, i governi limiterebbero l’uso di veicoli privati, vieterebbero il consumo di carne rossa e imporrebbero delle misure estreme di risparmio energetico, mentre le aziende di combustibili fossili dovrebbero smettere di trivellare. Per evitare uno scenario del genere, dobbiamo rivedere le nostre strutture economiche e fare capitalismo in modo diverso. Molti pensano alla crisi climatica come distinta dalle crisi sanitarie ed economiche causate dalla pandemia, ma le tre crisi – e le loro soluzioni – sono interconnesse”. Dopo una levata di scudi generale sull’idea di estendere i lockdown pandemici ai lockdown climatici, i media istituzionali hanno continuato a “verificare i fatti” della questione e hanno affermato che si trattava di una “teoria del complotto”. Ma hanno mentito.
IL RUOLO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
I lockdown pandemici alla fine si sarebbero rivelati inutili: un disastroso prosciugamento dell’economia globale che non ha fatto nulla per prevenire la diffusione del Coronavirus. Un’organizzazione che ha un interesse specifico nel ridurre l’attività economica per prevenire il riscaldamento globale è il Fondo Monetario Internazionale (FMI). In un recente “appello all’azione globale per il clima”, il FMI afferma che le restrizioni all’attività economica e all’attività di emissione generale dovrebbero superare di gran lunga quelle imposte durante la pandemia per raggiungere il loro obiettivo di temperatura dichiarato di meno di 1,5 °C.
I lockdown aperti dei Paesi sviluppati potrebbero non essere lo strumento che i globalisti usano per raggiungere il net zero, ma una tassazione del carbonio su scala oppressiva potrebbe finire per avere lo stesso effetto. Le tasse sul carbonio potrebbero agire come i forti aumenti dei tassi di interesse comunemente usati dalle banche centrali per rallentare l’attività economica durante l’inflazione.
Una chiusura economica indiretta di questa portata sarebbe assolutamente devastante per le nazioni occidentali in particolare, con conseguenti carenze energetiche e alimentari, perdite di posti di lavoro e infine un crollo demografico. Senza di questo, raggiungere il net zero non è possibile.
L’OBIETTIVO DELLE ZERO EMISSIONI NETTE
Il FMI e altre organizzazioni globaliste suggeriscono che tutti i Paesi devono raggiungere un obiettivo di zero emissioni nette di carbonio entro il 2030 per evitare il “climate cliff”, la teoria secondo cui, una volta che la Terra raggiungerà un riscaldamento di oltre 1,5 °C, si innescherà un effetto domino che porterà ad una catastrofe ambientale e ad ulteriori emissioni di carbonio e riscaldamento.
Ad onor del vero, ad oggi non c’è alcuna prova a sostegno dell’idea del climate cliff, principalmente perché non c’è alcuna prova di una relazione causale tra emissioni di carbonio e riscaldamento globale. Infatti, non c’è alcuna prova che l’industria umana abbia un effetto di riscaldamento sul clima. I dati sulle temperature per centinaia di milioni di anni dimostrano che i periodi di riscaldamento sono un pilastro della storia climatica della Terra. In confronto, la nostra attuale era è una delle più fredde, non la più calda.
COSA DIMOSTRA L’ANALISI DEI DATI SULLE TEMPERATURE
Gli scienziati del clima ignorano questi dati, e utilizzano dati sulle temperature che risalgono al 1880. Ciò significa che i loro dati si basano su appena 140 anni di storia della Terra. L’attuale tasso di riscaldamento non è significativo per altri periodi, né vi è alcuna prova che l’attività umana ne sia la causa. I dati sui livelli di carbonio del passato mostrano che le temperature non aumentano necessariamente in parallelo con l’attività del carbonio.
Anche le emissioni di carbonio sono molto più basse oggi rispetto al passato. L’affermazione che la concentrazione di carbonio dovuta all’attività umana abbia un’influenza drastica sulle temperature globali (o sul meteo) è assolutamente infondata. La vera ragione dei controlli climatici e delle tasse sul carbonio sembra avere molto più a che fare con la ridistribuzione della ricchezza dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo. L’agenda riguarda la centralizzazione del controllo della ricchezza nazionale, oltre che delle libertà individuali e della proprietà privata. E il FMI, naturalmente, vorrebbe essere una delle istituzioni al timone di questo impero di gestione della ricchezza.