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Big Oil

Perché nel 2023 i profitti delle grandi major petrolifere sono crollati

Lo scorso anno i profitti combinati delle Big Oil sono stati pari a circa 107,5 miliardi di dollari, in calo di circa un terzo rispetto al loro incredibile 2022

Le grandi major petrolifere nel 2022 hanno vissuto un anno finanziario da record, guadagnando più soldi di quanto non abbiano mai fatto grazie al rally dei prezzi del petrolio e del gas innescato dalla guerra della Russia in Ucraina. Poi i prezzi sono scesi.

Nel 2023 le società hanno registrato invece profitti minori, anche se in termini assoluti le cifre sono state comunque notevoli. Lo scorso anno i profitti combinati delle Big Oil sono stati pari a circa 107,5 miliardi di dollari, in calo di circa un terzo rispetto al loro incredibile 2022. Tuttavia, le cifre sono rimaste piuttosto elevate.

Alcune major hanno superato le aspettative degli analisti per i profitti del 2023 e una di queste, TotalEnergies, ha fatto addirittura meglio nel 2023 che nel 2022, in controtendenza rispetto al trend generale di normalizzazione dei profitti a seguito del riequilibrio dei prezzi.

I PROFITTI DI BP, SHELL, EXXON E CHEVRON

BP, ad esempio, nel 2023 ha registrato un profitto di 13,83 miliardi di dollari, sostanzialmente inferiore ai 27,65 miliardi del 2022, ma comunque superiore alle aspettative degli analisti. BP ha poi affermato che avrebbe riacquistato ancora più azioni per premiare gli azionisti.

Un’altra supermajor europea, Shell, lo scorso anno ha riportato profitti per 28,25 miliardi di dollari, un calo sostanziale rispetto all’utile netto del 2022 di 39,9 miliardi di dollari, ma anch’essa ha superato le aspettative degli analisti, che erano pessimistiche.

Stesso discorso per le statunitensi Exxon e Chevron, con i prezzi internazionali del petrolio e del gas che sono scesi dai loro massimi storici e, nel corso dell’anno, la sicurezza dell’approvvigionamento è migliorata. Con 36 miliardi di dollari, nel 2023 Exxon ha riportato il suo secondo profitto più alto mai registrato, mentre Chevron ha registrato un utile di 21,37 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 35,46 miliardi del 2022, ma comunque abbastanza elevato da consentire alla società di acquistare l’azienda Hess, in una delle più grandi operazioni M&A dell’anno.

IL CALO DEI PROFITTI DI ENI

E in Italia? Di recente Eni ha comunicato i conti relativi allo scorso anno, spiegando di aver chiuso il 2023 “con una volatilità dello scenario caratterizzato dalla flessione dei prezzi del petrolio Brent e del gas” e ha registrato un calo dell’utile netto del 66% (4,74 miliardi di euro) e del 38% dell’utile netto adjusted a 8,3 miliardi.

Nel quarto trimestre 2023 l’utile netto adjusted di competenza degli azionisti di Eni è stato di 1,64 miliardi e l’utile netto è sceso da 627 a 149 milioni (-76%). Per l’ad Claudio Descalzi, lo scorso anno “è stato un altro anno di eccellenti risultati, nonostante uno scenario incerto e volatile. La generazione di cassa operativa con 16,5 miliardi su base adjusted prima dell’assorbimento del circolante ha assicurato un significativo surplus, in aggiunta al sostanziale ritorno di cassa agli azionisti di 4,8 miliardi, mantenendo un rapporto di indebitamento di 0,2”.Va però sottolineato il calo degli utili è dovuto all’anno finanziario record 2022 causato dagli alti costi dell’energia per via della guerra in Ucraina, non alle performance delle aziende del gruppo.

IL BOOM DI TOTALENERGIES E L’IMPORTANZA DEL CORE BUSINESS

C’è infine l’anomalia TotalEnergies che, come dicevamo, nel 2023 è riuscita a far registrare un profitto ancora più alto di quello del 2022. La società lo scorso anno ha registrato profitti per 21,4 miliardi di dollari, il 4% in più rispetto al risultato netto dell’anno precedente.

Il motivo del rialzo – scrive Irina Slav su Oilprice  – è stata la forte performance dei business GNL ed elettricità. Inoltre, la società non aveva le tasse che dovette pagare nel 2022 a seguito del suo ritiro dalla Russia.

Il calo dei profitti non è stata una sorpresa. Dal momento che il petrolio e il gas sono dei settori ciclici, questi cali, dopo un anno di picco nel ciclo, sono degli eventi normali. La differenza stavolta è altrove. La crisi del 2022 sembra aver ricordato a tutte le supermajor che il loro core business è più forte che mai, e che potrebbe essere una buona idea impegnarsi per farlo crescere, anziché diversificare.

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