Advertisement Skip to content
Libia

Per la Libia una catastrofe il blocco del petrolio

Al Serraj, ha riconosciuto che la Libia potrebbe trovarsi di fronte a una “catastrofe se Haftar continuerà a bloccare il petrolio”, ma si rifiuta di aderire alle condizioni poste dal generale sulla redistribuzione degli introiti

Terminato il primo round di colloqui a Berlino, si guarda ora agli inizi di febbraio quando la capitale tedesca ospiterà di nuovo una seconda conferenza sulla Libia a livello di ministri degli Esteri, per trasformare il cessate il fuoco in armistizio. Ad affermarlo è stato il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, durante il suo intervento al Consiglio Affari esteri in corso a Bruxelles. Ma intanto tiene banco la questione petrolifera, vero e proprio atto di forza del generale Haftar.

SERRAJ: CATASTROFE SE CONTINUA BLOCCO PETROLIO

Il presidente del Governo di accordo nazionale libico, Fayez al Serraj, ha riconosciuto che la Libia potrebbe trovarsi di fronte a una “catastrofe se Haftar continuerà a bloccare il petrolio”, ha affermato alla Reuters, aggiungendo di rifiutarsi di aderire alle “condizioni poste da Haftar sulla redistribuzione degli introiti”. Bisgona considerare, infatti, che tutta la Libia, inclusa la zona controllata da Haftar fa affidamento sulle entrate petrolifere: secondo i dati del 2018, la rendita degli idrocarburi costituiva il 90% delle entrate statali.

GLI IMPIANTI BLOCCATI DA HAFTAR IN TUTTA LA MEZZALUNA DELL’EST

Prima della conferenza di Berlino Haftar aveva bloccato i terminal di greggio in tutta la mezzaluna petrolifera dell’Est, sotto il suo controllo (a Ras Lanuf, Brega, Sidra e Zueitina) convinto che i proventi della vendita di petrolio vadano a finanziare anche i combattenti esteri. Non è chiaro per quanto tempo andrà avanti il blocco-ricatto di Haftar, ma è già stato calcolato che farà scendere la produzione libica da 1,3 milioni a 500 mila di barili al giorno (bpd), con perdite stimate in 55 milioni di dollari al giorno, secondo la Noc. Il Corriere della Sera parlava “di una perdita secca di 800 mila barili al giorno” “quasi due miliardi di dollari al mese”.

BLOCCATI ANCHE I CAMPI DEL FEZZAN

Anche i campi più vicini all’interesse italiano, quelli di Shahara e El-Feel, nel Fezzan, “hanno dovuto ridurre la produzione, dopo che milizie tribali fedeli ad Haftar hanno preso possesso e chiuso l’oleodotto che porta al terminal di Zawiya, vicino a Tripoli. In questo modo l’intero export libico, che aveva toccato di recente 1,2 milioni di barili al giorno, rischia di essere bloccato nei prossimi giorni. Anche il giacimento offshore di Al-Wafa, fuori dalla portata del maresciallo, dovrà infatti ridurre la produzione per mancanza di sbocchi”, ha sottolineato lastampa.it. La serrata di Zawiya sulla costa del Mediterraneo, danneggia l’Italia in prima battuta visto che è il punto di arrivo dell’oleodotto che rifornisce la raffineria di Melliath, gestita dalla “MOG”, Mellitah Oil & Gas, la società in joint venture fra Noc (compagnia petrolifera nazionale della Libia) e l’Eni.

Secondo il Libya Observer Sharara ed El Feel producono insieme una parte considerevole della produzione totale della Libia, con la sola Sharara in grado di pompare 200.000 bpd. Il fatto che la produzione di petrolio nel giacimento libico di El Feel sia stata parzialmente ridotta lo ha confermato all’Adnkronos un portavoce dell’Eni parlando della chiusura forzata di una valvola adiacente alla stazione di Hamada, lungo l’oleodotto di El Feel-Mellitah complex.

LA SFIDA DI HAFTAR A SERRAJ

Al Jazeera ha invece chiarito che i terminal e i campi sono stati sequestrati come una sfida alla GNA, che Haftar sta combattendo da diversi mesi con l’obiettivo finale di rimuovere il governo Sarraj e unificare la Libia. “Il comando generale di Haftar e la guardia delle strutture petrolifere delle regioni centrali e orientali hanno incaricato le gestioni di Sirte Oil Company, Harouge Oil Operations, Waha Oil Company, Zueitina Oil Company e Arab Gulf Oil Company (AGOCO), filiali della National Oil Corporation di fermare le esportazioni di petrolio dai porti di Brega, Ras Lanuf, Hariga, Zueitina e Sidra”, ha dichiarato una nota della compagnia secondo quanto riportato dal Libya Observer.

OTTIMISMO CAUTO DI SERRAJ

Tuttavia, per il momento, non si sa quando si avranno novità sulla riapertura dei pozzi: “Abbiamo un ottimismo” solo “cauto dopo la conferenza di Berlino, perché la controparte non rispetta” gli impegni e “non abbiamo un vero partner per avanzare in un processo di pace in Libia”, ha scritto al-Jazeera su Twitter sintetizzando dichiarazioni fatte alla tv qatariota dal premier al-Sarraj in riferimento al generale Haftar.

PETROLIO A 66 DOLLARI A BARILE

Lo stop all’export libico ha avuto inevitabili ripercussioni sui prezzi del Brent che sono saliti fino a toccare i 65,94 dollari al barle, per poi ripiegare a quota 65,13 dollari. Il Wti è salito invece dell’1,06%, a 59,16 dollari al barile per poi assestarsi sui 58,61 dollari a barile.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

Torna su