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Edison

Dalla scissione sul nucleare in Europa all’assenza di Salvini al vertice sull’Africa: cosa dicono i giornali

Sul rilancio di nuovi impianti di energia nucleare l’Europa è spaccata in due e sono diversi i Paesi che non credono alle potenzialità delle mini centrali. Nel frattempo – sul fronte Piano Mattei – il vicepremier leghista, Matteo Salvini, non ha confermato la presenza al summit “Italia-Africa. Un ponte per crescere assieme”. Ecco cosa dicono i quotidiani

Si torna a parlare ancora una volta di nucleare e, in particolare, di come l’Europa sia divisa sulla questione. Partendo dalla Francia – portabandiera degli investimenti nel nucleare – il supplemento economico del quotidiano La Repubblica, Affari&Finanza, oggi, evidenzia come il presidente Emmanuel Macron abbia ribadito la necessità per il Paese di costruire nuovi reattori nucleari e che l’obiettivo iniziale di sei è stato più che raddoppiato. «Per il 2050, abbiamo bisogno di otto reattori aggiuntivi – ha rivelato ai primi di gennaio la ministra per la Transizione energetica, Agnes Pennier-Runacher – per far uscire la Francia dalla dipendenza dei combustibili fossili che rappresentano oltre il 60% dell’energia che consumiamo».

Sul fronte Piano Mattei, cresce l’attesa per il vertice “Italia-Africa. Un ponte per crescere assieme” che andrà in scena a Roma domenica 28 gennaio e lunedì 29 gennaio. Ma, secondo quanto riporta oggi il quotidiano La Stampa, Matteo Salvini – salvo ripensamenti – non ci sarà. Il leader della Lega e vicepremier, infatti, sembrerebbe non aver confermato la sua presenza.

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NUCLEARE: L’EUROPA SPACCATA IN DUE

L’annuncio – scrive Affari&Finanza – “sta spaccando in due l’Europa più di quanto non lo sia già nei confronti dell’atomo: sono 12 su 27 i Paesi membri della Ue che ospitano centrali nucleari. La Francia è sicuramente il leader indiscusso con i suoi 19 impianti e 56 reattori. Sulla sponda opposta del fiume abbiamo come capofila tra chi ha deciso di voltare le spalle al nucleare la Germania, che anche nel pieno della crisi del gas russo ha confermato la scelta di puntare tutto sulle rinnovabili. In ciò seguita, di recente, dalla Spagna del premier socialista Pedro Sanchez, che a fine dicembre ha annunciato di voler chiudere progressivamente le sue cinque centrali nucleari, con data di fine vita il 2037″.

Anche l’Italia, da quando si è insediato il nuovo governo di destra guidato da Giorgia Meloni, è salita sul carro della “fusione” nucleare e – come spiega Affari&Finanza – conoscendo le difficoltà nella realizzazione in tempi brevi di grandi centrali nucleari, l’esecutivo punta sulla tecnologia dei piccoli reattori “modulari” (Smr), che possono più che dimezzare i tempo di realizzazione”. Il Sole 24 Ore, in merito, di recente ha anticipato uno studio presentato al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, da Edison (che può contare sulla controllante Edf), Ansaldo nucleare, Enea,Politecnico di Milano e Nomisma Energia. Secondo il documento “si potrebbero realizzare 15-20 mini centrali con apertura del primo cantiere nel 2030, da concludersi nel 2035, e da qui un nuovo reattore all’anno. L’operazione muoverebbe oltre 100 miliardi di giro d’affari (indotto compreso). Tutto a sostituire i combustibili fossili”, scrive Affari&Finanza.

COSA DICONO GLI ESPERTI

Ma, non tutti credono alle potenzialità delle mini centrali. Il perché  – scrive il supplemento economico del quotidiano La Repubblica, Affari&Finanza – lo spiega Michele Governatori, responsabile Elettricità&Gas del think tank indipendente Ecco: «Stiamo comunque parlando di una tecnologia che comporta tutti i problemi di sicurezza di una centrale a fissione nucleare e dello smaltimento delle scorie. E che, in ogni caso, è ancora a livello sperimentale. Molto meglio, dove le rinnovabili hanno già raggiunto una quota di primo piano nel mix energetico, investire nel loro sviluppo, unito alla realizzazione di batterie e sistemi di accumulo».

Inoltre, , la nuova centralità del nucleare in Italia è al centro anche di uno studio della società di consulenza EY, che A&F è in grado di anticipare. Il report pone l’accento sul “peso” delle centrali atomiche a livello globale e in particolare sul loro contributo nella lotta alle emissioni inquinanti. «L’energia nucleare, attualmente presente in 32 Paesi con una capacità totale di 413 GW, gioca un ruolo significativo nell’evitare 1,5 giga tonnellate di emissioni globali – si legge nel documento – e ridurre la domanda mondiale di gas di 180 miliardi di metri cubi all’anno. Questa energia è tra le risorse energetiche che possiede il più basso livello di emissioni di CO2, rendendola dunque fondamentale per il raggiungimento deglio biettivi dell’Accordo di Parigi».

Inoltre, secondo quanto riporta A&F, Paola Testa, che per EY ricopre il ruolo di Europe West Energy & Resources consulting leader, spiega che: «Sul nucleare, l’Europa – ch prevede di investire tra 350 3 450 miliardi in nuova capacità nucleare entro il 2050 – ha grandi potenzialità. Sia per contribuire agli obiettivi di riduzione delle emissioni, sia nella ricerca nelle nuove tecnologie. Nel primo caso perché abbiamo 12 Paesi in cui sono attivi reattori e la produzione di energia atomica contribuisce in maniera importante al mix energetico e, di conseguenza alla decarbonizzazione. E non dimentichiamo che, in vista del 2050, avremo bisogno di tutte le fonti non inquinanti: l’Europa lo può fare grazie ai suoi 100 reattori attivi e 97 gigawatt di produzione, grazie ai quali copre il 22 per cento del fabbisogno totale di energia. Perché bisogna uscire una volta per tutte dall’equivoco che le rinnovabili da sole possano soddisfare sia la richiesta di energia sia gli obiettivi di decarbonizzazione». Ma sarebbe sbagliato, soprattutto per l’Italia, impegnarsi ancora nella realizzazione di impianti tradizionali.

«Costruire grandi centrali nucleari, anche di ultima generazione, è diventato sempre più complesso. Inoltre, parliamo di opere che richiedono anche 10-15 anni, dal momento dell’annuncio, prima di entrare in servizio, tra tempi di autorizzazione, lavori e permessi. Penso, invece, che possano avere successo i piccoli reattori modulari – spiega ancora la manager di EY – che potrebbero soddisfare la richiesta di energia delle grandi industrie energivore. E in questo l’Italia potrebbe dare il suo contributo, perché ha le competenze e non è mai venuta meno la ricerca nel settore. Non basta che il governo si dica a favorevole a una ripresa della produzione nucleare, anche se rappresenta un segnale positivo: in Italia ci sono state svolte importanti quando la spinta è arrivata soprattutto da una forte volontà industriale, mettendo a fattor comune tutti i protagonisti della filiera» (…)”, scrive Affari&Finanza.

PIANO MATTEI: CRESCE L’ATTESA PER IL SUMMIT MA SALVINI NON CI SARA’

Domenica 28 gennaio e lunedì 29 gennaio, a seguito dei tanti rinvii, il tanto atteso vertice “Italia-Africa. Un ponte per crescere assieme” andrà finalmente in scena a Roma. Il quotidiano La Stampa, oggi, riprende la questione e spiega che “saranno i giorni del Piano Mattei, quelli in cui Giorgia Meloni svelerà quali saranno le linee guida, quali i settori su cui rilanciare la cooperazione tra i due continenti, e Matteo Salvini – salvo ripensamenti – non ci sarà. Il leader della Lega e vicepremier non ha confermato la sua presenza e al momento non è previsto. Così è stato comunicato a Palazzo Chigi”. Il quotidiano sottolinea, inoltre, che ha potuto verificare, esaminando una bozza del governo che in queste ore circola tra gli organizzatori, che Salvini viene indicato come «non confermato» per la sessione che si occuperà di Infrastrutture, campo di competenza del suo ministero”.

L’elenco degli ospiti, però, non è stato ancora chiuso. Infatti, secondo quanto riporta il quotidiano, “per ora hanno risposto positivamente all’invito tredici capi di Stato africani, sei capi di governo, tre ministri degli Esteri, quindici rappresentanti di Organizzazioni internazionali (le varie agenzie Onu e la Banca Mondiale)”:

Lunedì 29 gennaio si terranno i lavori veri e propri al Senato, dove – spiega La Stampa – “ci sarà prima una sessione plenaria di apertura, con la presidente del Consiglio, i vertici dell’Unione Africana e quelli dell’Unione Europea. Poi toccherà alle singole sessioni di cooperazione. E i ministri che hanno un interesse diretto nei vari capitoli del piano hanno già assicurato che ci saranno. Sono dati per certi Guido Crosetto (Difesa) e Matteo Piantedosi (Interno) che si occuperanno di «flussi migratori e terrorismo», Gilberto Pichetto Fratin per la transizione energetica e Francesco Lollobrigida per la sicurezza alimentare, i ministri Anna Maria Bernini, Giuseppe Valditara e Gennaro Sangiuliano per la sessione su «formazione professionale e promozione culturale», e ovviamente i titolari dell’Industria e dell’Economia Adolfo Urso e Giancarlo Giorgetti che avranno il potere di negoziare sugli investimenti, sui grandi affari che coinvolgeranno le aziende italiane. Tra questi, sicuramente le Infrastrutture”.

L’assenza di Salvini, secondo Fratelli d’Italia, non passerà inosservata e già adesso – riporta La Stampa –  “la motivazione che si dà è tutta politica, tutta proiettata al voto europeo di giugno, tutta interna alla competizione fratricida delle destre. Il sospetto degli alleati è che il leghista vorrebbe disertare per non entrare nella foto finale, dove Meloni sarà al centro e lui in posizione più defilata in un vertice che affronta l’enorme tema dell’immigrazione e dell’Africa con un approccio molto diverso da quello di Salvini e da quello che un tempo era anche della premier, quando Meloni era all’opposizione, prima essere travolta dalla realtà del governo. D’altronde la destra italiana è spezzata, divisa in alleanze diverse, e i migranti esasperano le contraddizioni e la sensazione di questo cortocircuito”.

 

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