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Africa

Quale sarà il ruolo dell’Africa nelle perforazioni di pozzi di petrolio e gas nel 2024?

ExxonMobil, Shell, Eni, TotalEnergies, Chevron e BP dominano la lista dei pozzi ad alto impatto, rappresentando collettivamente circa il 45% di tutti i principali giacimenti selvaggi, con la maggior parte delle trivellazioni concentrate  in Africa su bacini di frontiera non sfruttati.

Nonostante negli ultimi mesi le attività di le attività di perforazione di pozzi di petrolio e gas di tutto il mondo abbiano dovuto fare i conti con una certa lentezza, la situazione sembrerebbe destinata a ribaltarsi grazie alla realizzazione di numerose operazioni, in particolare nel continente africano, nel corso di quest’anno.

Un rapporto pubblicato di recente da Rystad Energy mostra che l’Africa, ma anche l’America Latina, dovrebbero posizionarsi come forza trainante dietro la ripresa delle attività di trivellazione di petrolio e gas nel 2024, dopo un 2023 poco brillante.

LE NUOVE FRONTIERE DEL GREGGIO: IL RUOLO DELL’AFRICA

Nel tentativo di riprendersi da un anno deludente come il 2023, che ha visto un’elevata attività di perforazione ma pochissime grandi scoperte commerciali, gli operatori upstream si stanno concentrando sull’Africa e sull’America Latina per scoprire nuove frontiere del greggio.

Secondo quanto evidenziato, di recente, da uno studio condotto da Rystad Energy ha identificato 36 pozzi ad alto impatto da perforare nel 2024, il totale più alto dal 2014, e l’Africa sembra essere in testa tra tutti i continenti, con 13 probabili prospettive.

Meno di un terzo dei pozzi ad alto impatto dell’anno scorso ha prodotto riserve commercialmente valide, otto su 27, portando alla luce appena 1 miliardo di barili di petrolio e gas equivalente, con un calo del 70% rispetto all’anno precedente.

Secondo quanto evidenzia lo studio, le major del petrolio e del gas – BP, Chevron, Eni, ExxonMobil, Shell e TotalEnergies – dominano tipicamente la perforazione di pozzi ad alto impatto, che continuerà nel 2024. Circa 16 (44%) del totale dei pozzi pianificati saranno perforati da queste società, con TotalEnergies che ne pianifica cinque, Shell tre e Chevron, Eni ed ExxonMobil che ne mirano due ciascuno. La maggior parte delle perforazioni saranno effettuate nel margine atlantico e nelle acque asiatiche. Le compagnie petrolifere nazionali (NOC) e le NOC focalizzate a livello internazionale (INOC) rappresenteranno otto (22%) dei pozzi pianificati per quest’anno, con gli operatori upstream responsabili del 17% e gli operatori più piccoli per il resto.

I DATI SULLA GUYANA

Sebbene i risultati attuali delle trivellazioni siano deludenti, la Guyana rimane la storia di crescita più impressionante degli anni 2020, producendo già più di 600.000 barili al giorno nonostante abbia iniziato la produzione di petrolio solo nel 2019.

Hess Energy, di recente, ha annunciato che il giacimento di Payara ha raggiunto la capacità produttiva massima di 220.000 barili al giorno a gennaio, appena due mesi dopo l’avvio, integrando il giacimento di Liza che è in fase di sviluppo con due FPSO separati L’operatore del prolifico blocco Stabroek ExxonMobil sta ora sviluppando il quarto e il quinto FPSO nella zona offshore della Guyana, attingendo ai potenziali clienti Yellowtail e Uaru, che dovrebbero entrambi aggiungere 250.000 b/g e diventare operativi rispettivamente nel 2025 e 2026 .

Si prevede che la capacità di produzione della Guyana raggiungerà 1,2 milioni di barili al giorno entro il 2027, quindi il paese sudamericano è ora concentrato sulla commercializzazione delle risorse di gas poiché il solo blocco di Stabroek dovrebbe contenere 17 TCf di gas recuperabile.

LE PROSPETTIVE PER L’AMERICA LATINA

Secondo quanto evidenzia Rystad Energy nel suo studio, le trivellazioni ad alto impatto nelle Americhe si concentreranno principalmente sull’America Latina e saranno dominate da pozzi che rivestono importanza per gli obiettivi a lungo termine di ciascun operatore piuttosto che da bacini di frontiera. Solo due dei 12 pozzi pianificati nelle Americhe si trovano nel Nord America, uno ciascuno negli Stati Uniti e uno in Canada. In America Latina, un pozzo di frontiera pianificato per l’offshore dell’Argentina sarebbe il primo pozzo perforato nel bacino argentino. ExxonMobil prevede inoltre di perforare un pozzo di frontiera nell’Orphan Basin al largo del Canada.

IL RUOLO E I PROGETTI DI ENI IN AFRICA: I RAPPORTI CON LIBIA, TUNISI E ALGERI

Eni è presente in Africa dagli anni ’50 e attualmente opera in 14 Paesi del continente. L’azienda è impegnata a migliorare l’accesso all’energia in Africa attraverso un ampio portafoglio di progetti, che spaziano dalla produzione di energia tradizionale a quella rinnovabile, oltre che ad atre iniziative innovative.

Partendo dalla Libia, con Tripoli il rapporto è storico e negli ultimi anni si è intensificato nuovamente dopo la primavera araba: dal 2017 con l’allora ministro dell’Interno del governo Renzi, Marco Minniti fino ad aprile 2023 quando sono state donate alcune navi alla guardia costiera libica di Tripoli per migliorare le operazioni di sicurezza nel Mediterraneo. Gli interessi sono soprattutto nel petrolio e nel gas con Eni in prima fila che gestisce molti giacimenti nel paese. Nell’ultimo viaggio in Libia, la presidente del Consiglio ha presenziato alla firma di un accordo tra Eni e la compagnia statale libica National oil corporation (Noc). L’intesa prevede un investimento di circa 7,3 miliardi di euro per lo sfruttamento dal 2026 di due giacimenti al largo della Libia.

Altro paese strategico è poi la Tunisia. Durante la visita di Meloni con la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l’olandese Mark Rutte, nel giugno 2023, è stato annunciato lo stanziamento immediato di 105 milioni di euro per assistere la guardia costiera e la polizia di frontiera tunisine. Da qui passano, per esempio, le forniture di gas che arrivano dall’Algeria con cui a gennaio abbiamo firmato importanti accordi di fornitura per bypassare Mosca: l’Algeria è passata infatti da una copertura di circa il 22%, al 40% del fabbisogno energetico di gas italiano. In un anno, i flussi in arrivo dal gasdotto Transmed – che collega l’Algeria all’Italia, passando per la Tunisia arrivando a Mazara del Vallo – sono aumentati del 113%, per un totale di circa 25 miliardi di metri cubi di gas arrivati in tutto il 2022. L’azienda di bandiera Sonatrach aveva concordato inoltre con Eni l’aumento delle forniture dal 2023-2024.

IL MOZAMBICO. E NON SOLO

Allargando il discorso, all’interno del Piano Mattei rientrano poi i rapporti con il Mozambico che rappresenta uno dei player più importanti al mondo per quanto riguarda le riserve di gas. Qui Eni opera già in diversi siti: Ad esempio, il 13 novembre 2022 il primo carico di gas naturale liquefatto (GNL) prodotto dal giacimento Coral, nelle acque ultra-profonde del bacino di Rovuma, è partito dall’impianto Coral Sul Floating Liquefied Natural Gas (FLNG). Coral Sul FLNG ha una capacità di liquefazione di gas pari a 3,4 milioni di tonnellate all’anno e produrrà GNL dai 450 miliardi di metri cubi di gas del giacimento Coral. Senza dimenticare i programmi di cooperazione e sviluppo di progetti agricoli per la produzione di semi oleaginosi e oli vegetali da utilizzare come agro-biofeedstock per i biocarburanti alla base dell’accordo che Eni ha firmato a febbraio 2022 con il Ministero dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale della Repubblica del Mozambico.

Infine, altri progetti che potrebbero essere implementati, soprattutto nell’ambito dell’economia circolare, riguardano Congo, Costa d’Avorio, Kenya, Angola, Benin e Ruanda dove Eni è attiva nella strategia di approvvigionamento sostenibile di feedstock per le bioraffinerie con nuove forme di partenariati di lungo termine con il mondo agricolo locale, che prevedono lo sviluppo di una rete di agri-hub, Indirect Land-Use Change (ILUC) la valorizzazione di scarti e residui agricoli non in competizione con la filiera alimentare.

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