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Libia

Lo scontro tra i governi blocca il petrolio in Libia: perché l’Italia è preoccupata

Il primo ministro del governo dell’est, Osama Hamad, ha annunciato il blocco alla produzione e all’esportazione di greggio. Lo stallo sulla nomina del governatore della Banca centrale libica. Il prezzo dei barili sale a 81 dollari 

 Dalla Libia rischia di non arrivare più petrolio. Ad annunciare lo stop alla produzione di greggio nella quasi totalità dei giacimenti nella parte orientale del Paese, e all’esportazione in tutto il paese è stato il primo ministro del governo dell’est, Osama Hamad che risponde al generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, e non è riconosciuto dalla comunità internazionale. È singolare che l’annuncio non sia arrivato dalla National Oil Corporation (Noc), la compagnia di stato che gestisce il settore petrolifero.

IL BLOCCO DELL’ESTRAZIONE DI PETROLIO IN LIBIA 

Secondo quanto scrive Bloomberg, la produzione nel campo di El-Feel, nel sud-ovest della Libia, si è interrotta, inoltre, gli operatori locali hanno fatto sapere che smetteranno gradualmente di pompare greggio in tutto il territorio. Le ragioni del blocco hanno una dimensione regionale ma avranno ripercussioni internazionali. Come scrive Il Foglio, il blocco dell’estrazione è una pratica consueta in Libia a cui si ricorre, di solito, per migliorare le condizioni di lavoro. Questa volta le cose sono un po’ diverse. Attraverso il blocco al petrolio il Premier Hamad starebbe esercitando una ritorsione sul premier di Tripoli, Abdelhamid Dabaiba. L’obiettivo è lasciare i suoi uomini nel board della Banca centrale. Bisogna sottolineare, infatti, che la vendita del petrolio è gestita dalla Banca estera libica.

LO SBLOCCO DEL GREGGIO DELLA LIBIA PASSA DALLA BANCA CENTRALE 

Il governatore della Banca, Siddiq Kabir, supportato dal governo di Hamad, contesta il cambio nel board e l’ingresso di uomini di Dabaiba. In questa intricata vicenda c’è anche un altro attore: è Abdel Fattah Abdel Ghaffar, l’uomo scelto da Tripoli come nuovo direttore ad interim della Banca Centrale che, come riporta Il Foglio, “sta occupando l’istituzione più importante del paese senza avere legittimazione nazionale e internazionale e soprattutto senza l’autorità di esercitare alcun potere”. Gli uomini vicini a Dabaiba contestano a Kabir di aver gestito male le entrate petrolifere.

I BANCOMAT A SECCO IN LIBIA 

La traduzione pratica di queste tensioni consiste nello stallo del sistema bancario. La Banca centrane non accede al sistema di pagamenti internazionali Swift, i bancomat di molte banche commerciali sono a secco e la Banca centrale libica non può emettere lettere di credito e ricevere il denaro derivante dalla vendita del petrolio. Ma non solo. Il blocco della produzione ha fatto salire il prezzo del greggio a 81 dollari al barile e si temono ulteriori aumenti. Un problema per l’Europa, che assorbe circa il 50% del petrolio libiuco, ma soprattutto per l’Italia che ne percepisce la quota maggiore.

LE RELAZIONI TRA ITALIA E LIBIA 

A cessare le attività anche i giacimenti di gas di Wafa e di Bahr Essalam, sfruttati, assieme ai libici, da Eni. Il nostro paese ha relazioni di lunga data con il paese nordafricano che sono continuate anche dopo la caduta di Muammar Gheddafi. Il rovesciamento del dittatore nel 2011 fu sostenuto con forza dall’ex presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy e dal Premier inglese David Cameron. In quella guerra il nostro paese fu stato trascinato nonostante le iniziali, ma troppo deboli, richieste di cautela dell’allora Premier Silvio Berlusconi che con il leader libico era riuscito a costruire una difficile e instabile relazione personale e, di riflesso, diplomatica. A pesare furono le pressioni dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a rimanere unita agli altri paesi Nato e agli Stati Uniti.

Oggi la Libia è il primo fornitore di petrolio per l’Italia, anche grazie a una scoperta avvenuta ad aprile a ridosso del Golfo della Sirte, da parte della National Oil Corporation (Noc), l’ente petrolifero libico. È stata individuata una fonte capace di produrre fino a 470.000 piedi cubi al giorno di gas, e 626.000 barili di petrolio giornalieri.

L’INTERVENTO DELLE NAZIONI UNITE PER SBLOCCARE IL PETROLIO LIBICO 

Le Nazioni Unite e gli Stati Uniti stanno provando a sbloccare lo stallo della Banca centrale libica e le attività petrolifere nel Paese nordafricano. La missione di supporto dell’Onu in Libia, insieme all’ambasciata americana, ha espresso forte preoccupazione per il deterioramento della situazione e ha convocato una riunione d’emergenza di tutte le parti coinvolte nella crisi della Banca centrale libica per raggiungere un consenso fondato su accordi politici, leggi e sul principio di indipendenza della Banca centrale. Come spiega a “La Repubblica” Jalel Harchaoui, ricercatore al Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, “Dabaiba è riuscito a indebolire Kebir, ma questo non basta. Per centrare il proprio obiettivo, deve anche installare ai vertici della banca una nuova direzione a lui leale, capace di assicurare la gestione operativa della Bcl. Per il momento c’è solo una situazione di crisi, segnata dalla confusione e dall’incertezza”.

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