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Sovranità energetica ed autonomia strategica: quali scenari per l’Unione europea?

Nell’ultimo trimestre 2023 le importazioni dell’Unione europea sono diminuite dell’11,7% su base annua. Tuttavia, gli ultimi dati disponibili di Eurostat mostrano che circa il 63% della domanda di energia è ancora coperta da fornitori extra-Ue

Quando, nel febbraio 2022, è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione europea ha riconsiderato l’importanza della sovranità energetica. La dipendenza dei Paesi membri dal gas russo ha reso chiaro che il controllo dell’approvvigionamento è un fattore chiave per la loro sicurezza, così come per il benessere dei cittadini e delle industrie. A due anni di distanza, l’Europa continua a lottare per raggiungere la cosiddetta “autonomia strategica” nel settore energetico. Tuttavia, le difficoltà nel diversificare i fornitori e nell’ottenere finanziamenti verdi mettono in dubbio la capacità di raggiungere gli obiettivi a breve termine.

L’UNIONE EUROPEA FA ANCORA AFFIDAMENTO SULL’ENERGIA RUSSA

Gli ultimi dati mostrano che c’è ancora molta strada da fare. Sebbene, nell’ultimo trimestre 2023, le importazioni europee siano diminuite dell’11,7% su base annua, gli ultimi dati disponibili di Eurostat (2022) suggeriscono che circa il 63% della domanda di energia è ancora coperta da fornitori extra-Ue. Anche se non esistono ancora dati ufficiali, in base alle stime lo scorso anno circa il 55% dell’approvvigionamento energetico corrisponderebbe anche ad importazioni.

Allo stesso modo, gli ultimi dati Eurostat mostrano che l’Unione europea continua a fare molto affidamento su combustibili che difficilmente produce.

Il mix energetico della regione – che include la domanda combinata di fonti primarie – è composto principalmente da cinque fonti: petrolio greggio e suoi derivati ​​(37%), gas naturale (21%), energie rinnovabili (18%), combustibili fossili solidi (13 %) ed energia nucleare (11%). Nonostante le sanzioni e i tentativi di diversificare i propri fornitori, la Russia continua a fornire all’Europa il 12,7% del gas naturale (prima della guerra era il 45%) e circa il 3,5% del petrolio. Per liberarsi da questa dipendenza, Bruxelles punta a fare in modo che, entro il 2030, le rinnovabili rappresentino il 42,3% del suo mix energetico.

I DATI SULLE FORNITURE DI GAS RUSSO ALL’UNIONE EUROPEA

Sebbene Mosca continui ad essere un fornitore importante, i progressi compiuti nel disimpegno dal gas russo sono stati significativi. In un documento ufficiale, la Commissione europea evidenzia che, prima della guerra, la domanda totale europea di gas ammontava a circa 400 miliardi di metri cubi all’anno, di cui solo il 10% circa era coperto dalla produzione interna. Di questo totale, nel 2021 150 miliardi di metri cubi provenivano dalla Russia. Nel 2022 questo volume si è ridotto di quasi la metà (80 miliardi di metri cubi) e nel 2023 è sceso in proporzione simile (a 43 miliardi di metri cubi).

“L’Unione europea si è adattata molto bene ad un disaccoppiamento che molti avrebbero considerato impossibile. La Russia ha reindirizzato le sue esportazioni di petrolio verso l’Asia, ma non è stata in grado di sostituire l’Europa nelle sue esportazioni di gas”, affermano in una recente analisi i ricercatori del think tank Bruegel.

I DATI DI BRUEGEL SULLE IMPORTAZIONI DI COMBUSTIBILI FOSSILI IN UE

Secondo Bruegel, l’Ue ha ridotto le importazioni di combustibili fossili russi da un massimo di 16 miliardi di dollari al mese all’inizio del 2022 a circa 1 miliardo di dollari al mese alla fine del 2023. “I tagli alle importazioni di prodotti petroliferi hanno rappresentato la maggior parte della riduzione”.

Dal think tank hanno spiegato che, anche se l’Ue ha superato la crisi dell’approvvigionamento avvenuta nel primo anno di guerra, il problema principale ora sono i prezzi dei combustibili e le loro imminenti implicazioni a lungo termine per la competitività della regione. Allo stesso modo, ritengono che le violazioni da parte di Paesi terzi (come Cina o India) dei price cap imposti come sanzione sui prezzi del petrolio russo richiedano un’azione più concertata da parte del G7.

Un’analisi simile a quella fatta da Bruxelles, che ora punta l’accento sul rafforzamento della produzione interna, per fermare definitivamente l’importazione di materie prime energetiche. “Nel lungo termine, la sicurezza energetica Ue sarà raggiunta sostituendo i combustibili fossili importati con l’energia rinnovabile prodotta nella regione e migliorando l’efficienza energetica.

L’EUROPA VUOLE DIVENTARE IL PRIMO CONTINENTE AD IMPATTO CLIMATICO ZERO

L’Europa mira a diventare il primo continente ad impatto climatico zero entro il 2050. Tuttavia, mentre la quota di energie rinnovabili nel consumo energetico Ue è in aumento, il gas rappresenta ancora circa un quarto del consumo energetico, ed è per questo che facciamo ancora molto affidamento su fornitori esterni”, rivela una recente dichiarazione della Commissione europea.

Nello specifico, i Paesi del Nord sono molto più avanti rispetto al resto del continente. La Svezia è al primo posto tra i Paesi Ue produttori di energia verde, con quasi due terzi del suo consumo finale lordo proveniente da fonti rinnovabili (66%). Al secondo, terzo e quarto posto si trovano Finlandia (47,9%), Lettonia (43,3%) e Danimarca (41,6%).

Anche Paesi come Estonia, Portogallo e Austria producono oltre il 30% della loro energia attraverso questi mezzi. Al contrario, secondo gli ultimi dati Eurostat, le percentuali più basse in questo campo sono state registrate in Irlanda (13,1%), Malta (13,4%) e Belgio (13,8%).

LE MISURE NECESSARIE PER LA DECARBONIZZAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA

La Commissione europea stima che l’Ue abbia bisogno di un investimento di circa 1.200 miliardi di euro all’anno per raggiungere i suoi obiettivi di decarbonizzazione dei trasporti e della produzione di energia nel resto di questo decennio (il 75% in più rispetto a quanto investito nel decennio precedente). A tal proposito, il commissario europeo per l’Energia, Kadri Simson, a gennaio ha sottolineato che gli stimoli pubblici non saranno sufficienti e che il capitale privato giocherà un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questi obiettivi. “Dobbiamo espandere gli strumenti finanziari dell’Ue per sostenere investimenti sostenibili e ridurre i rischi. In questo modo i progetti saranno più attraenti per gli investitori”.

Gli ostacoli agli investimenti rappresentano però una delle principali sfide che Bruxelles dovrà superare. Ad esempio, S&P Global Commodity Insights prevede che l’attuale panorama competitivo di costi e prezzi renderà sempre più difficile e costoso sviluppare capacità produttive negli Stati Uniti e in Europa, sia per il solare che per le batterie.

L’ITALIA E I RAPPORTI SUL GAS CON QATAR E AZERBAIGIAN

Per ridurre le importazioni dalla Russia, l’Italia ha aumentato le importazioni di GNL e il Qatar è stato a lungo il maggiore fornitore di GNL. Come ha scritto di recente Francesco Sassi, Research Fellow Energy Geopolitics & Markets del RIE-Ricerche Industriali ed Energetiche di Bologna, “Italia e Qatar sono legati da un contratto a lungo termine per la fornitura di GNL al terminal Adriatic LNG, ed Eni ha firmato anche un nuovo accordo, a partire dal 2026”.

Intanto, lo scorso 1° marzo a Baku si è svolto il secondo incontro ministeriale del Consiglio consultivo per l’Energia verde Ue-Azerbaigian, co-presieduto dal commissario europeo per l’Energia, Kadri Simson. Un incontro che “è stato un momento importante per rafforzare la nostra partnership nel campo delle energie rinnovabili, apportando una nuova dimensione alle nostre relazioni energetiche complessive”, come si leggeva sul sito della Commissione europea.

Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese a partire dal 2026 aumenterà le importazioni di gas dall’Azerbaigian. Come ha spiegato Sassi, infatti, “il gas fluirà dal Mar Caspio attraverso la penisola anatolica e i Balcani meridionali, raggiungendo infine l’Italia attraverso il gasdotto TAP. L’Azerbaigian potrebbe diventare uno dei più importanti partner energetici dell’Unione europea”. Dopo un incontro tra l’amministratore delegato di TAP, Luca Schieppati, e il ministro dell’Energia azero, Parviz Shahabazov, le parti hanno annunciato che, a partire dal 2026, attraverso il TAP fluiranno 1,2 mmc aggiuntivi di gas, di cui 1 mmc andrà all’Italia e 0,2 mmc all’Albania. Questi volumi si aggiungeranno alla capacità iniziale del TAP già disponibile, pari a 10 miliardi di metri cubi/anno, 8 mmc dei quali arrivano nel nostro Paese.

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