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Pnrr

Vitol corteggia Saras, Acea smentisce la cessione del ramo di azienda ad Eni e il Pnrr fa i conti sugli appalti assegnati nell’ultimo triennio

Potenziali acquirenti interessati a rilevare una quota si Saras hanno contattato la famiglia Moratti, tra questi figura il gruppo Vitol. Nel frattempo, Acea sta valutando la cessione del ramo di azienda di Acea Energia, ma arriva la smentita sulla  possibile trattativa con Eni. Sul fronte del Pnrr, nell’ultimo triennio, secondo l’Osservatorio appalti del Cresme, sono stati assegnati 200 miliardi di appalti. Ecco cosa dicono i quotidiani

Fra i potenziali compratori dell’azienda che gestisce la raffineria sarda di Sarroch, Saras, figurerebbe il gruppo Vitol che, secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg avrebbe contattato la famiglia Moratti.

Nel mentre, Acea sta valutando la cessione del ramo di azienda di Acea Energia e smentisce i rumors sulla trattativa con Eni in merito.

Sul fronte del Pnrr, secondo i dati dell’Osservatorio appalti del Cresme, nel 2023 sono stati aggiudicati lavori per un totale di 91,5 miliardi, dato che frantuma il record storico di 59,4 miliardi raggiunto nel 2022 (+54 per cento). Se si aggiungono i 49 miliardi appaltati nel 2021 si arriva a 200 miliardi.

CHI CORTEGGIA SARAS?

Nuovi pretendenti si fanno avanti per Saras. A riportare la notizia oggi è il quotidiano Il Corriere della Sera che riprende quanto riferito dall’agenzia Bloomberg, secondo cui “la famiglia Moratti è stata contattata da investitori internazionali, desiderosi di rilevare una quota dell’azienda che gestisce la raffineria sarda di Sarroch, una delle più grandi nel Mediterraneo per capacità produttiva. Fra i potenziali compratori figurerebbe il gruppo Vitol, multinazionale attiva nella compravendita di materie prime e in corsa anche per entrare nel capitale del rigassificatore di Rovigo”.

“Non è la prima volta che Saras, controllata al 40% dalla famiglia Moratti, finisce sotto la lente del mercato: nel 2020 un altro colosso del trading petrolifero, Trafigura, aveva fatto capolino in Saras con il 3% per poi aumentare la quota fino al 15% e, infine, scendere al 10% a inizio 2024”; scrive il quotidiano.

ACEA SMENTISCE LA TRATTATIVA CON ENI: QUALE SARÀ IL DESTINO DI ACEA ENERGIA?

Acea, nel frattempo, sta valutando la cessione del ramo di azienda di Acea Energia. Secondo quanto evidenzia il quotidiano Il Sole 24 Ore, “avrebbe già una controparte negoziale con la quale l’interlocuzione va avanti da diversi mesi. Si tratta di Plenitude, società del gruppo Eni, che opera nella vendita di energia elettrica e gas ai clienti retail, oltre ad essere un operatore delle rinnovabili. Questo è lo scenario sul quale ormai da giorni insistono rumors di mercato, per la verità in modo sempre più insistente. Acea, però, smentisce con fermezza la notizia. Plenitude del gruppo Eni replica con un «no comment». Lo scenario si cala nel mezzo della competizione, appena conclusa con l’aggiudicazione definitiva, per acquisire clienti dalla maggior tutela e portarli nel tutele graduali. Competizione che ha visto aggiudicarsi lotti da parte di Enel, Hera, Edison, Illumia, A2A, Iren e Eon. A sorpresa, Eni e Acea, pur avendo partecipato, sono rimasti esclusi dall’aggiudicazione. I due operatori hanno presentato offerte, ma senza offrire ribassi particolarmente significativi. Acea non avrebbe voluto fare offerte finanziariamente poco sostenibili, questa sarebbe la motivazione. In realtà, considerato lo scenario riportato dai rumors, il limitato impegno di Plenitude e di Acea nelle aste acquisisce maggiore senso in virtù del negoziato che sarebbe in essere tra i due. Sempre secondo i rumors, le due controparti avrebbero vincolato le condizioni della trattativa all’esito delle aste. E ora, dopo l’esclusione dei Acea, l’interlocuzione sarebbe ripartita su valori per l’acquisizione meno allettanti per l’utility romana. Acea Energia annovera oggi circa un milione di clienti nella Capitale ai quali fornisce energia elettrica e gas. L’utility non ha più un generazione propria e quindi il business della vendita di energia conferisce minori margini ed è meno interessante per un’azienda che ha più volte dichiarato nei piani strategici di volersi focalizzare sul business dell’acqua e dei rifiuti”.

“Se l’operazione andasse a buon fine l’utility guidata da Fabrizio Palermo potrebbe contare su risorse importanti per poter sostenere finanziariamente la crescita nel settore idrico e dei rifiuti. Plenitude, dal canto suo, avrebbe il vantaggio di acquisire un pacchetto di clientela importante nella Capitale, un mercato nel quale la sua presenza nella vendita di energia elettrica è limitata. Non solo: l’esclusione dall’aggiudicazione delle aste per le tutele graduali espone Plenitude a una concorrenze agguerrita sulla vendita di gas da parte di operatori che hanno conquistato quote di mercato. Ad esempio nel Nord Italia nella aree che è riuscita ad aggiudicarsi Enel. Non è chiaro se il gruppo elettrico fosse stato sondato da Acea per la cessione di Acea Energia. In realtà Enel non avrebbe comunque potuto rilevare quella società, perchè essendo l’incumbent ha vincoli antitrust da rispettare”, scrive il quotidiano.

PNRR: ASSEGNATI 200 MILIARDI DI APPALTI NELL’ULTIMO TRIENNIO

Sul fronte del Pnrr arrivano i dati dell’ultimo triennio (2021-2023) sul mondo degli appalti. A riprendere la notizia oggi è il quotidiano Il Foglio che riporta quanto emerge dai dati dell’Osservatorio appalti del Cresme, secondo cui nel 2023 “sono stati aggiudicati lavori per un totale di 91,5 miliardi, dato che frantuma il record storico di 59,4 miliardi raggiunto nel 2022 (+54 per cento). Se si aggiungono i 49 miliardi appaltati nel 2021 si arriva a 200 miliardi, che hanno certamente dentro gran parte delle opere Pnrr ma tengono conto anche di molti progetti che sono andati in scia, a partire da quelli del Piano nazionale complementare. Per dare un’idea della straordinarietà del fenomeno è sufficiente ricordare che l’anno più prolifico, prima del triennio d’oro del Pnrr, era stato il 2005 (erano i tempi della legge obiettivo) che si era fermato a 24 miliardi. Non è il momento di cantare vittoria, perché il difficile arriva proprio adesso, con la fase di cantiere che già produce rallentamenti e ritarda la spesa effettiva, nettamente al di sotto dei target fin dal primo minuto. Vedremo quanti problemi dovranno affrontare i lavori Pnrr, con i ritardi pesanti che già si preannunciano, anche in quelle “stazioni appaltanti”, come le Ferrovie, che erano partite benissimo e fino a un anno fa sembravano andare dritte a meta, mentre oggi accusano 6-8 miliardi di mancata spesa rispetto alla tabella di marcia. Resta il fatto che per 200 miliardi si sono messe in atto procedure che in passato avrebbero richiesto anni solo per essere avviate. Il dato politicamente più rilevante è, però, quello che il Foglio aveva già evidenziato in anteprima, il 27 gennaio scorso, con il titolo sui 24 miliardi di bandi di gara pubblicati dai comuni”.

“Con gli appalti aggiudicati (quindi gara conclusa e assegnata) arriva una conferma e il dato è altrettanto clamoroso: 12,9 miliardi con un incremento del 145 per cento sul 2022. E’ un’altra conferma che, nella estenuante polemica fra il ministro per l’Europa e il Pnrr, Raffaele Fitto e il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, la ragione pendeva dalla parte di quest’ultimo quando diceva che i 13 miliardi di progetti comunali ricompresi nel Pnrr erano tutti (o quasi) appaltati, con “impegni giuridicamente vincolanti”. E che stralciarli avrebbe creato un gran pasticcio. Oggi questa tesi esce rafforzata dai due dati (bandi di gara e aggiudicazioni) citati sopra. Fitto ha stralciato progetti comunali per 10 miliardi con la motivazione che si sarebbero fermati, prima o poi, nel percorso verso il 2026. Ma intanto erano partiti (contrariamente a molte cose rimaste ferme nel piano) e ora che il governo sta per varare, in ritardo, il quarto decreto accelera-Pnrr, sarebbe molto difficile e imbarazzante non rifinanziare con risorse nazionali, come promesso, tutti questi progetti che avevano già cominciato il loro percorso”, si legge nell’articolo.

“La partita con i comuni è, peraltro, uno dei motivi per cui il decreto rallenta, con posizioni dichiarate pubblicamente molto diverse fra Fitto, che vorrebbe finanziarli con il Fondo sviluppo coesione (privo di cassa sufficiente, da reperire nelle casse dello stato), e il titolare del Mef Giorgetti che vorrebbe usare il Fondo nazionale complementare al Pnrr. Quest’ultimo ha previsioni di spesa già inserite nei tendenziali del bilancio e si presta quindi a finanziare i progetti comunali rimasti senza Pnrr. Questo richiede evidentemente che si accantonino i progetti del Piano nazionale complementare (Pnc) facendo quello che forse andava fatto dall’inizio, anche nella revisione del Pnrr: eliminare i progetti maggiormente in ritardo che ancora non erano stati appaltati. Ora la caccia ai progetti del Pnc in ritardo è una delle cause che sta mandando il decreto-legge per le lunghe. Ma ce n’è un’altra, ancora più interessante, che crea attrito fra Fitto e la Ragioneria centrale: la preoccupazione che molti progetti salvati del Pnrr alla fine non ce la faranno ad arrivare al traguardo al 2026. La Ragioneria chiede allora a Fitto di tenere in qualche modo i progetti comunali stralciati all’interno di un perimetro “collaterale” al Pnrr, una sorta di riserva progettuale a fianco del Piano che potrebbe tornare utile per far rientrare i progetti stralciati nel caso quelli che stanno ancora in serie A non riescano a chiudere in tempo”, scrive Il Foglio.

 

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