L’Unione europea potrebbe essere in vantaggio sulle normative ESG: Paesi che rappresentano quasi il 55% dell’economia mondiale sono al lavoro per adottare i requisiti di informativa stabiliti dall’International Sustainability Standards Board
Il colosso petrolifero francese TotalEnergies e altre aziende sottolineano l’effetto distorto delle normative ESG che, secondo i critici, hanno messo le aziende europee in una posizione di svantaggio competitivo e di valutazione rispetto alle loro omologhe statunitensi, con effetti potenzialmente duraturi per l’economia Ue. Aziende come Mercedes-Benz e Unilever stanno reagendo.
La European Round Table for Industry – i cui membri hanno totalizzato vendite annuali pari a 2 trilioni di euro – afferma che le normative eccessivamente severe “stanno accelerando la perdita di competitività” e avvertono che le prospettive dei membri “sono migliori al di fuori dell’Europa”.
I REQUISITI ESG IN EUROPA
Negli ultimi 5 anni – un periodo durante il quale l’Europa ha iniziato a formulare il quadro normativo ESG più ambizioso al mondo – l’indice S&P 500 degli Stati Uniti è salito più del doppio rispetto all’indice di riferimento europeo Stoxx 600. Sebbene diversi fattori – tra cui il predominio delle Big Tech – abbiano contribuito alla più ricca valutazione statunitense, i requisiti ESG in Europa non hanno aiutato.
Le aziende energetiche europee generalmente sono quotate con uno sconto del 40% rispetto alle loro omologhe statunitensi. Se TotalEnergies fosse valutata in linea con il grande produttore medio di greggio statunitense, la sua capitalizzazione di mercato aumenterebbe di 108 miliardi di dollari, in base ai multipli degli utili calcolati da Bloomberg.
LE SCELTE DELLE AZIENDE EUROPEE
Di fronte alle divergenti regole ESG tra Stati Uniti ed Europa, alcune aziende hanno soppesato le loro opzioni: il trader di materie prime Glencore – che di recente ha dichiarato di abbandonare i piani di uscita dal carbone – è stato pubblicizzato come un potenziale candidato ad abbandonare la quotazione a Londra per New York. L’utility tedesca RWE è tra le aziende che indirizzano più investimenti oltre Atlantico rispetto al suo mercato interno, mentre la società norvegese di batterie FREYR Battery ha trasferito la sua sede centrale negli Stati Uniti.
Il numero di aziende europee nella Fortune Global 500 si è ridotto. La quota dell’Europa nella produzione mondiale di alluminio è scesa dal 30% del 2000 al 5% del 2022. L’Ue è passata dall’essere un esportatore di prodotti chimici ad un importatore netto. “Mentre le EII (industrie ad alta intensità energetica) in altre regioni non hanno gli stessi obiettivi di decarbonizzazione, né richiedono investimenti simili, beneficiano di un sostegno statale più generoso”, ha affermato l’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, nel suo dossier sulla competitività dell’Unione europea, pubblicato ieri.
CRISI CLIMATICA E CRISI DELLA BIODIVERSITÀ
I funzionari europei riconoscono i problemi con il ritmo rapido e la complessità delle normative introdotte dal 2019; tuttavia, aggiungono che le misure sono necessarie per evitare una doppia crisi climatica e della biodiversità. “Ovviamente ci sono dei problemi a breve termine, perché richiede un certo sforzo, ma i benefici stanno iniziando ad emergere. Stiamo lavorando duramente per semplificare e far funzionare le cose sul campo”, ha dichiarato Helena Vines Fiestas, presidente della Piattaforma Ue sulla finanza sostenibile e copresidente della task-force delle Nazioni Unite sul net zero.
Gli Stati Uniti hanno moltissime norme sulla protezione ambientale, ma il loro quadro generale è eclissato dall’ampiezza e dalla profondità di quello dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda la divulgazione.
IL MOVIMENTO ANTI-ESG
Inoltre, il movimento anti-ESG è prosperato negli Stati Uniti e, se l’ex presidente Donald Trump tornerà alla Casa Bianca, il suo mantra “drill, baby, drill” sembra destinato ad abbassare l’onere normativo per i produttori. Persino la democratica Kamala Harris ha fatto marcia indietro rispetto alla sua precedente richiesta di vietare il fracking, la tecnica che oggi viene utilizzata per produrre la maggior parte del petrolio e del gas degli Stati Uniti.
Mentre Bruxelles espande le normative (nel corso dell’ultimo mandato quinquennale del Parlamento europeo sono stati adottati circa 8.000 atti, molti dei quali relativi all’ambiente), gli Stati Uniti stanno offrendo incentivi. L’Inflation Reduction Act del 2022 è il pacchetto di crediti d’imposta e rimborsi destinati a promuovere gli investimenti in tutto, dai veicoli elettrici ai pannelli solari, e Goldman Sachs ha stimato che potrebbe produrre fino a 3,3 trilioni di dollari di spesa.
LA STRATEGIA DELL’UNIONE EUROPEA
L’Unione europea potrebbe essere in vantaggio sulle normative ESG: sono in atto degli sforzi per rendere globale la rendicontazione sulla sostenibilità, con Paesi che rappresentano quasi il 55% dell’economia mondiale che lavorano per adottare i requisiti di informativa stabiliti dall’International Sustainability Standards Board. Alcuni affermano che non ci sia altro modo: “dopo due decenni di convincimento dei mercati ad affrontare il cambiamento climatico, è chiaro che le misure volontarie hanno fallito”, ha affermato Simon Braaksma, direttore Sostenibilità di Royal Philips NV.
GLI ESG IN ITALIA: LA DIRETTIVA CSRD
Per quanto riguarda l’Italia, lo scorso 30 agosto il Consiglio dei Ministri ha adottato il testo definitivo del decreto che recepisce la Direttiva UE 2022/2464 “Corporate Sustainability Reporting Directive” (CSRD). I nuovi principi di rendicontazione entrano nel bilancio d’esercizio in modo progressivo nel tempo, secondo gli obblighi preesistenti e la dimensione dell’impresa, con l’obiettivo di rafforzare le norme di rendicontazione di sostenibilità societaria per gli aspetti ambientali, sociali e governance a favore della trasparenza informativa. Si tratta di un obbligo di norma che impatta sul modello e sulla strategia e resilienza dell’impresa e non solo delle società quotate.
I DOVERI DELL’IMPRESA IN BASE ALLA DIRETTIVA CSRD
L’impresa rendiconta gli impatti e i rischi, reali e potenziali, che producono sugli aspetti ESG, e gli impatti, rischi ed opportunità, reali e potenziali che subiscono dagli aspetti ESG. Le piccole e medie imprese quotate, gli enti piccoli e non complessi che rientrano nella definizione del Regolamento (UE) 575/2013, le imprese di assicurazione captive e le imprese di riassicurazione captive, possono limitare la rendicontazione di sostenibilità alle seguenti informazioni:
– una breve descrizione del modello e della strategia aziendali dell’impresa;
– una descrizione delle politiche dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità;
– i principali impatti negativi, effettivi o potenziali, dell’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità e le eventuali azioni intraprese per identificare, monitorare, prevenire o attenuare tali impatti negativi effettivi o potenziali o per porvi rimedio;
– i principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità e le modalità di gestione di tali rischi adottate dall’impresa.
Il processo di rendicontazione deve garantire la conformità ai principi di rendicontazione ESRS, “obbligo di conformità”. La Direttiva UE ammette un approccio graduale e semplificativo per le PMI quotate in applicazione del principio “value cap chain” integrato in uno documento vincolante ad hoc pubblicato dall’EFRAG, c.d. “ESRS LSME”.