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Germania nucleare

Perché la Germania ultraverde ha voltato le spalle al nucleare

Un sondaggio del 2022 ha rilevato che la maggioranza degli intervistati sarebbe favorevole a prolungare la vita degli impianti nucleari esistenti, sebbene la maggioranza sia ancora contraria alla costruzione di nuove centrali

All’inizio di questa primavera, il governo tedesco ha chiuso le 3 centrali nucleari rimanenti del Paese, le ultime vestigia di quella che un tempo era una grande flotta nazionale. Sebbene non tutti in Germania abbiano sostenuto le chiusure, molti – in particolare i sostenitori dei Verdi, uno dei partiti politici incentrati sull’ambiente più forti e potenti del mondo – hanno visto l’evento come il felice culmine di una battaglia decennale per liberare la Germania dall’energia nucleare. “Stiamo entrando in una nuova era della produzione di energia”, ha dichiarato Steffi Lemke, membro dei Verdi e ministro tedesco per l’Ambiente e la sicurezza nucleare, in un’intervista alla CNN dopo la chiusura degli impianti.

L’energia nucleare è un argomento controverso nella maggior parte dei luoghi, ma la Germania è nota per la sua storica antipatia nei confronti della tecnologia. “Il sentimento anti-nucleare in Germania è diffuso e di lunga data, ed è fortemente correlato alla preoccupazione per il cambiamento climatico”, ha spiegato Pushker Kharecha, vicedirettore del Climate Science, Awareness and Solutions Program presso l’Earth Institute della Columbia University.

DALLA CHIUSURA DELLE CENTRALI NUCLEARI AL RITORNO AL CARBONE

Ciò che è più difficile da comprendere è che, mentre la Germania stava finalizzando i suoi piani per chiudere le rimanenti centrali nucleari, stava anche riattivando le vecchie centrali elettriche a carbone, estraendo più lignite e in generale aumentando l’uso di combustibili fossili per far fronte alle carenze energetiche causate dalla guerra in Ucraina. Secondo i dati dell’Ufficio federale tedesco di statistica, nel 2022 un terzo dell’elettricità tedesca è stata generata dal carbone. Ciò rappresenta un aumento dell’8% rispetto al 2021. Nel frattempo, nello stesso periodo l’uso di elettricità generata dal nucleare è diminuito di quasi il 50%.

Pur essendo una sostenitrice del cambiamento climatico, Greta Thunberg ha sostenuto pubblicamente che, per il bene del pianeta, la Germania dovrebbe dare la priorità all’uso delle sue strutture nucleari esistenti, rispetto alla combustione del carbone. Eppure questo non è ciò che è avvenuto, e ci sono state relativamente poche proteste pubbliche sull’aumento dell’uso dell’energia generata dal carbone per affrontare i deficit tedeschi.

Ma perché un Paese che si distingue per la sua fede ambientalista – dove la realtà del cambiamento climatico e la spinta per le fonti rinnovabili è stata abbracciata da tutti i principali partiti politici – dovrebbe scegliere il carbone anziché il nucleare, nel bel mezzo di una crisi energetica?

IL COMPLICATO RAPPORTO DELLA GERMANIA CON IL NUCLEARE

Friburgo è una città universitaria nel sud-ovest della Germania che è una delle regioni più verdi del Paese, sia letteralmente che politicamente. Si trova all’estremità occidentale della Foresta Nera ed è una delle città più eco-consapevoli d’Europa. I Verdi rappresentano il sindaco e il più grande blocco del consiglio municipale di Friburgo. Per un visitatore americano – scrive Markham Heid su Vox – Friburgo ricorda Berkeley o Santa Cruz, una di quelle lussureggianti città universitarie della California settentrionale dove un gran numero di persone va in bicicletta, indossa Birkenstock tutto l’anno e considera il cambiamento climatico come il fattore più importante quando va a votare. Alla fine del 2021, a Friburgo 12.000 persone hanno marciato per le strade a sostegno dell’azione per il clima.

La connotazione antinucleare della popolazione locale è evidente ovunque: volantini e graffiti in giro per la città sostengono un futuro senza energia nucleare. Anche Chantal Kopf, membro dei Verdi di Friburgo e anche del Bundestag, ha sollevato lo spettro di un disastro nucleare: “come Verdi, abbiamo sempre avuto nella nostra tradizione una prospettiva più critica sulla capacità degli esseri umani di controllare ogni circostanza, e abbiamo già visto incidenti davvero catastrofici”, ha spiegato.

L’EREDITÀ DI CHERNOBYL PER LA GERMANIA

Il disastro di Chernobyl ha affascinato e inorridito molti americani ma, mentre gli Stati Uniti rabbrividirono, i tedeschi subirono direttamente le conseguenze del disastro. Non era solo una questione di latte contaminato; le particelle radioattive si sono spostate su gran parte del paesaggio tedesco. Le sandbox erano soprannominate “scatole della morte”. La contaminazione ha colpito la carne, la verdura, la frutta e gli alimenti prodotti in tutta la Germania, e i genitori spaventati non sapevano cosa dare da mangiare ai propri figli.

Alcuni esperti avevano stimato che centinaia di migliaia di persone nel continente alla fine avrebbero sviluppato dei tumori correlati a Chernobyl. Questo non è avvenuto, ma delle recenti analisi del governo sui funghi selvatici tedeschi hanno rilevato che il 95% dei campioni conteneva ancora contaminazione radioattiva da Chernobyl, e anche il residuo di quel disastro è penetrato profondamente nelle opinioni dei cittadini tedeschi sul nucleare.

“Chernobyl era molto più grande e più vicina a casa per i tedeschi di qualsiasi cosa gli americani abbiano sperimentato, una minaccia che la Germania ha vissuto sulla sua pelle”, ha affermato Sarah Wiliarty, professore associato alla Wesleyan University, nel Connecticut. Wiliarty ha pubblicato dei lavori sulla storia dell’industria nucleare tedesca: secondo lei il movimento antinucleare del Paese è emerso, insieme al movimento ambientalista, negli Anni 70, e Chernobyl ha contribuito a saldare insieme i due eventi. Mentre in Germania il sostegno generale per il nucleare è diminuito e fluito nel corso degli anni, il partito dei Verdi non ha mai vacillato nell’opporvisi. Senza contare che un altro disastro più recente ha contribuito ad allineare il resto del Paese dietro l’agenda anti-nucleare dei Verdi.

IL POST FUKUSHIMA

Almeno per gli standard americani, i Paesi europei sono piccoli e ammassati l’uno contro l’altro, e le calamità che colpiscono un Paese hanno spesso ripercussioni su quelli vicini. All’inizio del conflitto in Ucraina, molti tedeschi temevano che i combattimenti avrebbero raggiunto presto i loro confini. Timori simili sono emersi ogni volta che i combattimenti hanno infuriato vicino ad uno degli impianti nucleari ucraini, tra cui Zaporizhzhia, la più grande centrale atomica d’Europa. La distruzione, il 6 giugno, della diga di Kakhovka – che è l’ultima fonte di acqua di raffreddamento dell’impianto – ha sollevato nuovi timori di un possibile disastro nucleare.

Oltre un decennio fa, proprio un evento così drammatico indusse la Germania ad abbandonare la sua industria nucleare. Nel marzo 2011, un violento terremoto e il conseguente maremoto provocarono la fusione di 3 reattori nucleari della centrale giapponese di Fukushima Daiichi. Appena 3 giorni dopo quel disastro, la cancelliera tedesca Angela Merkel e la coalizione di governo bipartitica tedesca – che fino a quel momento aveva sostenuto l’uso continuato del nucleare – ordinarono la chiusura immediata di 8 delle 17 centrali nucleari del Paese. Pochi mesi dopo, il Parlamento tedesco approvò, a larga maggioranza, l’eliminazione totale dell’industria nucleare tedesca entro la fine del 2022. Tutto ciò ha contribuito ad accelerare il passaggio della Germania alle energie rinnovabili (eolico e solare), che ora generano circa la metà dell’elettricità del Paese.

Tuttavia, sarebbe esagerato affermare che tutti i tedeschi sono antinucleari. Soprattutto da quando la guerra in Ucraina ha indebolito la stabilità energetica del Paese e fatto impennare i prezzi dell’energia, l’ala pro-nucleare della Germania ha guadagnato sostegno. Un sondaggio del 2022 ha rilevato che la maggioranza degli intervistati sarebbe favorevole a prolungare la vita degli impianti nucleari esistenti, sebbene la maggioranza sia ancora contraria alla costruzione di nuove centrali. In molti luoghi, non solo in Germania, questo è un punto significativo di dibattito e divisione. Usare gli impianti nucleari che già si possiedono è una cosa, costruirne di nuovi è un’altra.

IL NUCLEARE HA SENSO (PER LA GERMANIA O PER GLI ALTRI PAESI)?

Ci sono alcune motivazioni incontestabili per opporsi all’energia nucleare: innanzitutto c’è il rischio di un incidente catastrofico, e anche il problema dello stoccaggio o dello smaltimento delle scorie. “Dal nostro punto di vista, non è giusto dire che il nucleare è una tecnologia sostenibile – afferma Kopf, dei Verdi – Serve l’uranio, che non viene estratto in modo ecologico, e non esiste una vera soluzione per le scorie nucleari”.

Tuttavia, quando si fanno dei compromessi energetici, questi rischi devono essere bilanciati con i danni associati all’uso di fonti energetiche non nucleari, come l’inquinamento atmosferico e le emissioni di CO2 prodotte dai combustibili fossili. Secondo le stime di Our World in Data, il nucleare è più pulito e più sicuro di qualsiasi fonte di energia, a parte il solare. Il numero di decessi causati da incidenti o inquinamento atmosferico dovuti all’energia nucleare è stimato in appena 0,03 morti per terawattora di energia prodotta. Questo è molto, molto al di sotto dei 18 morti e dei 25 morti per terawattora associati rispettivamente alle fonti di petrolio e carbone.

L’Environmental Performance Index (EPI) della Yale University classifica i Paesi del mondo in base ai loro cambiamenti climatici misurabili, come le emissioni di gas serra. La Germania ora si colloca al 14esimo posto, subito prima degli Stati Uniti. Sebbene una classifica tra i primi 15 sia abbastanza soddisfacente, quasi tutti gli altri Paesi vicini alla parte superiore dell’indice hanno migliorato il proprio punteggio EPI nell’ultimo decennio. Il punteggio della Germania, d’altra parte, è diminuito, e ciò è dovuto principalmente alle emissioni di CO2, NO2 e altri combustibili fossili del Paese. La Germania ha la terza rete elettrica più “ad alta intensità di carbonio” tra i Paesi europei e, secondo alcune stime, la quantità di anidride carbonica che emette per generare elettricità è più alta di molti dei suoi vicini.

Queste emissioni danneggiano il pianeta, ma sono anche dannose per le persone. “Perseguendo la sua completa politica di eliminazione graduale del nucleare negli ultimi 10 anni, pur continuando ad utilizzare pesantemente i combustibili fossili, la Germania ha perso l’opportunità di prevenire migliaia di morti premature indotte dall’inquinamento atmosferico”, ha affermato Kharecha, della Columbia University.

Inoltre, le centrali nucleari hanno una durata di vita limitata, ed estenderla richiede investimenti significativi sia in termini di denaro che di tempo, oltre a comportare rischi crescenti. Secondo Schreurs, professore dell’Università tecnica di Monaco, pochissimi Paesi occidentali, anche pro-nucleari, sono riusciti a costruire nuove centrali negli ultimi anni. Quelli che ci hanno provato – ad esempio la centrale elettrica di Hinkley Point nel Regno Unito, ancora in corso – hanno subito notevoli ritardi e massicci sforamenti di budget. “I costi iniziali del nucleare sono immensi e il tempo per costruire nuovi impianti in media è di circa 10 anni. Se parliamo di costruire nuove strutture per ridurre rapidamente le emissioni, è difficile sostenere il nucleare rispetto alle rinnovabili”.

Inoltre, nel 2022 più della metà dei reattori nucleari francesi sono stati chiusi inaspettatamente per motivi di manutenzione, e la Francia ha dovuto fare affidamento sulle importazioni di energia tedesche per far fronte alle proprie carenze. Schreurs evidenzia questi problemi come prova che anche il nucleare può essere inaffidabile.

QUALE FUTURO PER LA GERMANIA?

L’allontanamento della Germania dal nucleare e verso le rinnovabili l’ha costretta a fare affidamento sui combustibili fossili. I fautori di questa strategia affermano che questa dipendenza è temporanea: un compromesso di breve durata che, a lungo termine, consentirà a Berlino di alimentarsi in modo economico, sicuro e sostenibile. Alcuni senza dubbio si faranno beffe di questo argomento. Negli Stati Uniti, molti considerano ancora il solare, l’eolico e altre fonti rinnovabili come fonti energetiche inaffidabili, che non possono gestire l’industria elettrica di un Paese. Alcuni osservatori americani, però, affermano che la visione tedesca del potenziale delle rinnovabili potrebbe essere più vicina alla realtà.

“Quando, nel 2000, la Germania si allontanò per la prima volta dal nucleare e ha dato la priorità alle energie rinnovabili, molte persone dissero che era folle, ma hanno avuto molto più successo di quanto molti si aspettassero”, afferma Wiliarty di Wesleyan. “Penso che arrivare ad un punto in cui non usano combustibili nucleari o fossili sia realistico. La domanda è: quanto tempo ci vorrà?”.

Il grande dibattito sull’energia nucleare non mancherà di infuriare, sia in terra tedesca che negli Stati Uniti. Alla fine, la lezione che altri Paesi potrebbero trarre dalla Germania è che l’abbandono del nucleare a favore di energie rinnovabili più sicure e più verdi è possibile, ma comporta degli scomodi compromessi. Richiede anche volontà politica e ampio sostegno pubblico. Per gran parte degli ultimi 20 anni, la Germania ha avuto entrambi. Il fatto che sia in grado di sostenerli probabilmente determinerà quanto successo avrà e quanto velocemente questo arriverà.

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