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Transizione Climatica

Transizione climatica, Obiettivo “1,5°C”: chi sta facendo progressi (e chi no) in Europa

Circa la metà delle imprese europee dichiara di avere piani per la transizione climatica in linea con l’obiettivo 1,5°C, ma meno del 5% mostra progressi significativi in questo senso. Ad ottenere i  risultati peggiori rispetto alla media europea sono le aziende italiane: il 38% delle aziende italiane considerate è classificata in “fase di sviluppo”; nessuna come “avanzata”. 

Le imprese europee non riescono a sviluppare piani di transizione climatica credibili per allinearsi all’obiettivo di mantenere l’innalzamento della temperatura media sotto gli 1,5°C, così da realizzare un futuro più ecosostenibile. Lo dice un’analisi condotta su un campione di società che rappresentano in aggregato circa il 75% dei mercati azionari europei, pubblicata oggi dall’organizzazione no-profit CDP e dalla società globale di consulenza manageriale Oliver Wyman, società del gruppo Marsh McLennan.

TRANSIZIONE CLIMATICA: IL REPORT STEPPING UP

Il report “Stepping up” ha rilevato che circa la metà delle imprese europee (49%) dichiara di avere in atto un piano di transizione climatica per limitare il surriscaldamento a 1,5°C. Tuttavia, lo studio rileva che la maggior parte dei piani manca di ambizione e trasparenza in aree chiave essenziali per dimostrare risultati concreti, come la governance, la pianificazione finanziaria e il coinvolgimento dell’intera catena del valore.

Nel report sono incluse 86 realtà italiane che hanno presentato un rapporto a CDP sui temi del clima, 16 sulla salvaguardia delle risorse idriche e 6 sulla deforestazione.

OBIETTIVO 1,5°C: COSA DICONO I DATI E COSA (NON) COMBINA L’ITALIA

Meno del 5% delle aziende europee considerate (56) ha un obiettivo di riduzione delle emissioni allineato a 1,5°C e fornisce informazioni in relazione ad almeno due terzi degli indicatori chiave, dimostrando l’esistenza di un piano di transizione credibile (aziende “avanzate”). Un altro 30-45% delle imprese è classificato “in fase di sviluppo”, ovvero ha obiettivi di emissioni meno ambiziosi (allineati all’obiettivo dei 2°C) e fornisce informazioni su almeno la metà degli indicatori. Il restante 50%+ delle aziende considerate ha mostrato solo progressi “limitati”.

L’Italia ha ottenuto risultati peggiori rispetto alla media europea: il 38% delle aziende italiane considerate è classificata in “fase di sviluppo”; nessuna come “avanzata”.

Sebbene 9 su 10 abbiano avviato iniziative per ridurre le emissioni, il rapporto rileva evidenti lacune nelle azioni necessarie per la transizione verso gli 1,5 °C. Ad esempio, solo il 26% valuta in che misura le spese o i ricavi si allineano all’Accordo di Parigi e meno del 40% inserisce le questioni climatiche nei rapporti con i fornitori. Di conseguenza, il report stima che fino al 40% del debito bancario delle aziende analizzate (1.800 miliardi di euro) sia erogato a favore di soggetti che non hanno obiettivi chiari o piani di transizione credibili. L’accesso al credito potrebbe diventare più difficoltoso man mano che le banche daranno attuazione ai propri piani di zero emissioni nette (“net zero”), decarbonizzando il proprio portafoglio impieghi. 8 istituzioni finanziarie su 10 che hanno condiviso i propri dati con CDP stanno già valutando l’allineamento agli 1,5°C dei loro clienti, almeno nei settori chiave.

BIODIVERSITÀ, DEFORESTAZIONE E SICUREZZA IDRICA IN NUMERI

Poiché il clima è solo una parte di una sfida più ampia legata alla sostenibilità, il rapporto ha esaminato anche le principali aree d’azione nell’ambito della biodiversità, della deforestazione e della sicurezza idrica. Il 7% delle aziende ha dichiarato di avere un obiettivo forte per ridurre le emissioni, il consumo di acqua e la deforestazione, mentre il 39% ha dichiarato di impegnarsi pubblicamente a favore della biodiversità.

In vista dell’entrata in vigore nel 2024 della storica legge dell’Unione Europea sull’obbligo di rendicontazione (la CSRD) si segnala una nota positiva: tra le aziende che condividono i propri dati con CDP, il 71% già inserisce i dati relativi al cambiamento climatico, alla deforestazione e alla sicurezza idrica nella relazione annuale di gestione per gli investitori. Per quanto riguarda i dati sulla biodiversità, invece, si scende a 1 azienda su 4. Nel frattempo, circa 1 impresa su 5 risulta avere una politica considerata “best practice” per ridurre l’impatto sull’acqua e il 29% adotta una politica “best practice” riguardo alla deforestazione zero.

Solo il 5% dei player che comunicano a CDP i dati sulle foreste attualmente certifica che il 90% dei volumi delle commodity impiegate non contribuisce alla deforestazione, mentre solo il 13% valuta l’impatto della propria catena del valore sulla biodiversità.

PAROLA AGLI ESPERTI

Maxfield Weiss, Executive Director di CDP, in una nota, ha dichiarato: “Ogni azienda che ha un impatto sull’ambiente deve dotarsi non solo di obiettivi chiari, ma anche di piani altrettanto chiari per raggiungerli, e della capacità di provare il proprio impegno. La normativa dell’UE sarà presto vincolante: le aziende dovranno avere piani chiari per la transizione dei loro modelli di business verso il raggiungimento dell’obiettivo di mantenere l’innalzamento della temperatura sotto gli 1,5°C. Questo rapporto rivela che solo una piccola percentuale, inferiore al 5%, fornisce tutti i dati di cui abbiamo bisogno per valutare. E naturalmente il clima è solo una componente della sfida più ampia che le imprese devono affrontare. Mentre cresce l’aspettativa che queste includano la sostenibilità nella loro più ampia pianificazione della transizione, il report mostra che la maggior parte deve ancora intensificare i propri sforzi e dimostrare a investitori, finanziatori e autorità di regolamentazione che sono pronte ad agire. Non si possono raggiungere le zero emissioni nette senza considerare anche i propri impatti sulla natura: non abbiamo tempo da perdere”.

Andrea Federico, partner di Oliver Wyman, in una nota, ha dichiarato: “Per raggiungere gli obiettivi “1,5 °C”, nel 2023 e nel 2024 occorre imprimere un deciso cambio di passo nella portata e nella qualità dei piani di transizione delle aziende europee. L’analisi con CDP mostra che i progressi nell’adozione delle strategie per la transizione sono insufficienti. Molti piani mancano ancora di elementi importanti, in primis nel tradurre gli obiettivi dichiarati in piani di attuazione pragmatici, che coinvolgono appieno le filiere di fornitori. Le aziende che hanno l’ambizione di essere leader in questo ambito dovranno andare oltre e lavorare nello stesso modo sugli obiettivi di biodiversità e sulla preservazione degli ecosistemi. Per i policy maker la sfida è individuare efficaci meccanismi premianti per chi si pone come guida del cambiamento.”

Lo studio: Stepping up: Strengthening Europe’s corporate climate transition

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