I rifiuti che provengono da pannelli fotovoltaici, pale eoliche e batterie di auto elettriche raggiungeranno le milioni di tonnellate nei prossimi anni. Di questo passo, rischiano di sommergerci. Problemi e soluzioni
Da qui al 2050 le auto elettriche e gli impianti rinnovabili produrranno milioni di tonnellate di rifiuti. È il rovescio della medaglia della transizione energetica, che di questo passo, rischia di trasformarsi in un boomerang per l’ambiente e per l’uomo. Tuttavia, esistono soluzioni alternative alle discariche che potrebbero trasformare i rifiuti in risorse. È quanto emerge dallo studio della società di consulenza internazionale Native Strategy, intitolato “Energie rinnovabili e mobilità elettrica: opportunità di investimento nella catena del valore del riciclo di rifiuti emergenti”.
IL REBUS DEI RIFIUTI DEL FOTOVOLTAICO
Tra il 2027 e il 2033 la domanda di smantellamento dei pannelli fotovoltaici salirà vertiginosamente. Infatti, 16,9 GW di impianti installati tra il 2010 e il 2013 raggiungeranno il fine vita. Una crescita favorita dagli incentivi pubblici introdotti dai governi. Tuttavia, la vita utile di queste infrastrutture è di circa trent’anni, prima di perdere efficienza. Una sfida non da poco, ma anche un’opportunità importante. Infatti, riciclare i moduli fotovoltaici potrebbe abbassare il costo delle materie prime, ridurre la dispersione di tossine nell’ambiente e contribuire a rendere più stabile una filiera fortemente dipendente da Cina e Sud-Est asiatico. Secondo un recente report di IRENA e IEA-PVPS i rifiuti da fotovoltaico, se recuperati, varrebbero quindici miliardi di dollari.
Rifiuti che comprendono argento, rame, silicio cristallino, vetro e polimeri derivanti dalle materie plastiche. In particolare, secondo lo studio, nei prossimi anni sarà particolarmente richiesto l’argento, che costituisce solo lo 0,05% del peso complessivo dei pannelli, ma rappresenta un terzo del valore dei materiali riciclabili. Il riciclo di una tonnellata di rifiuti fotovoltaici può produrre fino a 500 grammi di argento, con un recupero del 95%. Una pratica che permetterebbe anche di ovviare alla significativa carenza di questo metalli prevista fino al 2075, a fronte di una riserva totale stimata di 540.000 tonnellate di argento. Ma attualmente le percentuali di riciclo dei metalli non raggiungono neanche il 5%.
RIFIUTI, LE PALE EOLICHE NON SE LA PASSANO MEGLIO
Le tecniche di trattamento dei moduli solari e delle pale eoliche sono di fatto varie, costose, spesso in fase di sperimentazione preindustriale, tecnicamente complesse e non ancora ottimizzate per gestire grandi volumi di rifiuti. In base alle stime, per rendere il processo economicamente sostenibile l’impianto di riciclaggio dovrebbe gestire tra le settemila e le ventimila tonnellate annue di moduli fotovoltaici. Una quota che l’Italia dovrebbe raggiungere non prima del 2031.
Gli stessi problemi affliggono anche le pale fotovoltaiche, che contengono componenti che per la maggior parte finiscono in discarica, nonostante l’85-90% possa essere riciclato. Il peso delle pale rappresenta un ostacolo significativo al processo di riciclaggio, che ha una spesa che si aggira intorno ai 530.000 $ per turbina.
IL “LATO OSCURO” DELLA MOBILITA’ ELETTRICA
Le batterie sono l’ultimo tassello del rebus della gestione dei rifiuti speciali. Lo studio di Native Strategy prevede un aumento del volume di batterie da riciclare da 1.000 tonnellate nel 2025 a 6 milioni di tonnellate entro il 2050. Al tempo stesso, si stima che il volume di batterie per veicoli elettrici a fine vita salirà da 1.000 tonnellate del 2025 a più di 6 milioni di tonnellate entro il 2050. Inoltre, la domanda di materiali come litio, cobalto, manganese, nichel e grafite crescerà del 500% entro il 2050. Contemporaneamente i costi operativi per il riciclaggio delle batterie in Italia potrebbero raggiungere i 309 milioni di euro nei prossimi 25 anni. Le soluzioni esistono, secondo, lo studio: ricondizionamento, riutilizzo e riciclo delle batterie per dargli una seconda vita. Pratiche che oggi hanno preso poco piede.
LE SOLUZIONI
Per evitare di essere sommersi dai rifiuti e assolvere, al tempo stesso, alle indicazioni delle direttive europee che vietano l’abbandono nelle discariche c’è una soluzione, secondo lo studio: servono nuove filiere per il recupero e il riciclo sostenibile. L’Italia ha il potenziale per rispondere alla crescente domanda di rifiuti legati alla transizione energetica e ridurre i rischi legati a supply chain globali. Ma servono nuove norme e investimenti in tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale, l’automazione robotica e il riciclo avanzato. Innovazioni che rappresentano una leva importante per ottimizzare i processi di gestione dei rifiuti e promuovere l’economia circolare.
La buona notizia è che dal 2024 al 2022 l’Italia ha praticamente dimezzato la quantità di rifiuti smaltiti in discarica, secondo dati Eurostat. Ma c’è ancora molta strada da fare.
“Siamo davanti ad una fase critica, ma anche di opportunità per l’Italia, in quanto nei prossimi anni avremo la necessità di smaltire in modo sostenibile molte tecnologie di energie rinnovabili e batterie giunte a fine vita. Con la crescita della capacità installata di impianti fotovoltaici ed eolici, e l’aumento previsto delle batterie a fine vita, sarà cruciale sviluppare e adottare tecnologie avanzate che permettano di gestire efficacemente questi processi” ha dichiarato Paola Leoni CEO di Native Strategy.
“I forti investimenti in energie rinnovabili genereranno già nei prossimi 10 anni milioni di tonnellate di rifiuti ad alto valore, offrendo la possibilità di recupero di materiali strategici e rari. Ad oggi la filiera italiana mostra ampi spazi di mercato per player istituzionali e privati favorendo aggregazioni, partnership e la messa a terra di nuove soluzioni di recupero abilitate dai progressi tecnologici” ha sottolineato Davide Bertelli, Director Native Strategy responsabile dello Studio.