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energia

Fondi Ue, G7, ex Ilva e auto: cosa c’è sui giornali di oggi

Una cabina di regia per accelerare la spesa dei Fondi Ue, addio al carbone entro il 2035, 150 milioni di euro in arrivo per l’ex Ilva e lo studio Rhodium secondo cui servirebbero dazi al 50% per poter competere con le elettriche cinesi: la rassegna dei giornali

Arriva oggi in Consiglio dei ministri la riforma della politica di coesione del ministro Raffaele Fitto. Inserita come “milestone” nel Pnrr, quindi indispensabile per sbloccare la prossima rata, promette di dare una svolta all’attuazione e alla spesa dei fondi strutturali. Da Torino i ministri dell’Ambiente dei Paesi del G7 (Italia, Francia, Germania, Canada, Stati Uniti, Giappone e Regno Unito) hanno trovato un compromesso sui tempi per l’abbandono definitivo del carbone che potrà avvenire al massimo entro il 2035. Intanto il Governo ha messo in cantiere un apporto di 150 milioni per l’ex Ilva, che arriverà a breve attraverso una norma ad hoc che dovrebbe avere la forma di un decreto legge, da varare la prossima settimana. Infine, lo studio di Rhodium Group: L’Unione Europea dovrebbe imporre dazi al 50% per arrestare l’avanzata delle auto elettriche cinesi. Oltre che di inedita entità, tuttavia, tale misura potrebbe anche rivelarsi un autogol per l’industria occidentale.

FONDI UE, UNA CABINA DI REGIA PER ACCELERARE LA SPESA

“Arriva finalmente oggi in Consiglio dei ministri la riforma della politica di coesione del ministro Raffaele Fitto. Inserita come “milestone” nel Pnrr, quindi indispensabile per sbloccare la prossima rata, promette di dare una svolta all’attuazione e alla spesa dei fondi strutturali. Dovrà in ogni caso passare al vaglio della Commissione europea”. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. “Lo sforzo principale della riforma è coordinare e rendere sinergici gli investimenti di ministeri e regioni finanziati dalle diverse risorse europee, fondi strutturali e Pnrr, e quelli invece finanziati dal Fondo sviluppo e coesione nazionale (Fsc). Il fulcro di questo coordinamento sarà la nuova cabina di regia di cui faranno parte i ministri dei settori strategici indicati dal decreto (risorse idriche; infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell’ambiente; rifiuti; trasporti e mobilità sostenibile; energia; sostegno allo sviluppo e all’attrattività delle imprese, anche per le transizioni digitale e verde). Alla cabina di regia va anche il compito di verificare il monitoraggio dei risultati effettuato dal Dipartimento per le politiche di coesione (Dpcoe) e quello di definire le priorità della piattaforma Step per la competitività dei settori industriali considerati strategici a livello Ue e per i quali la Ue prevede il “concorso” del sostegno dei programmi della politica di coesione. (…) Previsti anche meccanismi di premialità ma anche la richiesta al governo di poteri sostitutivi nei casi in cui l’inerzia delle amministrazioni rischi di portare al disimpegno delle risorse europee. Il testo amplia la possibilità di utilizzare le risorse del Fsc per il cofinanziamento dei programmi europei (Fesr e Fse+). (…)”, conclude il quotidiano.

G7, USCITA GRADUALE DAL CARBONE, ADDIO DEFINITIVO ENTRO IL 2035

“I ministri dell’Ambiente dei Paesi del G7 (Italia, Francia, Germania, Canada, Stati Uniti, Giappone e Regno Unito) hanno trovato un compromesso sui tempi per l’abbandono definitivo del carbone. Ad annunciare l’intesa, ‘su cui manca il timbro dell’accordo politico ma c’è un percorso tecnico di massima ormai definito’, è stato ieri il padrone di casa, Gilberto Pichetto Fratin, titolare del dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che al summit, di scena alla reggia di Venaria, alle porte di Torino, era accompagnato dalla viceministra Vannia Gava e dal sottosegretario Claudio Barbaro”. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. “‘Per domani (oggi per chi legge, ndr) ci sarà la chiusura della parte politica e a a quel punto potremo fare l’annuncio ufficiale’, ha spiegato il ministro nel corso di un punto stampa a margine dei lavori (…) Pichetto, però,ha preferito non sbilanciarsi anche se la quadratura per un’uscita entro il 2035 sembrerebbe cosa fatta. ‘Se l’Italia può fare da apripista? Sicuramente sì. Noi siamo pronti a chiudere prima del 2030 sicuramente per la parte continentale, anche in meno di un anno’, ha precisato il ministro che ha poi anticipato alcuni dei contenuti del comunicato stampa finale con cui oggi sarà archiviato l’appuntamento: dal nucleare (‘è stato affrontato sia il tema dell’energia da fusione che lo sviluppo della fissione e ci sarà un passaggio a livello tecnico nel documento finale’) al fondo per i Paesi poveri, con i ministri che lavorano a una proposta da far arrivare sul tavolo della Cop29, fino al possibile blocco dell’import di Gnl dalla Russia come richiesto dal Belgio (‘è all’ordine del giorno, vediamo dopo la notte quale sarà il risultato’) (…)”, si legge sul quotidiano.

EX ILVA, PRONTI ALTRI 150 MILIONI: DUE FORNI ELETTRICI DAL 2027

“Il problema più urgente per Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria si chiama liquidità. I 150 milioni che Ilva in amministrazione straordinaria ha erogato nelle scorse settimane, prelevandoli dal patrimonio destinato, non bastano. E così il Governo ha messo in cantiere un altro apporto, anch’esso per 150 milioni, che arriverà a breve attraverso una norma ad hoc. Dovrebbe avere la forma di un decreto legge, da varare la prossima settimana”. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. “(…) I due interventi da 150 milioni ciascuno si agganciano al prestito ponte da 320 milioni e costituiscono un plafond da 620 milioni che serve ai commissari di AdI per avviare i ripristini impiantistici, acquistare i ricambi e cominciare a far risalire la produzione (…) Il piano industriale che i commissari hanno presentato ai sindacati poggia su una produzione di 6 milioni di tonnellate entro il 2026, l’avvio della costruzione di due forni elettrici nel primo semestre del prossimo anno e la loro entrata in funzione nel secondo semestre 2027. (…) ‘Abbiamo basato il nostro piano sulle regole attuali – ha detto il commissario AdI, Giancarlo Quaranta -. E la prima cosa da fare per tornare a riavere tranquillità è appunto quella di mettere in sicurezza gli impianti’. Anche qui non si può prescindere dalle risorse, perché per rifare un altoforno piccolo servono 250 milioni, mentre la linea scelta dai commissari è quella di privilegiare ciò che impatta di più sulla sicurezza e quindi si interverrà sul sistema di raffreddamento e sul rifacimento del crogiolo, con una spesa calcolata intorno ai 50-60 milioni. (…)”, si legge sul quotidiano.

“Dalle prossime settimane, intanto, gli impianti di AdI saranno visitati da coloro che hanno manifestato interesse all’acquisto. Ascolteremo prima le loro proposte, ha detto Urso, poi inizieranno a visitare l’azienda. Far trovare loro un piano industriale e finanziario, ha rilevato il ministro, darà il segno di come sia già partita la manutenzione. Quando sono arrivati i commissari, ha aggiunto Urso, hanno trovato un degrado superiore alle previsioni, l’ex Ilva ‘è stata presa per i capelli, l’approvvigionamento rimasto sarebbe bastato per pochi giorni ancora e, se si fosse spento l’altoforno 4, avremmo scritto la parola fine’. E non sono finiti gli strascichi con ArcelorMittal, precedente gestore, che continua a dar battaglia. Ma questa, ha annunciato il ministro, è materia che stanno approfondendo gli uffici legali. (…)”, conclude il quotidiano.

AUTO, STUDIO RHODIUM: DAZI AL 50% PER POTER COMPETERE CON LE ELETTRICHE CINESI

“L’Unione Europea dovrebbe imporre dazi al 50% per arrestare l’avanzata delle auto elettriche cinesi. Oltre che di inedita entità, tuttavia, tale misura potrebbe anche rivelarsi un autogol per l’industria occidentale, avverte uno studio di Rhodium Group”. È quanto si legge sul Corriere della Sera di oggi. “Il valore delle esportazioni di auto a batteria dalla Cina all’Europa è cresciuto di sette volte nel giro di quattro anni, passando dagli 1,6 miliardi di dollari del 2020 agli 11,5 miliardi del 2023. Negli ultimi 12 mesi, poi, la quota di mercato dei marchi cinesi in Ue è quadruplicata, raggiungendo l’8% del totale immatricolato. L’obiettivo di case come Byd, Saic e Geely è proseguire questa ascesa, sfruttando il bando Ue ai veicoli benzina e diesel nel 2035 e i costi di produzione di gran lunga inferiori. Non a caso, i costruttori cinesi hanno acquistato navi cargo che gli consentiranno di consegnare 560 mila auto all’anno in Europa nel 2025 e fino a 1,7 milioni nel 2026. (…) Il gigante Byd è, per esempio, in grado di vendere lo stesso suv ‘Seal U’ a 21.769 euro in Cina e a 41.990 euro in Germania. Questo divario segnala due cose. Da un lato, che Byd genera cospicui utili in Europa. Dall’altro, che dazi al 30% non azzererebbero il margine di profitto e, dunque, non renderebbero sconveniente l’export dalla Cina. Per raggiungere tale risultato, le tariffe dovrebbero arrivare almeno al 50%. Soglia improbabile, non solo alla luce dei precedenti. (…)”, si legge sul quotidiano.

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