Oggi a Milano l’associazione AIDEN ha tenuto un convegno per esplorare le tecnologie emergenti, gli aspetti regolatori e le sfide legate all’inserimento dell’energia nucleare nel mix energetico nazionale
Per approfondire i temi legati allo sviluppo di un nucleare sostenibile in Italia, oggi a Palazzo Edison a Milano, si è tenuto l’evento organizzato da AIDEN (Associazione Italiana di Diritto dell’Energia) dal titolo “Il Nuovo Nucleare in Italia”.
L’EVENTO DI AIDEN “IL NUOVO NUCLEARE IN ITALIA”
Un incontro nato con l’obiettivo di esplorare le tecnologie emergenti, gli aspetti regolatori e le sfide legate all’inserimento del nucleare nel mix energetico nazionale. Sono stati inoltre analizzati gli impatti economici, ambientali e sociali di un eventuale rilancio della filiera nucleare, anche alla luce della recente proposta di legge delega per una regolamentazione aggiornata del settore.
Il programma ha visto relazioni approfondite e due panel di approfondimento con la partecipazione di esperti di primo piano del mondo accademico, industriale, istituzionale e associativo. Tra i relatori, rappresentanti di Ansaldo Nucleare, Edison, Enel, Eni, newcleo, Università italiane ed europee.
I temi in discussione hanno incluso, fra gli altri, il confronto tra tecnologie nucleari di nuova generazione (fissione avanzata e fusione), la gestione dei rifiuti radioattivi, la governance del settore a livello nazionale e comunitario, i procedimenti autorizzativi, la localizzazione degli impianti, il ruolo della formazione e della ricerca.
NUCLEARE, MASTRANTONIO (NUCLITALIA): ORGANIZZEREMO SUPPLY CHAIN PER RISPONDERE A POSSIBILE FUTURO PROGRAMMA NAZIONALE
“Come Enel, con i nostri amici e partner Ansaldo e Leonardo abbiamo proposto e costituito una società, Nuclitalia, che si fa carico di essere un volano e un elemento aggregatore di quella che è la seconda industria nucleare europea, quella italiana, per affrontare queste sfide”. Lo ha dichiarato Luca Mastrantonio, CEO di Nuclitalia e Head of Nuclear Innovation di Enel.
“In realtà – ha aggiunto Mastrantonio – Nuclitalia ha nel suo DNA due constatazioni, la prima delle quali afferisce all’approccio sistemico. Il nucleare nel mondo ha avuto successo solo quando è stato il risultato di un approccio di sistema. Quando è stata l’avventura di un singolo player, difficilmente è andato in porto in modo positivo. Quindi Nuclitalia vuole costituire un primo nucleo di questo approccio sistemico. Ovviamente un nucleo esperto, con l’expertise ben miscelata di Enel, di Ansaldo Nucleare e di Leonardo.
La mission di Nuclitalia, nella fase iniziale, sicuramente è fare uno studio di fattibilità tecnico-economica, che si compone di alcuni driver principali: la selezione della tecnologia, intesa però come selezione a tutto tondo, non solo da un punto di vista tecnico, ma tecnico, economico, industriale e anche di strategia geopolitica. In parallelo, la prequalifica, cioè la preparazione e poi la qualifica e l’organizzazione della supply chain italiana per rispondere a un possibile futuro programma nazionale nucleare, dove l’altro obbiettivo del sistema Paese è quello di massimizzare l’utilizzo dell’industria nucleare italiana”.
NUCLEARE, FIORENTINI (ENI): CONFINAMENTO MAGNETICO HA PORTATO ACCELERAZIONE SU ENERGIA DA FUSIONE
“Noi – ha dichiarato Edoardo Fiorentini, Head of Magnetic Fusion Initiatives Development di Eni – vogliamo vedere la tecnologia dell’energia da fusione a tutto tondo: non ci basta sviluppare la parte tecnologica, cioè le tecnologie abilitanti questa nuova forma di energia, ma lo vogliamo fare apportando le competenze che abbiamo sviluppato nei nostri 70 anni di storia, dal punto di vista di sviluppo di grandi progetti. Quindi apportiamo le nostre competenze per accelerarne lo sviluppo. Lo facciamo a livello di business per tutti gli elementi abilitanti: regolamentazione, supply chain e altri elementi di competenze per i quali l’Italia è veramente all’avanguardia a livello mondiale”.
“Nel 2018 – ha aggiunto Fiorentini -, abbiamo investito in uno spin-out del MIT che si chiama ‘Commonwealth Fusion Systems’ che ha adottato un approccio differente rispetto all’energia da fusione e che vuole accelerarne il percorso. L’energia da fusione è sempre stata quell’energia che è 20 anni avanti. Questa startup ha fatto un’innovazione tecnologica nel confinamento magnetico, e questo ha portato un’accelerazione importante nella roadmap per l’energia da fusione. L’accelerazione è portata anche da elementi industriali come gli enti che sono entrati in questa startup per vedere questa energia sulla rete nel più breve tempo possibile. Commonwealth Fusion Systems sta attualmente sviluppando il primo impianto pilota negli Stati Uniti e l’obiettivo è generare energia da fusione, ovvero dichiarare che l’energia da fusione è generabile, e che si genera più energia da fusione di quella che viene richiesta per far funzionare tutto il sistema. Lo facciamo a livello estero, ma anche a livello italiano, con le grandi competenze che abbiamo con Enea, con il progetto DTT”, e con gran parte delle università italiane, che sono all’avanguardia
GUZZETTA: BISOGNA LASCIARE SPAZIO ANCHE ALL’ECONOMIA DI MERCATO
È poi intervenuto Giovanni Guzzetta, Consigliere del Ministro sulla riforma normativa per un nucleare sostenibile, che ha spiegato: “non si può non parlare di nucleare. Posto il punto fermo che è superstizione non parlare di questo tema, dovevamo capire quale metodo seguire, e ci è sembrato giusto un percorso a tappe, e la legge delega ha proprio questa funzione.
La prima tappa ha l’obiettivo di individuare le alternative in campo. Il tempo non è molto e il governo ah deciso di dimezzare i tempi per la delega, e questo è un fatto politico rilevante. Noi pensavamo ad una delega biennale, mentre il governo ha deciso 12 mesi di tempo per varare i diversi decreti. Lo stop al nucleare non ha significato la morte civile di qualsiasi attività sul nucleare, ma ha comportato un disinvestimento anche in termini di formazione e trasferimento tecnologico”.
“I principi direttivi della legge delega – ha detto ancora Guzzetta – sono sovrapponibili ai principi che il ‘nuclear illustrative programme’ della Commissione europea ha evidenziato, tra cui governare l’intero ciclo di vita del nucleare, sostenere le tecnologie cutting-edge, innalzare gli standard di sicurezza. Non servono modelli estremi, ma bisogna lasciare anche lo spazio all’economia di mercato: ad esempio, è previsto un programma nazionale sul nucleare sostenibile, che lascerà uno spazio per gli investimenti privati. Per quanto riguarda i rapporti con i territori, bisogna immaginare dei procedimenti che aiutino a creare una convergenza, che non sia però solo quella che preveda pagamenti a pioggia per tacitare le sindromi di NIMBY, ma dei modi per coinvolgere i territori”.
NUCLEARE, RICOTTI (POLIMI): IL SETTORE ITALIANO HA BISOGNO DI OLTRE 100.000 LAVORATORI ENTRO IL 2050
Nel nucleare “c’è necessità, a livello complessivo, di oltre 4 milioni di nuovi addetti al 2050. A livello europeo si stimano 500.000 professionisti esperti necessari per tutte le attività che verranno implementate da qui ai prossimi decenni. A livello italiano si stimano più di 100.000 persone necessarie”. Così Marco Ricotti, professore ordinario di impianti nucleari al PoliMI.
“Per il settore nucleare italiano – ha aggiunto Ricotti – le piramidi delle competenze nel settore nucleare – aziende, supply chain, utility, servizi etc – prevedono 15% di ingegneri nucleari, un 25% di tutte le altre ingegnerie, un altro 20% tra altre formazioni di tipo STEM, ma anche economisti, giurisperiti, scienziati sociali etc. Lo zoccolo duro, oltre il 40% una parte della piramide, è composto da tecnici qualificati come elettricisti, saldatori e carpentieri. Ma per il settore nucleare, in ambiti critici lavorano anche professionisti di settori non STEM per gli aspetti regolatori, normativi, legislativi, legali, economici e finanziari, e un semplice accordo di partnership strategica internazionale o per un accordo commerciale può richiedere tre anni di lavoro e decine di legali coinvolti”.
SERVONO COMPETENZE PER NUOVI ACCORDI COMMERCIALI TRA LE PARTI
Nel nucleare, per Ricotti, “nel prossimo futuro serviranno esperti, non ingegneri per lo sviluppo di nuovi modelli di business, ad esempio per gli SMR, specie se queste macchine verranno applicate in assetti cogenerativi, quindi in diretto servizio a distretti industriali. Cosa significa strutturare un accordo, un mercato, un business in questo nuovo scenario è tutto da vedere – ha spiegato Ricotti -, perché non ci sono molti esempi a livello internazionale, e pochissimi a livello europeo. C’è infine una necessità di competenze per nuovi accordi commerciali tra le parti, ad esempio consorzi per la realizzazione, ma anche per il finanziamento di queste nuove iniziative. C’è un’esperienza oggi sotto i riflettori internazionali, quella di Ontario Power Generation, che non è più un normale contratto tra technology vendor e utility, ma è un consorzio vero e proprio tra una utility, un vendor e un costruttore in cui sono tutti sulla stessa barca, cioè nessuno prende quanto convenuto come revenues, se la barca non arriva in porto. È un co-sharing molto forte”.
BISOGNA ATTRARRE RAPIDAMENTE UN GRAN NUMERO DI PROFESSIONISTI
“Le sfide – ha proseguito il professore del Politecnico di Milano – sono quelle di ricostruire un’infrastruttura complessa quasi dalle basi. Servono tempo e collaborazioni a livello internazionale e a livello europeo. È necessario attrarre, non solo formare, ma attrarre rapidamente un gran numero di professionisti. I percorsi formativi a tutti i livelli non sono ancora pronti, forse non sono ancora identificati se guardiamo tutte le figure necessarie”. Lo ha dichiarato Marco Ricotti, professore ordinario di impianti nucleari al PoliMI, intervenendo all’evento “Il nuovo nucleare in Italia”, organizzato da AIDEN.
“Abbiamo ancora 7 università attive – ha aggiunto Ricotti –, ma c’è tutto il resto. Gli ingegneri nucleari fanno parte solo del 15% delle persone che servono al settore. Ci sono anche nuove competenze da evidenziare, non solo perché la struttura economica è cambiata, l’assetto del settore nucleare a livello europeo si è profondamente trasformato rispetto agli ultimi 20-30 anni. Ci sono nuove tecnologie, e quindi nuove competenze da evidenziare”.