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Urso mette sul piatto quasi 1 miliardo per l’automotive. Montezemolo: Auto italiana non esiste più. Gusmeroli: Priorità occupazione. Ancora problemi sul Pnrr

Urso sta pensando di finanziare il fondo automotive con 750/900 milioni di euro. Montezemolo: Non esiste più l’auto italiana. Gusmeroli: Priorità all’occupazione. Restano i problemi sul PNRR nonostante rassicurazioni Foti. La rassegna Energia

750/900 milioni di euro di fondi aggiuntivi per rilanciare l’industria automobilistica italiana e ricucire i rapporti con Stellantis. È la strategia del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che starebbe pensando di mettere nuove risorse sul Fondo automotive, dopo il recente taglio, stando a quanto si legge su La Repubblica. La priorità per il comparto automobilistico in questo momento è l’occupazione, ha sottolineato Alberto Gusmeroli, presidente della Commissione Attività produttive della Camera in un’intervista a Il Corriere della Sera. «Spero che il 17 dicembre possano nascere impegni reciproci che permettano di rilanciare il settore dell’automotive, con il mantenimento di tutti i siti produttivi, e salvaguardando i livelli occupazionali diretti e dell’intera filiera della componentistica. Il governo farà la sua parte anche con incentivi mirati rivolti a ritorni di competitività sui mercati nazionali e internazionali, focalizzati in particolare sul contenimento dei costi dell’energia e sul sostegno al reddito dei lavoratori»”, ha aggiunto Gusmeroli. “L’auto italiana non esiste più…Mi chiedo perché John Elkann non si è opposto a Carlos Tavares, il ceo di Stellantis appena esautorato, quando decise di fare produrre la Fiat 600 in Polonia? Scelta presa quando Mirafiori — come ora — era ferma, con gli operai in cassa di integrazione”. Ci va giù pesante Luca Cordero di Montezemolo nell’intervista pubblicata su Il Corriere della Sera, non risparmiando attacchi all’ex ceo di Stellantes, che “lavorava solo per i soci”. Restano non pochi problemi sul Pnrr nonostante le rassicurazioni di Tommaso Foti. La rassegna Energia.

AUTO, URSO AUMENTA FONDI: +750 MILIONI

“L’obiettivo è ricucire. Provare a riallacciare rapporti che sotto la gestione dell’ad Carlos Tavares, il manager che ha spostato Stellantis solo sull’asse della frugalità, si sono sfilacciati. In primis con il governo. E il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, prova a dare credito al nuovo corso annunciando a Montecitorio il tentativo di tornare ad una cifra del fondo «almeno equivalente o anche superiore» ai soldi precedenti. Si parla di 750 milioni, forse 900. A parlare di conflitti in modo chiaro è Doug Ostermann, direttore finanziario del gruppo. Le difficoltà negli ultimi mesi hanno riguardato «anche il suo rapporto conflittuale con tutti gli stakeholders: fornitori, sindacati e governi», spiega riferendosi al manager portoghese. È convinto però che «i venti contrari saranno temporanei. Nel 2025 mostreremo il pieno potenziale del gruppo ». (…) «La nostra industria sta attraversando momenti duri. È necessario rimanere uniti», ha detto Elkann. Il Tridente, unico brand di lusso di Stellantis, sta attraversando una fase complessa e la visita è un segnale di fiducia. Poi c’è il livello internazionale. Elkann, dopo il presidente della Repubblica, Mattarella, e la premier, Meloni, ha parlato in con i principali vertici istituzionali dei Paesi dove il gruppo ha attività. Un modo per smentire operazioni che non hanno senso, come le nozze con Renault”, si legge su La Repubblica.

“In Italia, però, si gioca una partita particolare. Il 17 al tavolo il produttore ribadirà tutte le attività aperte o che stanno per essere lanciate nelle fabbriche: la 500 ibrida, oltre a quella elettrica, a Mirafiori, dove è stato inaugurato anche il nuovo reparto delle trasmissioni elettrificate che sta girando a pieno ritmo. La produzione della Panda a Pomigliano andrà avanti fino al 2030, mentre a Melfi è stato da poco annunciata larealizzazione della Lancia Gamma, dal 2026, che si va ad aggiungere a due Ds e due Jeep Compass. A Cassino previste due nuove Alfa, Stelvio dal 2025, e Giulia dal 2026. Sullo sfondo potrebbe esserci un impegno di Stellantis, società che ha come primo azionista Exor che controlla anche Repubblica , nel piano Mattei. (…) Jean-Philippe Imparato, il numero uno del mercato Europa, incontrerà le diverse sigle il 12 dicembre a Torino, prima di andare al ministero. Anche per il segretario della Cgil, Maurizio Landini, le dimissioni di Tavares «dicono che sono stati fatti errori e c’è una strategia che non sta pagando». Il fronte sindacale si arricchisce di un altro elemento: le sigle firmatarie del contratto specifico di settore, che riguarda Stellantis, Iveco, CnhI e Ferrari, hanno chiesto di aprire il confronto e avere un aumento fino a 185 euro al mese”, continua il giornale.

AUTO, GUSMEROLI (LEGA): “PRIORITA’ OCCUPAZIONE”

“«Il nostro impegno è per i lavoratori e per tutto il comparto automobilistico». Il leghista Alberto Gusmeroli guida la commissione Attività produttive della Camera. Il presidente Stellantis John Elkann ha fatto sapere che non è ancora arrivato il momento per accettare il suo invito in Parlamento. (…) «Le soluzioni ai problemi nascono dall’ascolto reciproco e dal confronto: per questo senso ho rinnovato, date le dimissioni del ceo Tavares, la richiesta di audizione a Elkann. Per rappresentare la posizione del gruppo rispetto al futuro dei siti produttivi italiani e alla salvaguardia dei posti di lavoro»”, si legge su Il Corriere della Sera.

«L’Italia ha nell’automotive uno dei suoi asset produttivi strategici con una storia ultra-centennale. Un patrimonio che deve essere preservato, specie di fronte alle sfide della transizione energetica. Il presidente Elkann ha riferito di voler attendere la positiva definizione del tavolo aperto al ministero delle Imprese». (…) «Spero che il 17 dicembre possano nascere impegni reciproci che permettano di rilanciare il settore dell’automotive, con il mantenimento di tutti i siti produttivi, e salvaguardando i livelli occupazionali diretti e dell’intera filiera della componentistica. Il governo farà la sua parte anche con incentivi mirati rivolti a ritorni di competitività sui mercati nazionali e internazionali, focalizzati in particolare sul contenimento dei costi dell’energia e sul sostegno al reddito dei lavoratori»”, continua il giornale.

“«I consumatori hanno difficoltà a finalizzare l’acquisto di un’auto elettrica: un costo elevato, molte difficoltà di ricarica e ridotta autonomia. I dati poi non offrono un quadro fedele della realtà: una significativa percentuale di auto elettriche sono immatricolate dai concessionari, con ingenti oneri finanziari e un non quantificabile costo di obsolescenza per la lunga permanenza di questo stock sui piazzali». (…) Durante l’audizione dell’ex ceo Tavares l’unica affermazione che non gli è stata contestata, e che ha unito tutti, riguarda le decisioni dell’Ue sulla transizione ecologica, con nessuna valutazione costi/benefici e sulle conseguenze in termini di sostenibilità (…) «Occorrono più soluzioni: spostare sicuramente la data del 2035, sospendere le sanzioni alle case automobilistiche nel 2025 che derivano da soglie troppo alte di vendita dell’elettrico a cui i produttori rispondono, per evitarle, abbassando le produzioni di endotermico. È necessario abbandonare la scelta solo elettrico e prevedere anche e-fuel e biofuel (nei quali l’Italia è leader) e anche idrogeno. E poi intervenire sulla competitività anche con l’aumento della deducibilità dei costi delle auto aziendali. Su questo, il Governo sta già lavorando»”, continua il giornale.

AUTO, MONTEZEMOLO: “MADE IN ITALY NON ESISTE PIU’, TAVARES LAVORAVA PER SOCI”

“L’auto italiana non esiste più…Mi chiedo perché John Elkann non si è opposto a Carlos Tavares, il ceo di Stellantis appena esautorato, quando decise di fare produrre la Fiat 600 in Polonia? Scelta presa quando Mirafiori — come ora — era ferma, con gli operai in cassa di integrazione”. Ci va giù pesante Luca Cordero di Montezemolo nell’intervista pubblicata su Il Corriere della Sera, non risparmiando attacchi all’ex ceo di Stellantes, che “lavorava solo per i soci”.

“Luca Cordero di Montezemolo non sa esprimere altro che malinconia e tristezza per la situazione in cui oggi è coinvolto il gruppo Stellantis, subentrato alla vecchia Fiat. «Nel 2022 fui il primo a dichiarare che l’auto italiana non esisteva più, eccetto la Ferrari, ottenendo come risposta un silenzio tombale da parte dei sindacati, del governo e dell’opposizione. Identica ritrosia mi fu riservata quando chiesi perché ai tempi del governo Conte 2 era stato fatto un prestito a Fca, poco prima della fusione con Peugeot, di 6,3 miliardi di euro, con impegni precisi, totalmente disattesi. Denaro che lo Stato aveva erogato per difendere il lavoro, invece era stato utilizzato per una divisione di utili pari a 5 miliardi a favore dell’azionista». Montezemolo è stato per 30 anni nel gruppo, di cui 23 in Ferrari, portandola ai massimi livelli sia sportivi sia commerciali. (…) «Mi chiedo perché John Elkann non si è opposto a Carlos Tavares, il ceo di Stellantis appena esautorato, quando decise di fare produrre la Fiat 600 in Polonia? Scelta presa quando Mirafiori — come ora — era ferma, con gli operai in cassa di integrazione»”, si legge su Il Corriere della Sera.

“Non trova una risposta logica, ricordando anche che «i fornitori italiani sono stati sollecitati, attraverso una lettera, a investire in Marocco, esaltando le facilitazioni dedicate all’industria automobilistica in quella nazione. Quando, tutto il mondo sa che il nostro Paese è riconosciuto per essere il maggiore produttore di componentistica per veicoli». In effetti è sufficiente citare Brembo, Pirelli e Marelli, affiancati da piccole e medie aziende — in tutto sono oltre duemila — capaci di assemblare le parti più complicate di una vettura, anche per le case straniere, grazie alla flessibilità del nostro sistema produttivo. Si sente ferito per il rifiuto di John Elkann di non voler riferire in Parlamento, dichiarando di non avere nulla da dire di più di quello raccontato da Tavares, con lui concordato; pare uno schiaffo alle nostre istituzioni, «quando proprio la politica ha concesso tutto al gruppo. Certo Tavares ha fatto guadagnare agli azionisti, ossia agli Agnelli/Elkann, più di 23 miliardi di euro in quattro anni: eseguiva solamente ciò che era utile a loro, sicuramente non all’Italia, per questo il manager portoghese non andava contraddetto». Anzi premiato. (…) Ed è normale che Montezemolo si chieda «perché Elkann non ha mai iniziato a fare il padrone occupandosi, giornalmente, della governance aziendale, l’insieme di regole e principi che disciplinano la gestione e la direzione di una impresa, lasciando campo libero a Tavares?»”, continua il giornale.

PNRR, PROBLEMI NONOSTATE LE RASSICURAZIONI DI TOTI

“Il primo commento di Tommaso Foti non poteva che essere che va tutto bene e che Raffaele Fitto ha fatto un gran lavoro. Ma il neoministro per il Pnrr si è anche mostrato subito consapevole che “non si possano fare pause” e c’è da correre. Essendo dello stesso partito del vicepresidente della commissione e della premier, c’è da immaginare che la situazione gli sia stata descritta per quella che è. Difficilissima. Anche la recente mini-revisione del Pnrr per modificare alcuni target della sesta rata e consentire così il via libera di Bruxelles al nuovo incasso la dice lunga sulla condizione pirandelliana in cui è entrato ormai il Pnrr, con una opacità che impedisce di distinguere le cose che vanno e le cose che presentano profili critici. Anche il tormentone poco elegante dell’Italia primo paese per raggiungimento dei target e incassi rischia di diventare un boomerang perché via via che crescono gli incassi con una spesa che non si sblocca crescono pure gli avanzi che cominciano a essere imbarazzanti. (…) Gli uffici tecnici ministeriali e quelli di Bruxelles ci stanno già lavorando da tempo, con un obiettivo fondamentale: ripulire il programma italiano di tutti quegli investimenti che ormai è chiaro non arriveranno in tempo per il giugno 2026. Questo consentirebbe all’Italia di mettersi in regola almeno momentaneamente per avanzare una richiesta, meno velleitaria di quelle fatte finora, di una proroga del termine del giugno 2026”, si legge su Il Foglio.

“Per ora i regolamenti europei – che sarà Fitto a dover applicare – lo vietano, ma potrebbero aprirsi dei margini. E qui c’è un primo problema politico: Meloni e Foti con chi andranno a discutere e a chi chiederanno questa flessibilità, a Fitto o a Dombrovskis? Sarebbe una bella mossa quella di prendere subito il toro per le corna, certo con l’aiuto del commissario italiano, evitando di essere poi impallinati strada facendo. Bisognerà tenere i riflettori accesi sulle prime mosse di Foti, che è politico di lungo corso, a Bruxelles. (…) Anche qui sarà interessante vedere se Foti replicherà il rapporto duro che aveva instaurato Fitto o cercherà vie più diplomatiche, magari chiedendo l’aiuto di Meloni”, continua il giornale.

“Nella partita con Bruxelles un aspetto che risulterà decisivo è quello delle contropartite offerte dall’Italia in cambio della flessibilità. La rimodulazione può essere infatti anche l’occasione per proporre qualche nuova riforma importante che faccia colpo sui vertici comunitari. Per esempio, una riforma radicale della programmazione, della pianificazione, dell’attuazione e dei controlli degli investimenti pubblici. Qualcosa che consenta di dire che il Pnrr ci ha permesso quanto meno di capire dove siamo bloccati e cosa ci manca, correndo ai ripari prima che scada. Detta così, il Pnrr non passerebbe invano: si eviterebbe di disperdere quanto appreso con il metodo Pnrr, mettendolo invece a sistema. Il rischio vero è altrimenti quello di tornare indietro. Una proposta del genere darebbe alla Commissione la forza per dire di aver fatto bene a scommettere su NextGeneraretionEU come piano di performance. Che è poi la vera partita politica che, in un certo senso, rende alleati la commissione e l’Italia, potenziale anello debole di tutta l’operazione Next Generation.
C’è poi una sfida di trasparenza su cui il politico Foti si gioca molte delle sue carte di popolarità. (…) Infine, c’è la situazione davvero drammatica delle task force che devono portare avanti il Pnrr nei ministeri. Chi dovrà gestire questi 120 miliardi che ci restano da spendere nei prossimi diciotto mesi con uno sforzo amministrativo mai visto prima in Italia? Si fa finta di non vedere che retribuzioni limitate e contratti a tempo determinato hanno prodotto la fuga dalle strutture ministeriali, sguarnite ormai per due terzi. E’ urgente potenziare quelle strutture e nessuno sarà disponibile ad affrontare diciotto mesi di fuoco, con responsabilità enormi, senza la garanzia di un’assunzione vera nella Pa. Anche questo problema, sempre rimandato, ora viene a galla drammaticamente. La legge di bilancio è forse l’ultima occasione per cercare una soluzione”, continua il giornale.

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