Nel Pd è scontro tra favorevoli e contrari, in Liguria Toti contro i sindaci della zona che ospiterà l’impianto
Il tema dei rigassificatori sta creando in Italia due schieramenti contrapposti trasversali agli schieramenti politici. Malgrado le contestazioni sopratutto a Piombino per la collocazione del terminal necessario per importare più gas liquefatto senza passare dalla Russia, e Vado Ligure, vicino Savona, che si stanno concentrando i maggiori problemi.
LA GOLAR TUNDRA
La Golar Tundra, la nave per la rigassificazione del Gnl acquistata da Snam oltre un anno fa, verrà infatti spostata da Piombino, in provincia di Livorno, in Liguria nella seconda metà del 2026, visto che il periodo di permanenza a Piombino durerà in tutto tre anni. E l’annuncio sta scatenando una vibrata serie di proteste.
IL TERRITORIO LIGURE NON CI STA
Prima di tutto sul territorio: dopo gli incontri pubblici di Savona e Quiliano, una manifestazione in piazza a Vado Ligure, una raccolta firme online (giunta a 5.500 firme) e la presa di posizione dell’istituto comprensivo di Quiliano, ora arriva una iniziativa in programma domenica 10 settembre alle ore 15: una catena umana in spiaggia “contro il mostro del gas”. Si tratta di un’idea nata nei gruppi Facebook contrari al rigassificatore.
Ma a capeggiare i “no” sono anche esponenti politici locali e non, come ad esempio il sindaco di Savona, Marco Russo, o Annalisa Corrado, schleinianissima responsabile Ambiente del Pd. Ma procediamo con ordine.
GLI SCHIERAMENTI CONTRAPPOSTI NEL PD: LA CORRADO DICE NO AGLI IMPIANTI
Ieri la Corrado, dalle pagine del Foglio chiedeva lo stop alla collocazione dell’impianto in Liguria tra tre anni: “È assurdo che in un paese civile non esista uno straccio di piano industriale serio per una vera transizione energetica e il progressivo phase out dalle fonti fossili e che garantisca la possibilità di discutere e pianificare, con tutti i livelli istituzionali coinvolti, scelte che impattano su economia e salute dei territori”, tuonava la responsabile ambiente del Pd.
IL DIVERSO APPROCCIO DEL PD EMILIANO-ROMAGNOLO
Parole che però contrastano con la posizione del Pd emiliano-romagnolo, sede designata del secondo rigassificatore acquistato dall’Italia che invece ha trovato il benestare del governatore e presidente Pd della Regione Stefano Bonaccini. Insomma, il Pd è favorevole al rigassificatore in Emilia-Romagna, ma non lo è in Liguria? “Innanzitutto – spiegava Corrado al Foglio – il percorso in Emilia-Romagna è stato decisamente diverso, ha coinvolto tutti gli interessati. Inoltre, in quel momento occorreva rispondere in via emergenziale a un’esigenza come quella dell’uscita rapida dal gas di Putin. Adesso la situazione è mutata e consentirebbe processi diversi, anche di messa in discussione di questo appiattimento su Gnl, non è questo il futuro”.
IL SINDACO DI RAVENNA DE PASCALE RICHIAMA IL PD: “SÌ AI RIGASSIFICATORI BASTA NIMBY
A rispondere per le rime, accentuando la confusione all’interno dei democratici, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale che però non ci sta a passare per quello che vuole solo fare polemiche interne, come scrive Il Foglio di oggi: “Il caso di Ravenna dimostra che i rigassificatori servono. Certo, l’obiettivo a lungo termine è di usarli sempre meno. Ma bisogna avere delle alternative credibili. Il Pd fa una battaglia giusta contro i cambiamenti climatici, ma se non hai una strategia rischi di ottenere l’effetto opposto”. E infatti, ha spiegato De Pascale “ora qual è l’alternativa? Perché non vorrei che dopo esserci liberati dal ricatto di Putin finissimo sotto il ricatto di qualcun altro’”.
Insomma, la parole d’ordine è pragmatismo: “Lo ripeto, i valori del Pd, il contrasto ai cambiamenti climatici, sono giusti, li condivido. Ma poi bisogna avere soluzioni concrete, specialmente nella contingenza di una crisi energetica che non è ancora finita. Ecco, al partito manca una strategia pragmatica”, ha proseguito De Pascale che comunque non ha fatto sconti neppure al governo: “Perché non ha una strategia energetica. Ha ceduto al ricatto del governatore Zaia, impedendo di estrarre gas nazionale. Con l’effetto che per importare gas dall’estero aumentiamo del 30 per cento le emissioni di CO2. E’ un controsenso’”.
Ma la domanda del Foglio è poi lecita: “Non teme che con Schlein restiate ancora più ostaggio di alcune resistenze ideologiche? ‘Quello che abbiamo fatto con il rigassificatore qui a Ravenna è un esempio di come la teoria, l’orizzonte valoriale, debbano tenere conto delle risposte che vanno date ai cittadini, al territorio’. Insomma, rigassificatori finché servirà? ‘Sì, perché la crisi energetica non è finita. E, lo ripeto, nel breve termine in quanto a impatto ambientale c’è molto di peggio del gas’”.
TOTI: RIGASSIFICATORE STRATEGICO, IL NO È DA TERRAPIATTISTI
Anche il governatore della liguria Giovanni Toti è intervenuto sulla vicenda rigassificatore dalle pagine del Secolo XIX per puntare l’indice contro i no all’impianto: “Roba da terrapiattisti, mi ricorda chi diceva che nei vaccini c’era il siero per controllare le menti. E chi cavalca queste cose per un tornaconto politico ha un comportamento che per un amministratore è scabroso”. Toti ha detto di aspettarsi “coerenza” anche da chi sostiene il governo nazionale e non arretra sulle domande: “Mi pare che la polemica abbia un chiaro connotato politico di opposizione, oppure ideologico di rifiuto di questa tecnologia. Ma ricordo a tutti che I’Italia non è fuori dalla crisi energetica che tanto ci preoccupò lo scorso anno. E il piano di ricorrere ai rigassificatori per evitare di essere dipendenti dal gas russo e ridurre i contraccolpi sulle bollette di famiglie e imprese è quello del governo Draghi, che era sostenuto anche da Pd e M5S”.
Al quotidiano che fa notare come la scelta di spostare il rigassificatore di Piombino in Liguria sia però arrivata con il governo Meloni, Toti replica: “Si e per questo mi aspetto che le forze di maggioranza a Roma e in Liguria siano coerenti: la mia nomina a commissario e la localizzazione dell’impianto sono scelte del Consiglio dei ministri. Peraltro a livello nazionale Salvini, Tajani e Meloni sono molto chiari nel condannare la politica dei “no””.
Per quanto riguarda le contestazioni, i sindaci accusano uno scarso coinvolgimento. In primis il primo cittadino di Savona che si è lamentato della Conferenza dei servizi indetta in piena estate “costringendo i sindaci ad affannose rincorse”.
“Definire i sindaci che si riuniscono ‘quattro amici del Pd’ significa disprezzare il ruolo istituzionale dei primi cittadini e, allo stesso tempo, ignorare che il nostro territorio è abituato ad agire secondo una logica di comprensorio. Forse il Presidente non sa che il Tavolo dei 6 Comuni Portuali si riunisce con regolarità da un anno e mezzo allo scopo di condividere le politiche portuali, portando avanti un politica di sviluppo condivisa con anche con le parti sociali”, le parole di Russo.
“La prima accusa è quella procedurale, ma è un falso totale. Tutti i sindaci sono stati convocati più volte, compreso quello di Savona, non appena il commissario di governo è stato nominato e non appena Gnl Italia, azienda incaricata dal governo, ha presentato un progetto. Altrimenti sarebbe stato un dibattito ozioso. Ho incontrato, con i tecnici del Rina e di Snam, uno ad uno tutti i sindaci dei territori attraversati dal gasdotto. Abbiamo discusso nel dettaglio. E c’è la completa disponibilità ad accogliere eventuali migliorie sul tracciato. Il processo amministrativo di fatto non è nemmeno cominciato e sarà ben più profondo di quanto fatto da colleghi come Giani in Toscana e Bonaccini in Emilia dove non era prevista la Valutazione di impatto ambientale nazionale. I comuni avranno tutte le sedi per presentare le loro osservazioni”, ha però replicato Toti.