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Taccuino Orioles

Usa, Israele, Libano. Le notizie estere

Il Taccuino estero di Orioles

E’ ANCORA STALLO A WASHINGTON SU UN NUOVO PACCHETTO DI STIMOLO ANTI-COVID

Proseguono a Washington le trattative tra i partiti per il varo di un nuovo pacchetto di stimolo anti-Coronavirus, ma finora senza aver raggiunto alcun risultato.

I DEMOCRATICI RIFIUTANO L’OFFERTA REPUBBLICANA DI 1,3 TRILIONI DI DOLLARI

Dopo vari e vani tentativi di trovare la quadra tra l’importo di spesa immaginato dai Democratici e quello assai inferiore proposto dai Repubblicani, questa settimana è saltata anche l’intesa sull’ultima offerta dell’Elefantino, che ha messo sul piatto 1,3 trilioni di dollari.

La cifra, che lievita pur sempre di 300 milioni rispetto alla proposta avanzata qualche settimana fa dai repubblicani stessi, sarebbe stata discussa in una serie di colloqui privato tra il Chief of Staff della Casa Bianca Mark Meadows, il segretario al Tesoro Steven Mnuchin e dai due leader democratici alla Camera Nancy Pelosi e al Senato Chuck Schumer.

PER NANCY PELOSI DI MILIARDI CE NE VOGLIONO ALMENO 2,2

Pelosi tuttavia ha rifiutato sdegnosamente l’offerta, sottolineando che di trilioni di dollari ce ne vogliono almeno 2,2 e che la proposta avanzata da Meadows e Mnuchin dimostra che i repubblicani “stanno rigettando (di mettere in campo) i fondi necessari per i test e il tracciamento per schiacciare il virus e riaprire in sicurezza le scuole e l’economia”.

I DEM AVEVANO VOTATO A MAGGIO DA SOLI UN PACCHETTO DA 3,4 MILIARDI DI DOLLARI

L’opposizione dei democratici si spiega anche con la frustrazione per aver votato a maggio un super-pacchetto di stimolo da 3,4 trilioni di dollari che però non è stato approvato dal Senato a maggioranza repubblicana.

Donald Trump ha tuttavia una teoria tutta personale sul rifiuto personale di Pelosi e l’ha confidata ai reporter a bordo dell’Air Force One mentre faceva ritorno a Washington dal New Hampshire: “La mia impressione è che lei non voglia alcuno stimolo, ma solo il bailout per gli Stati democratici gestiti pessimamente”.

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PRIMO VOLO COMMERCIALE ISRAELE-UAE

Gli accordi “di Abramo” siglati due settimane fa da Israele e Emirati Arabi Uniti stanno cominciando a dare i primi frutti.

La compagnia aerea israeliana EL AL ha confermato a vari media che lunedì dall’aeroporto Ben Gurion partirà il primo volo commerciale della storia diretto verso gli Emirati.

IL VOLO EL AL 971 PARTIRA’ LUNEDI DALL’AEROPORTO BEN GURION IN DIREZIONE ABU DHABI

Il volo “El Al 971”, servito da un Boeing 737, partirà dal Ben Gurion alle 10 del mattino di lunedì e volerà direttamente ad Abu Dhabi senza fare scali passando attraverso lo spazio aereo saudita.

La compagnia ha già provveduto a registrare il volo di ritorno “El Al 972” che è fissato per il giorno dopo, come confermato dalle tabelle stilate dall’Israel Airport Authority.

A BORDO DEL BOEING 737 DUE DELEGAZIONI DEI GOVERNI DI ISRAELE E USA

Per questo volo inaugurale, è prevista la presenza a bordo di due delegazioni di tutto rispètto degli Usa e di Israele.

Il Team America sarà guidato dal consigliere del presidente Jared Kushner, che sarà accompagnato dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale Robert O’Brien e dagli inviati della Casa Bianca Avi Berkowitz e Brian Hook.

Per la parte israeliana, sarà presente un team guidato dal Consigliere per la sicurezza nazionale Ben Shabbat, accompagnato dai direttori generali della presidenza del consiglio e dei ministeri della difesa e della salute.

A bordo non mancherà inoltre una folta delegazione di giornalisti di tutto il mondo che seguiranno l’evento.

Negli Emirati, la delegazione israeliana avrà tra lunedì e martedì diversi colloqui tecnici con la controparte per discutere di un set di accordi bilaterali riguardanti aspetti come l’apertura delle rispettive ambasciate, i voli diretti e i visti.

IL VIAGGIO E’ CONSIDERATO PREPARATORIO DI UNA CERIMONIA UFFICIALE ALLA CASA BIANCA

Questa visita viene inoltre considerata preparatoria di una cerimonia ufficiale alla Casa Bianca dove i delegati di Emirati Arabi Uniti ed Israele avranno modo di celebrare con una firma la loro nuova amicizia.

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OGGI IN LIBANO LE CONSULTAZIONI PER LA NOMINA DEL NUOVO PREMIER

Convocate venerdì dal presidente della Repubblica Michel Aoun, cominciano oggi in Libano le consultazioni parlamentari per trovare il successore del primo ministro Hassan Diab, dimessosi il 10 agosto a seguito delle conseguenze dell’esplosione al porto di Beirut della settimana precedente.

SECONDO LE REGOLE, IL PRIMO MINISTRO DEVE ESSERE UN SUNNITA

Secondo le regole della democrazia libanese, il primo ministro deve essere sunnita e viene nominato, e richiesto di formare un nuovo gabinetto, quando riceve l’appoggio della gran parte dei blocchi e membri del parlamento.

TRA I PAPABILI, L’EX AMBASCIATORE ALL’ONU NAWAF SALAM

Tra i nomi dei papabile circolati alla vigilia c’è quello dell’indipendente Nawaf Salam, ex ambasciatore alle Nazioni Unite. Ma Hezbollah, che è in parlamento ha la maggioranza insieme ai suoi alleati, ha rigettato la formula di un “governo neutrale”, preferendole quella di un governo di unità nazionale che raduni tutte le forze politiche.

È sbucato fuori naturalmente anche il nome dell’ex premier Saad Hariri, avanzato dallo speaker del parlamento e capo del partito sciita Amal Nabih Berri. Il nome dell’ex premier dimessosi l’anno scorso gode del gradimento anche di Hezbollah e del suo alleato Movimento Amal.

ANCHE L’EX PREMIER HARIRI GODE DI UN FORTE CONSENSO, MA SONO NUMEROSE LE FORZE POLITICHE PRONTE A RIGETTARE IL SUO NOME

Ma contro la nomina di Hariri sono pronti a fare le barricate il principale alleato cristiano di Hezbollah, il Free Patriotic Movememt fondato dal presidente Aoun, e altre forze minori come il Partito Cristiano di Walid Jumblatt.

Probabilmente conscio dell’aria che tira, Hariri ha fatto sapere di non essere a disposizione per il posto e che farà sapere lunedì quale nome gode della sua preferenza per la carica di primo ministro.

Sulle consultazioni grava il peso di una crisi economica e finanziaria senza precedenti, che certamente solleciterà i parlamentari ad accelerare la soluzione della crisi politica. La settimana scorsa, tra gli altri, il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian ha detto che il Paese soffre tali condizioni da rischiare seriamente il collasso.

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