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L’Europa spinge sui gasdotti dell’idrogeno per soddisfare la domanda di energia

Secondo l’Hydrogen Council – i cui membri includono BP, Shell, BMW e McKinsey – 400 dei 660 milioni di tonnellate di idrogeno che si prevede saranno necessari entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi climatici saranno trasportati a lunga distanza

Ridurre le emissioni di industrie fortemente inquinanti – come quelle chimiche e siderurgiche – è un problema che le aziende e i governi di tutto il mondo stanno cercando di risolvere da tempo. In Austria, Germania e Italia, un gruppo di società del gas crede di avere ora una risposta: un gasdotto di 3.300 km.

Queste aziende – tra cui l’italiana Snam e la tedesca Bayernets – stanno lavorando ad un progetto per trasportare l’idrogeno verde, prodotto con fonti di energia rinnovabili, dal Nordafrica e dal Sud Italia alle regioni più a nord, dove ci sono pochi altri modi per liberare le industrie dalla dipendenza dai combustibili fossili.

I PROGETTI DEI GASDOTTI SOUTH2 CORRIDOR E H2MED

Il progetto del gasdotto “SoutH2 Corridor” – che collega il Nordafrica con l’Italia, l’Austria e la Germania – è destinato a far parte di una “dorsale” dell’idrogeno molto più ampia, che le società di infrastrutture in Europa stanno promuovendo. L’obiettivo è aiutare i Paesi europei a raggiungere i loro obiettivi climatici e garantire in futuro delle forniture energetiche più sicure. Altri progetti includono una proposta di gasdotto sottomarino da 2,5 miliardi di euro, denominato “H2Med”, per trasportare l’idrogeno dalla Spagna alla Francia.

Daryl Wilson, direttore esecutivo dell’ente industriale Hydrogen Council, ha affermato che petrolio e gas sono già spediti o convogliati da regioni come il Medio Oriente, quindi è naturale valutare come anche l’idrogeno, con metodi simili, possa essere trasportato su lunghe distanze. “Il trasporto di energia a lunga distanza – ha spiegato Wilson – è già parte della nostra realtà. Le fonti di energia che usiamo oggi spesso sono molto distanti dai luoghi di maggiore domanda”, che sono per lo più aree urbane densamente popolate.

In futuro, ha proseguito, le fonti diventeranno “più diversificate”, man mano che altre aree del mondo aumenteranno la loro capacità di produrre energia rinnovabile. Il problema però persisterà, poiché probabilmente l’energia sarà ancora prodotta lontano dalle aree di maggiore richiesta.

IDROGENO BLU E IDROGENO VERDE

Un rapporto pubblicato lo scorso anno dall’Hydrogen Council – i cui membri includono BP, Shell, BMW e McKinsey – ha mostrato che 400 dei 660 milioni di tonnellate di idrogeno che si prevede saranno necessari entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi climatici saranno trasportati a lunga distanza.

Le società di infrastrutture sostengono che l’idrogeno verde può essere prodotto facilmente in Paesi soleggiati e ventosi come il Marocco, l’Italia e la Spagna attraverso l’elettrolisi dell’acqua, utilizzando energia rinnovabile. Alcuni gasdotti esistenti, quindi, potrebbero essere riutilizzati e nuove infrastrutture costruite per trasportare il gas leggero e incolore più a nord, per servire industrie come la raffinazione, la produzione di energia, la produzione di fertilizzanti e il trasporto.

Alcuni Paesi, come il Regno Unito, stanno studiando anche il cosiddetto “idrogeno blu” – prodotto dal gas naturale con l’anidride carbonica associata catturata e sequestrata. Alcune fonti di idrogeno, come l’ammoniaca, vengono già spedite su lunghe distanze. Secondo Wilson queste operazioni potrebbero essere intensificate, in modo che vengano utilizzate come fonte di carburante, piuttosto che esclusivamente per le loro attuali applicazioni, ad esempio nella produzione di fertilizzanti. Anche l’idrogeno è preso in considerazione, in alcuni Paesi, per sostituire il riscaldamento a gas naturale nelle case.

LA POSIZIONE DEGLI AMBIENTALISTI E DEGLI SCETTICI

Tuttavia, gli attivisti per il clima e alcuni scienziati avvertono che il potenziale dell’idrogeno pulito viene sovrastimato dalle compagnie del gas, che potrebbero rimanere con miliardi di euro di beni bloccati, se non individueranno un uso futuro per i loro gasdotti o la loro produzione.

Gli scettici sull’idrogeno mettono in dubbio anche l’economia del trasporto dell’idrogeno su lunghe distanze, e sostengono che l’energia rinnovabile dovrebbe essere utilizzata direttamente ove possibile, ad esempio per alimentare le pompe di calore nelle case e per i veicoli elettrici.

La produzione di idrogeno verde comporta un’immediata perdita di energia, per rompere il legame chimico tra ossigeno e idrogeno. “Quello che stiamo facendo è degradare quella energia elettrica fino all’idrogeno, a causa di grandi inefficienze”, ha affermato Tom Baxter, professore dell’Università di Strathclyde in Scozia e membro fondatore della Hydrogen Science Coalition, un gruppo di accademici e ingegneri che forniscono consulenza indipendente in materia. “Se guardiamo all’idrogeno al momento, in generale si produce idrogeno accanto a dove lo si vuole usare, perché trasportarlo è complicato, se ne perde molto ed è corrosivo”, ha spiegato Baxter.

IL CASO IBERDROLA E LE SFIDE PER IL FUTURO DELL’IDROGENO

Iberdrola è una delle maggiori aziende europee che sta lavorando sull’idrogeno verde. Jorge Palomar, direttore globale per lo sviluppo dell’idrogeno, ha affermato che un sistema di gasdotti europei per l’idrogeno “potrebbe essere una buona idea per il futuro”, ma che bisogna capire meglio per cosa l’idrogeno potrà essere utilizzato e dove. Secondo Palomar, nei casi in cui l’elettrificazione è possibile, gli interconnettori paneuropei (i cavi che esportano l’elettricità attraverso i confini) dovranno essere migliorati.

Nel frattempo, Iberdrola sta sostenendo la produzione di idrogeno verde vicino a dove è già utilizzato in una forma più sporca. L’idrogeno “grigio”, altamente inquinante e prodotto da combustibili fossili, è già ampiamente utilizzato nell’industria chimica e petrolchimica. Secondo Wilson, però, alcuni Paesi – come il Giappone – non possono permettersi il lusso di elettrizzare vaste aree delle loro economie: “le nostre decisioni sulle infrastrutture energetiche sono complicate e sempre basate sulla particolarità del luogo. Giappone e Corea, ad esempio, non hanno grandi dotazioni di capacità di energia rinnovabile, quindi non si può pensare di costruire molti parchi eolici e solari, perché la risorsa semplicemente non è presente nella scala richiesta. L’approccio efficiente dal punto di vista energetico, l’approccio economico e l’approccio a basse emissioni di carbonio è spedire l’idrogeno o l’ammoniaca su lunghe distanze, affinché il Giappone importi quell’energia”, ha concluso Wilson.

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