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Tavares, Terna e bollette: cosa dicono i giornali di oggi

L’intervista al Ceo di Stellantis Carlo Tavares sulla situazione italiana, il nuovo Piano industriale di Terna al 2028 e il fenomeno delle bollette impazzite: +30% in un anno: cosa dicono i giornali di oggi

“L’Italia è uno dei tre pilastri di Stellantis nel mondo, insieme e Francia e Stati Uniti”, ribadisce il Ceo di Stellantis Carlo Tavares in un’intervista al Sole 24 Ore. Mentre Terna presenterà nel tardo pomeriggio di oggi a Milano il nuovo piano industriale quinquennale al 2028 che prevede un investimento di 16,5 miliardi di euro in reti e sostenibilità. Infine le bollette: quelle del gas stanno presentando aumento del 30% dovuti principalmente al ritorno degli oneri di sistema e dell’Iva dopo il periodo del taglio nonostante un taglio dei costi della materia prima sui mercati internazionali.

AUTO, TAVARES: L’ITALIA È UNO DEI TRE PILASTRI DI STELLANTIS NEL MONDO

“L’Italia è uno dei tre pilastri di Stellantis nel mondo, insieme e Francia e Stati Uniti. E resterà tale. Parola di Carlos Tavares, ceo del terzo gruppo automobilistico globale per ricavi. Tra il 2019 e il 2022 Stellantis ha investito 5 miliardi nel nostro Paese, di cui 2 a Torino. Sono stati avviati 240 milioni per Mirafiori con il Battery Tecnology Center, Circular Economy, eDCT e grEEn Campus. E 2,4 miliardi di investimenti a Termoli, per una delle tre gigafactory di batterie europee realizzate in consorzio con Mercedes-Benz e Total, Acc. Più gli investimenti per mettere in produzione i nuovi modelli elettrici sulle 2 piattaforme di ultima generazione, Stla large e Stla medium negli impianti di Cassino e Melfi. Altri investimenti riguarderanno i veicoli commerciali, in particolare la nuova famiglia Ducato, ad Atessa”. È quanto scrive Il Sole 24 Ore di oggi che ha intervistato il Ceo di Stellantis Carlos Tavares. “(…) Mister Tavares, Gianni Agnelli sostenne che gli interessi della Fiat erano quelli del Paese e viceversa. Stellantis fa anche gli interessi dell’Italia oltre che i suoi? ‘Il dialogo che abbiamo con i sindacati e il nostro personale in Italia è eccellente e siamo molto grati per la comprensione del cambiamento che dobbiamo mettere in atto per assicurare la sostenibilità del gruppo e delle nostre le attività in Italia. Tutti sanno che Stellantis poggia su tre pilastri storici per crescere. L’Italia è un pilastro con Fiat. Gli Stati Uniti sono un altro pilastro con Chrysler. E Francia è un altro pilastro con Peugeot. Siamo molto consapevoli del fatto che nei paesi in cui abbiamo le nostre radici è sempre meglio essere in linea con quanto è richiesto dai rispettivi governi. Voglio ricordare, però, che le decisioni che stiamo prendendo sono una conseguenza delle scelte del Parlamento europeo. Questa è una delle ragioni per le quali abbiamo un dialogo davvero buono con le parti sociali in Italia. Loro capiscono che noi – dipendenti, sindacati e azienda – dobbiamo gestire una transizione che non abbiamo deciso noi. E la stiamo mettendo in atto. Credo, quindi, che Gianni Agnelli avesse assolutamente ragione: l’interesse dell’azienda è l’interesse dell’Italia e viceversa’”, prosegue il quotidiano.

“(…) A proposito di Mirafiori, vi viene rimproverato di non fare abbastanza per rilanciare la produzione in una fabbrica che ha fatto la storia. Cosa risponde? ‘Che complessivamente in Italia siamo al 63% della nostra capacità produttiva e che saremmo pronti a raddoppiare la produzione della 500 elettrica a Torino. Ma l’Italia ha un problema, riscontrabile nella struttura del suo mercato: ha la quota di segmento B (utilitarie, ndr) più grande, se confrontata con quella degli altri Paesi europei. Questo ci dice che la questione dell’accessibilità è molto importante per le famiglie italiane’”, si legge ancora sul quotidiano.

“(…) Quanto alla produzione di automobili elettriche, il futuro, nel resto del Paese? ‘L’Italia è l’unico Paese nel mondo in cui abbiamo investito in due piattaforme native Bev, Stla medium e Stla large (rispettivamente destinate ai siti di Cassino e Melfi, ndr). Altri Paesi potrebbero criticarmi per questo. Le due nuove piattaforme porteranno l’autonomia dei Bev a 7-800 chilometri, così da diminuire l’ansia degli automobilisti per la ricarica. Inoltre l’Italia è il Paese in cui avremo una delle nostre tre gigafactory per celle di batterie. Tra l’altro l’unico stabilimento di batterie in Italia. Vorrei aggiungere che l’Italia è il Paese in cui crediamo di poter produrre un milione di veicoli. Ed è il Paese in cui nel 2023 abbiamo aumentato la produzione del 10%, è un fatto’. L’ipotesi di un costruttore cinese qui in Italia che effetto le fa? ‘Il mercato – oggi siamo i leader con il 33% – sarebbe più frammentato, non aumenterebbe in dimensione né in produzione. La battaglia vera sarebbe sui costi. Un produttore cinese assemblerebbe automobili utilizzando fornitori cinesi. Le dico questo: noi non abbiamo paura della sfida cinese, ma indebolire Stellantis in Italia non aiuterebbe l’Italia’”, ha concluso il quotidiano.

TERNA, NEL NUOVO PIANO INDUSTRIALE INVESTIMENTI PER 16,5 MILIARDI IN RETE E SOSTENIBILITÀ

“Terna presenta nel tardo pomeriggio di oggi a Milano il nuovo piano industriale quinquennale al 2028, il primo sotto la guida di Giuseppina Di Foggia, nominata ceo il 9 maggio 2023. Un piano che — ha precisato una nota pubblicata ieri mattina prima che aprissero i mercati, in seguito all’indiscrezione pubblicata sul Corriere l’altro ieri che indicava investimenti oltre 15 miliardi — prevede investimenti complessivi che ‘ammontano a 16,5 miliardi di euro’. Rispetto al piano precedente, annunciato a marzo del 2022, si tratta di un aumento considerevole dell’impegno della società che gestisce la rete di trasmissione elettrica, snodo fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, con la conseguente elettrificazioni dei consumi che implicherà un maggior uso di energia elettrica e della sua infrastruttura”. È quanto scrive il Corriere della Sera di oggi. “(…) Terna, oltre ai dettagli del piano, oggi a valle delle delibere del consiglio di amministrazione annuncerà anche i risultati al 31 dicembre 2023 e la proposta di destinazione degli utili. Ieri il titolo ha chiuso in rialzo dell’1,42 per cento a 7,58 euro a fronte di un Ftse Mib invariato”, ha concluso il quotidiano.

BOLLETTE: +30% IN UN ANNO. IN CALO IL METANO MA VOLANO I COSTI FISSI

“A parità di consumo, la bolletta del gas costa più adesso di un anno fa. Sembra un paradosso, ma sta succedendo in questi ultimi giorni ai consumatori alle prese con i conti di casa. Molte famiglie stanno pagando le fatture del metano relative ai mesi di gennaio e febbraio e, dati alla mano, a fronte di un Smc sovrapponibile (lo “standard metro cubo”, ovvero la misura utilizzata dai fornitori per fatturare la quantità di gas utilizzata dall’utenza), la spesa finale è più alta del 30-40%. Per essere ancor più precisi, se una bolletta del gas del bimestre gennaio-febbraio 2023 con un consumo di circa 290 Smc costava 290 euro, il prezzo del bimestre gennaio-febbraio 2024 con Smc identico sale a 420 euro: una maggiorazione del 30%”. È quanto scrive La Stampa di oggi. “Perché gli italiani pagano l’energia sempre di più nonostante l’inflazione sia in calo così come le quotazioni sui mercati? La prima causa di questa situazione è dovuta alla tassazione. I tagli agli oneri di sistema e all’Iva effettuati dal governo Draghi – e confermati inizialmente dall’esecutivo Meloni – sono venuti meno. Siamo tornati alla situazione pre crisi, con gli oneri che servono a sostenere le rinnovabili di nuovo presenti in bolletta, e l’Iva al 10 o al 22% (era al 5%) a secondo delle voci. Quanto alla materia prima, il prezzo sui mercati internazionali è in diminuzione, però i consumatori stanno ancora pagando gli effetti di due anni di inflazione alle stelle. (…)”, prosegue il quotidiano.

“Per quanto riguarda le bollette della luce, il discorso è analogo. Tabarelli ricorda che nel 2023 l’Italia ha raggiunto un record di elettricità importata dall’estero: il 17%, soprattutto di risorse prodotte in Francia con il nucleare. Per riuscire a ridurre i costi per i consumatori finali, quindi, oltre a un problema di tassazione e speculazione, influisce anche la capacità di un Paese di produrre la propria energia”, continua il quotidiano. “Infine, la Cgia segnala il flop dell’imposta sugli extraprofitti: all’erario mancano 7 miliardi di euro. Gli extraprofitti realizzati in questi anni dalle aziende energetiche sono stati rilevanti, eppure lo Stato ha incassato solo 3 miliardi di euro rispetto ai 10 che il governo Draghi aveva ipotizzato. (…)”, conclude il quotidiano.

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