In un rapporto intitolato “CCUS: previsioni di mercato a 10 anni”, Wood Mackenzie prevede che quasi la metà degli investimenti nella cattura e stoccaggio del carbonio a livello globale nel prossimo decennio sarà destinata alla cattura di CO2
Entro il 2034, il mondo avrà sviluppato una capacità di cattura del carbonio di 440 milioni di tonnellate all’anno (Mtpa) mentre la capacità di stoccaggio raggiungerà 664 Mtpa, richiedendo 196 miliardi di dollari di investimenti totali. È quanto prevede il fornitore globale di dati e analisi sull’energia Wood Mackenzie.
IL RAPPORTO DI WOOD MACKENZIE
In un rapporto intitolato “CCUS: previsioni di mercato a 10 anni”, WoodMac prevede che quasi la metà degli investimenti nella CCUS (Carbon Capture, Utilization & Storage) a livello globale nel prossimo decennio sarà destinata alla cattura di CO2, mentre i restanti 53 miliardi di dollari saranno destinati ai trasporti e all’energia e 43 miliardi di dollari per lo stoccaggio. Gli esperti energetici stimano che il sostegno pubblico nei Paesi chiave attualmente sia pari a 80 miliardi di dollari, di cui la metà è rappresentata dagli Stati Uniti, seguiti dal Regno Unito con il 33% e dal Canada con il 10%.
“Si tratta di un enorme passo in avanti rispetto al punto in cui si trova oggi il settore. I finanziamenti governativi svolgono un ruolo fondamentale nel guidare la prima ondata di investimenti CCUS. Vediamo i governi offrire sovvenzioni in conto capitale, sussidi opex, incentivi fiscali e contratti per differenze per la CCUS. Anche se non è stato utilizzato un unico meccanismo e ogni Paese escogita nuovi metodi per incentivare gli investimenti, quasi 80 miliardi di dollari sono direttamente impegnati nella CCUS in cinque Paesi chiave”, ha affermato Hetal Gandhi, responsabile CCUS APAC di Wood Mackenzie.
LA CATTURA DEL CARBONIO NEGLI USA E IN EUROPA
Secondo WoodMac, la CCUS sta ricevendo un forte sostegno da parte dei governi degli Stati Uniti e dell’Europa, mentre l’APAC (Asia-Pacifico) è in ritardo. Nonostante il grande aumento previsto dei progetti, WoodMac prevede una capacità di cattura del carbonio di 440 Mtpa entro il 2034, non riuscendo a soddisfare la domanda industriale di 640 Mtpa. Tuttavia, gli analisti hanno previsto che quasi l’80% della capacità di stoccaggio pianificata di 664 Mtpa sarà disponibile entro il 2030.
Nel frattempo, i governi di tutto il mondo e il settore privato dovranno fare molto di più, se la CCUS vuole salvare il pianeta dai problemi climatici che sta vivendo. In un rapporto pubblicato nel 2023, McKinsey & Company ha stimato che il mondo dovrà catturare almeno 4,2 gigatonnellate di CO2 all’anno (GTPA) per raggiungere gli impegni sulle zero emissioni nette entro il 2050. Si tratta di una quota 120 volte superiore all’attuale capacità annuale totale – circa 45 Mt di CO2 entro il 2050 – disponibile a livello globale nelle 35 strutture commerciali CCUS.
LA CATTURA DEL CARBONIO NELLA PRODUZIONE DI PETROLIO
L’amministrazione Biden – scrive su Oilprice Alex Kimani – è stata una forte sostenitrice della CCUS. Lo scorso anno il Dipartimento dell’Energia USA ha annunciato fino a 1,2 miliardi di dollari per promuovere lo sviluppo di due impianti di cattura diretta dell’aria su scala commerciale in Texas e Louisiana. Secondo il DoE, questi progetti insieme dovrebbero rimuovere più di 2 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 ogni anno dall’atmosfera, una quantità equivalente alle emissioni annuali di circa 445.000 auto a benzina.
I governi del Canada e dell’Alberta stanno accordando più di 15,3 miliardi di dollari in crediti d’imposta ai maggiori produttori di sabbie bituminose del Paese per progetti CCS. Il Canada non è solo: il governo britannico promette 20 miliardi di sterline in sussidi CCS, mentre i produttori statunitensi di petrolio e gas possono ottenere un credito d’imposta di 85 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica che seppelliscono in formazioni geologiche sotterranee.
IL RUOLO DEL SETTORE PRIVATO
Anche il settore privato sta iniziando ad attivarsi: negli ultimi anni, le grandi compagnie petrolifere hanno investito molto nella tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio, apparentemente per compensare le emissioni di CO2 delle materie prime energetiche che producono.
Exxon Mobil ha creato un segmento di business Low Carbon Solutions focalizzato sull’innovazione dei carburanti a basse emissioni di prossima generazione, supportato dal suo segmento di cattura del carbonio. Nel 2023 Exxon ha acquisito l’azienda Denbury, in una transazione interamente azionaria del valore di 4,9 miliardi di dollari. Denbury ricicla la CO2 attraverso le sue operazioni EOR (Enhanced Oil Recovery) e la utilizza per produrre Blue Oil ecologico e ad emissioni di carbonio negative. La società possiede la più grande rete di gasdotti di CO2 negli Stati Uniti, con una lunghezza di 1.300 miglia, incluse quasi 925 miglia di gasdotti di CO2 in Louisiana, Texas e Mississippi, oltre a 10 siti di sequestro sulla terraferma.
Nello stesso anno, Exxon ha firmato un contratto a lungo termine con la società di gas industriale Linde che prevede il prelievo di anidride carbonica associata al progetto di idrogeno pulito pianificato da Linde a Beaumont, in Texas. Exxon trasporterà e immagazzinerà permanentemente fino a 2,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica ogni anno dallo stabilimento di Linde.
I PROGETTI CCS DI ENI IN ITALIA E NEL REGNO UNITO
In Italia una delle società energetiche più attive nel settore è Eni. L’azienda del cane a sei zampe si è affermata nel Regno Unito per il ruolo chiave che svolge nel trasporto e nello stoccaggio di CO2 e come leader del consorzio che guida il progetto di HyNet. Eni ha ottenuto una seconda licenza per lo stoccaggio della CO2 nel giacimento a gas depletato di Hewett, nel Mare del Nord meridionale, con l’obiettivo di progettare un secondo hub CCS nel Paese, il Bacton Energy Hub, per decarbonizzare la regione del Tamigi.
Gli hub CCS di HyNet e Bacton, con una capacità complessiva di stoccaggio di 500 milioni di tonnellate di CO2, consentiranno di preservare migliaia di posti di lavoro e, allo stesso tempo, di favorire investimenti per lo sviluppo di nuove filiere industriali.
In Italia, invece, Eni è impegnata principalmente in un progetto a Ravenna: l’hub romagnolo opererà dal 2026 con una portata di 4 Mton annue di CO2 al 2030, che supereranno i 16 Mton dopo l’inizio del nuovo decennio, per una capacità totale di stoccaggio di 500+ Mton di CO2.