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Pnrr, salta stanza bottoni solo del governo. Piano senza chiaro impulso a transizione

Sui 235 miliardi complessivi di investimenti (tra quota Recovery, React Eu e fondo complementare) si ferma al 13% (19 miliardi), mentre un altro 28% (66,7 miliardi) viene identificato come interventi che avranno ‘probabilmente’ un impatto sul clima

“Primi pareri favorevoli (o di non-opposizione) del governo sulle proposte parlamentari di allargamento della governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nella stanza dei bottoni della fase attuativa del Pnrr entrano Regioni, Comuni e Parlamento. Nella prima riunione di maggioranza che si ètenuta ieri per formulare i pareri sui seicento emendamenti al decreto legge 77 segnalati come prioritari dai gruppi parlamentari, il governo si è rimesso alla volontà delle commissioni (con parere favorevole dei relatori Calabria e Morasssut) sulle proposte presentate da tutti i partiti che prevedono la
presenza del presidente della Conferenza delle Regioni e del presidente dell’Anci (Comuni) nella cabina di regia che governerà politicamente l’attuazione del Pnrr”. È quanto scrive il Sole24Ore di oggi.

LA DELEGAZIONE PARLAMENTARE

“Non solo. Viene accolta un’altra proposta che prevede la partecipazione di una ‘delegazione parlamentare’ nella stessa cabina di regia. Saranno i presidenti delle due Camere a designare ‘congiuntamente’ chi ne farà parte. Sembra destinato a saltare, quindi, uno degli assunti centrali della governance prevista dal decreto legge 77 all’esame delle commissioni Affari costituzionali e Ambiente della Camera: una stanza dei bottoni tutta in mano al governo, composta dal presidente del Consiglio e dai ministri competenti”.

RELAZIONE PERIODICA

“In attesa di capire che valutazione darà il governo ai molti emendamenti accantonati, intanto incassa il si di governo e relatori la proposta di Iv che impone la trasmissione della relazione periodica sullo stato di attuzione del Piano anche al Tavolo permanente e alla Conferenza unificata. (…)
Intanto le imprese rilanciano i temi delle semplificazioni e delle regole degli appalti per favorire la massima partecipazione possibile”.

ITALIA AGLI ULTIMI POSTI TRA I PAESI UE PER INIZIATIVE GREEN

Per quanto riguarda più nel complesso il Pnrr il “dossier della Camera dei deputati sulla sua valutazione rispetto agli altri dei Paesi Ue” lo colloca “agli ultimi posti per percentuali di risorse destinate alle iniziative ‘green’ – scrive il Fatto Quotidiano -. Basta scorrere rapidamente le pagine per confrontare i numeri: l’Austria destina il 59 per cento delle risorse, cosi come la Danimarca, mentre il Lussemburgo arriva al 60 per cento. Poi la Francia, che destina il 46 per cento, la Germania il 42 e la Slovenia.pure.
L’Italia, con il 37,5 per cento si alinea al Portogallo con il 38% e la Spagna con il 39,7 per cento. Più che alla quantita, peró, occorre forse guardare alla qualità di questa spesa. A fare una prima analisi, qualche mese fa, sono
stati i think tank Ecco, E3Ge Wuppertal Institut” secondo cui “in termini assoluti” l’Italia “impiegherà più soldi di tutti”.

NON FORNISCE CHIARO IMPULSO ALLA TRANSIZIONE

“Manca però una strategia complessiva per la
transizione verde. ‘Le risorse per le misure rilevanti sono disperse in varie componenti ed elementi più piccoli, dalle isole verdï’ ai progetti agrivoltaici, con scarsi finanziamenti per veri progetti di decarbonizzazione industriale o altre importanti aree di transizione ecologica’. Ci sono poi’ signiticative misure di sostegno che possono favorire il settore del gas, come gli investimenti in biometano e idrogeno, mentre manca una strategia per l’elettrificazione e l’incremento dell’offerta di energia elettrica rinnovabile’. Nel complesso, il piano italiano ‘nonostante le sue dimensioni non fornisce un chiaro impulso alla transizione verso un’economia climaticamente neutra’. Anche la quota di investimenti nella mobilità elettrica è inferiore rispetto agli altri paesi Ue. La piattaforma degli ambientalisti si spinge a questo punto fino a ricalcolare l’effettiva percentuale “green’ dell’Italia: sui 235 miliardi complessivi di investimenti (tra quota Recovery, React Eu e fondo complementare) si ferma al 13% (19 miliardi), mentre un altro 28% (66,7 miliardi) viene identificato come interventi che avranno ‘probabilmente’ un impatto sul clima, ma per i quali risulta impossibile determinare la direzione dell’impatto, se positiva o negativa per l’ambiente. Sulle rinnovabili, poi, “manca ambizione e le misure sono
frammentate'”, ha concluso il Fatto.

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