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Compagnie Petrolifere

Un tetto al prezzo del petrolio russo aiuterebbe a frenare le entrate di Mosca?

L’obiettivo è mantenere il flusso del petrolio russo limitando le entrate energetiche di Mosca.

Gli Stati Uniti stanno discutendo con gli alleati europei un tetto massimo al prezzo del petrolio russo. L’obiettivo è mantenere il flusso del petrolio russo nei mercati internazionali, ma frenarne le entrate di bilancio per scoraggiare la Russia dal continuare la guerra in Ucraina ma anche per tenere sotto controllo la fiammata dell’inflazione per i conti di cittadini e imprese.

Da un lato, sia gli Stati Uniti sia l’Europa, le due aree che finora hanno subito le più gravi conseguenze dell’azione sanzionatoria, sono consapevoli che bandire il petrolio russo dai mercati internazionali li danneggerebbe ancora di più.

PAGARE IL PETROLIO RUSSO A PREZZI DI MERCATO OPZIONE NON FATTIBILE

D’altra parte, pagare il petrolio russo ai prezzi di mercato non è un’opzione fattibile perché i proventi delle esportazioni di petrolio e gas costituiscono una parte solida del budget russo, e quel budget include le spese per la difesa e gran parte di quella spesa per la difesa viene quella che la Russia chiama la sua operazione militare speciale in Ucraina.

YELLEN (TESORO USA): L’OBIETTIVO PRINCIPALE È LIMITARE LE ENTRATE ALLA RUSSIA DERIVANTI DAL PETROLIO

Il segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen lo ha affermato in modo piuttosto schietto all’inizio di questa settimana: “Quello che vogliamo fare è mantenere il flusso del petrolio russo nel mercato per mantenere bassi i prezzi globali e cercare di evitare un picco che provoca una recessione mondiale e fa salire i prezzi del petrolio”, ha detto come citato dal Wall Street Journal. “Ma assolutamente l’obiettivo è limitare le entrate che vanno alla Russia”.

 

E IL LIBERO MERCATO?

Ci si potrebbe chiedere dove sia andato a finire il concetto di libero mercato. La domanda è se l’idea che gli Stati Uniti e l’UE hanno di un tetto massimo al prezzo del petrolio possa funzionare o meno. In altre parole, la Russia accetterebbe una mossa del genere?

GURIEV: LA RUSSIA POTREBBE NON OPPORSI A UN PRICE CAP

In prima battuta è chiaro che una mossa simile non verrebbe accolta con favore, con molta probabilità. Secondo l’ex capo economista della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, Sergei Guriev “sì, Putin potrebbe rifiutarsi di vendere petrolio a questo prezzo. Ma, dato che è già abbastanza disperato da vendere in Cina e India a forti sconti, e i prezzi dell’energia di oggi superano di gran lunga i costi di produzione, ciò sembra improbabile”, si legge su Project Syndacate.

AL MOMENTO I RUSSI VENDONO CON UNO SCONTO DI 30 DOLLARI

In effetti, il petrolio russo viene scambiato con uno sconto di circa 30 dollari o più rispetto al greggio Brent. “È difficile dire se ci sia disperazione nell’equazione petrolifera russa. È chiaro che la Russia sapeva che avrebbe dovuto reindirizzare i flussi verso l’Asia dall’Europa se quest’ultima avesse cercato di punirla per le sue azioni in Ucraina – scrive Oilprice -. È anche chiaro, o almeno dovrebbe esserlo, che la Russia non può semplicemente reindirizzare tutti i flussi di petrolio e carburante che attualmente vanno in Europa verso India e Cina, almeno non velocemente. Ciò che ciò suggerisce è che la Russia potrebbe essere preparata a un momento difficile dal punto di vista delle entrate fino al completo reindirizzamento dei flussi petroliferi”.

BILANCIO RUSSO SULLA BASE DEL PREZZO DEL PETROLIO

Inoltre, la Russia costruisce il suo budget sulla base di prezzi del petrolio piuttosto bassi. Per l’anno scorso, ad esempio, ha preventivato 45 dollari al barile di Brent. I suoi ricavi petroliferi effettivi lo scorso anno hanno superato le aspettative iniziali di oltre il 51%. Per il 2022, Mosca ha preventivato per il Brent a 44,20 al barile.

Quindi, come osserva Guriev, anche con un prezzo massimo di 70 dollari al barile, la Russia guadagnerebbe molto di più dalle vendite del suo petrolio di quanto previsto. La Cina e l’India sarebbero ben felici di pagare ancora meno per il petrolio russo. Eppure la domanda rimane se la Russia possa essere d’accordo con l’idea di un price cap.

Prima di tutto Stati Uniti e UE dovrebbero capire come imporre un limite di prezzo. Un modo, secondo il WSJ, potrebbe essere quello di utilizzare il settore assicurativo e far sì che assicuri solo i carichi di petrolio russi al di sotto del tetto massimo. Un altro è imporre sanzioni secondarie agli acquirenti di petrolio russi, ma ciò potrebbe avere conseguenze diplomatiche potenzialmente spiacevoli.

L’IDEA LANCIATA DA DRAGHI

L’idea di un price cap sul greggio, non solo russo, è stata lanciata per la prima volta in Europa all’inizio di quest’anno dal Primo Ministro italiano Mario Draghi. A maggio, a seguito di un incontro con il presidente degli Stati Uniti, Draghi aveva affermato che sia lui che Biden erano “insoddisfatti” della struttura dei mercati petroliferi globali e avevano parlato di fissare un tetto massimo di prezzo sia per il petrolio sia per il gas.

“L’idea è quella di creare un cartello di acquirenti, o di persuadere i grandi produttori, e l’Opec in particolare, ad aumentare la produzione, che forse è la strada preferita”, aveva detto all’epoca Draghi, come ricostruiva il Financial Times. “Su entrambi i percorsi, c’è molto lavoro da fare.”

CON L’AUMENTO DI PRODUZIONE DI OPEC+ PRICE CAP IN SECONDO PIANO

“Ora che l’OPEC+ ha accettato di pompare più petrolio, in teoria, questo intendimento potrebbe essere messo in secondo piano”, ha concluso Oilprice

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