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Big Oil Produzione Petrolio

Perché il calo di produzione di petrolio di Big Oil è una cattiva notizia per (quasi) tutti

Secondo gli analisti, la produzione di petrolio delle supermajor nei prossimi anni potrebbe restringersi, soprattutto dopo la loro uscita dalla Russia e una generale carenza di nuove opportunità di scoperte

Le ultime due settimane hanno visto un’altra forte performance trimestrale per Big Oil, nonostante il sostanziale calo degli utili, seguendo la traiettoria dei pezzi di petrolio dallo scorso anno. Ancora una volta, le supermajor e i grandi produttori indipendenti hanno scommesso sui rendimenti per gli azionisti, piuttosto che sulla crescita della produzione, attenendosi al loro nuovo approccio post-pandemico, a metà transizione.

LE PREOCCUPAZIONI DEGLI ANALISTI

Fino ad ora, questo approccio è stato ampiamente elogiato dai media e dagli analisti. Ora sembra che la restrizione abbia iniziato a suscitare qualche preoccupazione. E forse è ora che lo faccia. Kevin Crowley di Bloomberg questa settimana ha riferito che Exxon, Chevron, BP, Shell e TotalEnergies insieme nel secondo trimestre 2023 hanno prodotto 11,6 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno, un tasso di produzione più basso per Big Oil in almeno 15 anni e un quinto inferiore al tasso di produzione del 2010.

I DATI SULLA PRODUZIONE DI PETROLIO DI ENI

Per quanto riguarda l’Italia, nel secondo trimestre 2023 la produzione di idrocarburi è stata in media di 1,61 mln di boe/g (1,63 mln di boe/g nel primo semestre 2023), in aumento del 2% rispetto al secondo trimestre 22 (+1% rispetto al primo semestre 22). La produzione è stata sostenuta dal ramp-up in Mozambico e Messico, dalla maggiore attività in Algeria e in Kazakistan, oltre che in Indonesia e Iraq.

Questi aumenti sono stati compensati dalle attività di manutenzione programmata, in particolare in Libia, e dalla minore produzione dovuta al declino dei giacimenti maturi. Nel confronto sequenziale, i fattori stagionali hanno pesato maggiormente, determinando un calo del 3%.

Nel secondo trimestre di quest’anno la produzione di petrolio è stata di 757 mila barili/giorno, con un aumento del 2% rispetto al secondo trimestre 2022. La crescita della produzione in Messico, Kazakistan e Iraq è stata compensata dalle fermate programmate e dal declino dei campi maturi.

La conclusione dei fatti di cui sopra – scrive Irina Slav su Oilprice – potrebbe creare confusione, considerati i numerosi reportage di Bloomberg sui cambiamenti climatici e il successo della transizione energetica. Eppure, i fatti sono che petrolio e gas sono ancora consumati su vasta scala a livello globale. E, se si producono meno petrolio e gas, questa è una cattiva notizia per quasi tutti.

IL CAMBIO DI ROTTA DI BP E SHELL SUI LORO PIANI NET ZERO

BP e Shell quest’anno hanno fatto entrambe una sorta di inversione a U sui loro impegni net zero. Entrambe le società in precedenza avevano fissato degli obiettivi estremamente ambiziosi, tra cui dei considerevoli tagli alla produzione di petrolio e gas, ma ora hanno segnalato un ritiro dal net zero e una maggiore attenzione a petrolio e gas.

“È fondamentale evitare di smantellare l’attuale sistema energetico più velocemente di quanto siamo in grado di costruire il sistema energetico pulito del futuro”, ha dichiarato all’inizio del 2023 il nuovo ad di Shell, Wael Sawan. La dichiarazione accompagna l’impegno a continuare ad investire in petrolio e gas, mantenere la produzione di petrolio e aumentare la produzione di gas.

L’ad di BP, Bernard Looney, a febbraio ha rilasciato una dichiarazione simile, quando la società registrò profitti record per il 2022, sostenuti dagli shock dei prezzi di petrolio e gas. Alla presentazione dei risultati aziendali, Looney disse che BP aveva rivisto al ribasso i suoi obiettivi di riduzione della produzione di petrolio e gas per il 2030, dal 40% al 25%.

Data la precedente attenzione esclusiva di Looney sulla crescita in aree come l’energia eolica, il solare e le ricariche dei veicoli elettrici e il ridimensionamento del core business di BP affinché abbracciasse la transizione energetica, l’obiettivo rivisto segna un significativo allontanamento dai precedenti impegni.

NESSUN AUMENTO DELLA PRODUZIONE DI PETROLIO

Eppure, nessuna di queste due supermajor ha in programma di incrementare la propria produzione di petrolio. Ciò dovrebbe preoccupare gli investitori e i consumatori abituali di energia, perché i piani di crescita della produzione di Chevron ed Exxon sono modesti e si concentrano quasi interamente sul Bacino Permiano. In altre parole, non possono compensare i tagli alla produzione di BP e la stagnazione di Shell.

Il rally dei prezzi degli idrocarburi dello scorso anno ha dimostrato che ci vogliono uno o due profitti record per convincere le supermajor che forse non hanno bisogno di puntare tutto sulla transizione energetica. I prezzi ancora forti di quest’anno potrebbero rafforzare questa convinzione. E, naturalmente, c’è anche TotalEnergies che ha firmato un accordo multimiliardario con l’Iraq per lo sviluppo di nuovi giacimenti petroliferi.

LE PREVISIONI SULL’OFFERTA DI PETROLIO NEI PROSSIMI ANNI

Big Oil non rinuncia a petrolio e gas. Eppure è molto più cauta riguardo alla crescita della produzione, e probabilmente resterà cauta in mezzo a tutte le pressioni degli investitori attivisti, del governo e degli attivisti. Ciò significa che l’offerta delle supermajor nei prossimi anni potrebbe restringersi, soprattutto dopo la loro uscita dalla Russia e una generale carenza di nuove opportunità di scoperte. Crowley di Bloomberg ha osservato che il calo della produzione è stato, in parte, il risultato di questa uscita e delle vendite di asset.

Il fatto è che, come ha detto lo stesso Crowley, “le aziende non possono scoprire un’altra Guyana ogni anno”. Il problema più grande, tuttavia, è che le compagnie sembrano riluttanti persino a provare a scoprire un’altra Guyana a causa di tutti i discorsi sul picco della domanda di petrolio e sul trionfo della transizione energetica.

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