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idrogeno a basse emissioni

Obiettivi climatici: la situazione (e le differenze) tra i Paesi del G20

Tra i Paesi del G20, Unione europea, Regno Unito, Cina, Brasile ed Australia sarebbero tutti classificati come “altamente insufficienti”, ovvero le loro politiche e i loro impegni non sono coerenti con il limite di aumento della temperatura di 1,5°C, se si tiene conto delle loro emissioni storiche
Nessun Paese del G20 ha adottato politiche coerenti con l’obiettivo dell’accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e di raggiungere la “giusta quota” di riduzione delle emissioni. La valutazione, basata sui dati fino al 5 dicembre forniti dal Climate Action Tracker, arriva mentre i leader si riuniscono a Dubai per la conferenza COP28, e valuta ogni Paese rispetto al suo contributo “equo” allo sforzo di ridurre le emissioni di gas serra. La stima del CAT considera fattori come le emissioni storiche dei Paesi a reddito più elevato, che potrebbero aumentare la loro responsabilità di agire e valuta anche questioni come la capacità economica e il costo del welfare.

GLI 8 PAESI DEL G20 “CRITICAMENTE INSUFFICIENTI”

Otto Paesi del G20 – Argentina, Corea del Sud, Arabia Saudita, Russia, Turchia, Canada, Messico e Indonesia – verrebbero tutti classificati come “criticamente insufficienti”, se si contabilizzassero solo la loro giusta quota di contributi. Ciò significa che le loro politiche e i loro impegni climatici riflettono un’azione minima o nulla e che, nel corso di questo secolo, porterebbero ad un riscaldamento di 4°C rispetto ai livelli preindustriali.

Anche se alcuni di questi Stati – come la Turchia e il Messico – hanno emissioni storiche così basse che i loro requisiti non sono rigorosi come quelli dei Paesi ad alto reddito, le loro previsioni sull’aumento delle emissioni future sono ancora troppo elevate, il che li fa rientrare nella categoria peggiore del Climate Action Tracker.

Per quanto riguarda l’Argentina, si prevede che le emissioni entro il 2030 saranno pari a 398 milioni di tonnellate, rispetto ad un limite di quota equa compatibile con 1,5°C di 191 milioni di tonnellate. Gli ambientalisti temono che il Paese sudamericano possa regredire ulteriormente dopo l’elezione, il mese scorso, del presidente di estrema destra Javier Milei, che ha definito il collasso climatico “una menzogna socialista”. Gli 11 negoziatori argentini inviati a Dubai per la COP28 sono rappresentanti del governo precedente, il che li rende delle anatre zoppe. Milei – che è un ammiratore di Donald Trump – ha indicato che probabilmente seguirà l’esempio di Trump e ritirerà l’Argentina dall’Accordo di Parigi.

Allo stesso modo, il livello di emissioni della Corea del Sud, pari a 654 milioni di tonnellate nel 2030, è significativamente superiore al limite di 235 milioni di tonnellate, in uno scenario di condivisione equa compatibile con 1,5°C.

tabella emissioni G20

LA SITUAZIONE DI UNIONE EUROPEA E REGNO UNITO

Unione europea, Regno Unito, Cina, Brasile ed Australia sarebbero tutti classificati come “altamente insufficienti”, il che significa che le loro politiche e i loro impegni non sono coerenti con il limite di aumento della temperatura di 1,5°C, se si tiene conto delle loro emissioni storiche.

Per essere coerente con l’obiettivo di 1,5°C il Regno Unito, in uno scenario di condivisione equa, dovrebbe avere emissioni negative nette di 152 milioni di tonnellate entro il 2030. Gli analisti hanno suggerito che, nel caso in cui non fosse possibile ottenere delle riduzioni così rigorose a livello nazionale, un Paese potrebbe compensare con misure come la finanza climatica per sostenere la riduzione delle emissioni in altri Stati.

Il Regno Unito è lontano da questo obiettivo, con emissioni previste pari a circa 367 milioni di tonnellate entro il 2030. La Cina è di gran lunga il più grande emettitore individuale nel G20, con le emissioni previste che nel 2026 raggiungeranno il picco di 14,3 miliardi di tonnellate.

IL CASO DEL BRASILE, CHE OSPIERA’ LA COP30

In Brasile, dopo quattro anni sotto la guida del presidente di destra Jair Bolsonaro, lo scorso anno è stato eletto presidente Lula, che ha promesso di ridurre la deforestazione e proteggere i diritti delle popolazioni indigene. La quantità di foreste abbattute è diminuita in modo significativo, ma il Brasile è ancora un importante produttore di combustibili fossili e ha un settore agricolo fortemente inquinante. La notizia che il Paese  è pronto ad allinearsi con il cartello petrolifero dell’OPEC è stata accolta con disappunto da molti attivisti.

Inoltre, a fine dicembre, il Brasile prevede di organizzare un’asta per i blocchi di trivellazione petrolifera in aree ecologicamente sensibili. Tuttavia, quest’anno ha migliorato i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni, dopo che erano diminuiti sotto l’amministrazione Bolsonaro. Infine, essendo il Paese che, nel 2025, ospiterà la COP30, Lula è sotto pressione poiché punta ad essere considerato un leader climatico.

STATI UNITI E INDIA SONO “INSUFFICIENTI”

Cinque Paesi del G20 – Stati Uniti, Giappone, Sud Africa, Germania e India – sarebbero tutti considerati “insufficienti” nell’analisi della giusta quota. La valutazione indica che, sebbene le politiche e gli impegni di questi Stati significhino che le loro emissioni probabilmente si stabilizzeranno o addirittura diminuiranno, è improbabile che diminuiscano ad un ritmo abbastanza rapido da prevenire un riscaldamento globale superiore a 1,5°C. Le emissioni di Indonesia e India dovrebbero aumentare, ma questo è in una certa misura giustificato dalla distribuzione equa delle quote.

Le emissioni previste per gli Stati Uniti nel 2030, pari ad oltre 5 miliardi di tonnellate, sono significativamente superiori agli 1,9 miliardi di tonnellate assegnate dagli analisti in base ad un modello di condivisione equa compatibile con l’1,5°C. Finora gli USA hanno raggiunto circa un terzo del loro obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2030, e hanno compiuto un importante passo avanti con l’Inflation Reduction Act del presidente Joe Biden, che tra le altre cose include investimenti nell’energia pulita.

Si teme però che la potenziale elezione di un presidente repubblicano, il prossimo anno, possa compromettere i progressi, ma c’è anche la speranza che questo investimento privato sia saldamente radicato e che sarà difficile da annullare completamente.

I DATI DELLA GERMANIA E IL COMMENTO DEI RICERCATORI DEL CLIMATE ACTION TRACKER

Come il Regno Unito, la Germania nel 2030 dovrebbe essere un assorbitore netto di emissioni– per un importo di 104 milioni di tonnellate – ma si prevede che a quella data emetterà 472 milioni di tonnellate. La valutazione classifica le politiche e gli impegni di diversi Paesi non appartenenti al G20 come compatibili con il riscaldamento globale di 1,5°C in uno scenario di condivisione equa, tra cui Etiopia, Kenya e Nigeria.

“Il mondo sta andando verso un disastroso riscaldamento di 3°C entro la fine del secolo. Si tratta di un miglioramento rispetto a 10 anni fa, ma resta drasticamente insufficiente per garantire un futuro vivibile alle prossime generazioni”, ha dichiarato Leonardo Nascimento, ricercatore del Climate Action Tracker, che ha aggiunto: “ridurre le emissioni globali al ritmo di cui abbiamo bisogno richiede una forte cooperazione internazionale e che tutti i Paesi, senza eccezioni, adottino politiche e obiettivi nazionali sempre più forti. Il momento di agire è adesso. Eventuali ulteriori ritardi nel miglioramento degli obiettivi e delle politiche intensificano il cambiamento climatico e aumentano gli sforzi per ridurre le emissioni in un secondo momento”.

Spiegando le classificazioni delle quote eque, un ricercatore del Climate Action Tracker ha affermato che “valutare ciò che è giusto dipende dal punto di vista e dagli interessi dei governi: molti ritengono giusto che chi ha dato un contributo maggiore al problema – o che ha una maggiore capacità di agire – faccia di più. Per creare le nostre gamme, abbiamo raccolto un’ampia gamma di prospettive su quello che è considerato un giusto contributo alla riduzione dei gas serra, i cosiddetti studi di condivisione degli sforzi”.

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