Séjourné (Ue): “Proporremo uno choc di semplificazione, un piano per l’industria pulita e un fondo competitività per l’auto”. Foti (MAE): “Target Pnrr raggiungibili in tempo ma serve maggiore spesa”. Donnarumma (Fs): “Niente privatizzazione ma apertura a capitali privati, 100 miliardi investimenti in infrastrutture in 5 anni. Stagnaro (Bruno Leoni): “La strategia di acquisto comune del gas Ue è fallita”. La rassegna Energia
L’Ue non prevede un retrofront sul ban alle auto endotermiche al 2035 ma cercherà di supportare l’industria per non penalizzarle nella transizione. Lo ha detto Stéphane Séjourné, vicepresidente esecutivo della Commissione europea con la delega alla Prosperità e alla Strategia industriale, a Il Corriere della Sera, aggiungendo che l’Ue introdurrà “uno choc di semplificazione, un piano per l’industria pulita e un fondo competitività”. Il Ministro per gli Affari Europei, Tommaso Foti, è fiducioso che le deadline del Pnrr verranno rispettate, ma chiede un’accelerazione sulle spese. “Il decreto del ministro Giorgetti che consentirà di erogare i finanziamenti fino al 90% sarà decisivo”, ha detto Foti a Il Corriere della Sera. L’ad di Fs, Stefano Donnarumma, per il momento esclude l’ipotesi di una privatizzazione ma apre all’ingresso di capitali privati. Donnarumma ha sottolineato anche che nei prossimi 5 anni la società investirà oltre 100 miliardi di euro per le infrastrutture del Paese, secondo quanto riporta La Stampa. La strategia Ue di acquisto comune del gas con AggregateEU è fallita. A dirlo è Carlo Stagnaro, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, dalle pagine de Il Foglio. Stagnaro sottolinea che “complessivamente hanno utilizzato la piattaforma 110 compratori e 48 venditori, ma mentre nella prima asta sono intervenuti 63 compratori e 32 venditori, al quarto round ce n’erano solo 30 e 13, rispettivamente. Tra l’altro, gli stati membri avevano l’obbligo di favorire la partecipazione di una quota pari almeno al 15 per cento del fabbisogno di stoccaggio, cioè oltre 13 miliardi di metri cubi, quindi molti grandi consumatori sono stati posti di fronte alla classica offerta che non potevano rifiutare”. La rassegna Energia.
AUTO, SÉJOURNÉ (UE): “ADDIO A ENDOTERMICHE SENZA PENALIZZARE AZIENDE”
“«Ho scelto l’Italia come mia prima missione fuori dal Belgio. Poi andrò in Polonia, Francia e Germania. L’Italia è terza in Europa per la chimica ed è una delle principali potenze industriali: un esempio di capacità e abilità di esportazione». Stéphane Séjourné, 39 anni, francese, molto vicino al presidente Macron, è vicepresidente esecutivo della Commissione europea con la delega alla Prosperità e alla Strategia industriale. Oggi è a Milano e visiterà l’impianto chimico della Syensqo a Bollate con il ministro delle Imprese Adolfo Urso e il presidente della Regione Attilio Fontana. Incontrerà anche la Confindustria. (…) «L’industria dell’auto ha gli stessi problemi del resto dell’industria europea, che soffre per i prezzi dell’energia troppo alti, per la sovraccapacità produttiva esterna, in particolare cinese, che si riscontra in molti settori come l’acciaio e l’alluminio, e per la concorrenza sleale sul mercato. Vogliamo fare tutto il possibile per abbassare i prezzi dell’energia e garantire la certezza del diritto con clausole di salvaguardia».”, si legge su Il Corriere della Sera.
“(…) «La presidente von der Leyen avrà un dialogo strategico con i produttori e l’intera filiera, compresi i subappaltatori, nelle prossime settimane per mettere sul tavolo le difficoltà legate alla transizione. Sono pronto a iniziare a lavorare sulla clausola di revisione nel 2025 in modo da essere pronti nel 2026, perché se iniziamo nel 2026, saremo pronti nel 2027. Quindi iniziamo a esaminare i problemi, come farà la presidente». (…) «I target fissati non sono in discussione. Ma la questione delle multe deve essere risolta in modo pragmatico per non penalizzare i produttori ai quali viene chiesto di fare molto». (…) Nei prossimi cinque anni mi occuperò in modo specifico dei settori che sono in fase di transizione e che sosterremo, sia perché sono in difficoltà, sia perché rappresentano un interesse strategico: l’obiettivo è riportare la produzione in Europa e ridurre la dipendenza dalla Cina per un certo numero di materie prime, che si tratti di scarti di produzione o di materie prime critiche. Nei prossimi mesi definiremo i settori strategici, tra cui c’è la chimica e riformeremo il Reach, il testo che regola i settori chimici. È una questione di competitività ma anche di salute pubblica. I tempi di autorizzazione e restrizione sono troppo lunghi»”, continua il giornale.
“Proporremo uno choc di semplificazione, un piano per l’industria pulita e un fondo competitività. (…) «Ci sarà uno choc di semplificazione importante per le aziende e per tutta la filiera industriale: vogliamo avere un ambiente normativo molto più semplice per tutta l’industria, non solo per la chimica. Nei primi cento giorni presenteremo un piano per l’Industria pulita. E durante il mandato anche un fondo per la competitività, il cui scopo sarà quello di finanziare tutte le transizioni (…) «Il fondo farà tre cose. Primo, potrà intervenire come garanzia per i progetti che non hanno accesso al finanziamento attraverso le banche e il sistema finanziario tradizionale. Secondo, aiuterà i ricercatori e le start up innovative a crescere. Terzo aiuterà le scale-up (le startup che hanno superato la fase iniziale, ndr): troppi progetti industriali promettenti vengono abbandonati o delocalizzati nella fase di sviluppo chiave. (…) Ecco i criteri: forti trasformazioni in atto con gli obiettivi di decarbonizzazione da raggiungere; settori fortemente colpiti dalla concorrenza internazionale e dalla concorrenza sleale. Come il settore dell’auto con la sovraccapacità cinese che destabilizza il mercato per i produttori europei. Poi le industrie di domani: il clean tech, biotecnologie, chimica. Infine i settori in cui l’Europa deve essere più autonoma. È importante per la sicurezza economica. Ricordiamo la crisi del Covid».”, continua il giornale.
“«Il fondo farà tre cose. Primo, potrà intervenire come garanzia per i progetti che non hanno accesso al finanziamento attraverso le banche e il sistema finanziario tradizionale. Secondo, aiuterà i ricercatori e le start up innovative a crescere. Terzo aiuterà le scale-up (le startup che hanno superato la fase iniziale, ndr): troppi progetti industriali promettenti vengono abbandonati o delocalizzati nella fase di sviluppo chiave. Il fondo si applicherà a tutte industrie strategiche». (…) «C’è molta sovrapposizione. Ma dobbiamo essere in grado di spiegare oggettivamente perché abbiamo scelto questi settori. Ecco i criteri: forti trasformazioni in atto con gli obiettivi di decarbonizzazione da raggiungere; settori fortemente colpiti dalla concorrenza internazionale e dalla concorrenza sleale. (…) «Nel prossimo bilancio Ue dovremo aumentare in modo significativo la quota per le politiche legate alla competitività, che ora vale solo il 15%. Ci sono poi i risparmi privati europei da mobilitare. E nel breve termine vogliamo liberare il denaro che oggi dorme in circa cinquanta fondi Ue, che hanno scopi molto diversi: li vogliamo semplificare. Poi c’è la Banca europea per gli investimenti. Semplificando si potrebbero mobilitare fino a 50 miliardi di euro»”, si legge su Il Corriere della Sera.
PNRR, FOTI (MAE): “GOVERNO AUTOREVOLE MA ACCELERI”
“«Ha letto? È un brutto periodo per chi gufa contro». Tommaso Foti, da Piacenza, è da sei giorni il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione, incarico che fu del neo vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto. Ed è decisamente soddisfatto. (…) Secondo l’ Economist l’Italia ha avuto nel 2024 la quinta performance economica al mondo. E Giorgia Meloni è stata indicata come la personalità più influente da politico.eu. Entrambe testate non proprio dalla nostra parte. E le ricordo anche l’Ocse: segnala il caso Italia, il Paese in cui il tasso di disoccupazione da ottobre 2023 è diminuito di due punti percentuali. Ed è così sceso al livello più basso dall’inizio del rilevamento, nel 1983». (…) Quando ha saputo che sarebbe diventato ministro? «Poche ore prima di diventarlo. Direi al massimo due giorni prima. La premier Giorgia Meloni mi ha chiesto di assumere le deleghe. Intendeva procedere velocemente, senza lasciare vacanti settori delicati come quelli del Pnrr e delle politiche di coesione. Anche in relazione alle numerose scadenze da rispettare»”, si legge su Il Corriere della Sera.
“«Sono entrato in un ministero che era guidato da una personalità di indubbia capacità e concretezza. Occorre essere molto attenti: le questioni, soprattutto quando si parla di fondi europei, richiedono un’attenzione particolare. (…) La premier ha tenuto per sé la delega per il Sud. Per dire che il Sud è importante? «Certo. È una precisa scelta di natura politica. Per confermare e sottolineare con forza l’impegno del governo per il Sud con la sua stessa persona». (…) «Sto esaminando tutti i dossier più significativi e più urgenti, entro la fine dell’anno dobbiamo mettere a punto la lettera da inviare alla Commissione Ue per ottenere la settima rata, che tra l’altro è cospicua, circa 18,2 miliardi di euro. E dunque, occorre verificare che i 67 obiettivi complessivi siano raggiunti». (…) Sono ottimista sulla possibilità di raggiungerli tutti. E ora siamo in un momento importante sul fronte della rendicontazione delle spese effettuate».
(…) «La Corte dei conti ha fatto la sua relazione sui dati di cui dispone, in modo senza dubbio corretto. Ci sono situazioni che possono migliorare. E io credo che il decreto del ministro Giorgetti che consentirà di erogare i finanziamenti fino al 90% sarà decisivo. Eviterà che i Comuni vadano in affanno di cassa. Semplificando la rendicontazione, sarà possibile disporre delle risorse in misura molto più veloce che in passato. (…) Il Cipess ha definanziato alcuni progetti e lei si trova un tesoretto di alcuni miliardi. Ha già capito che farne?
«I tesoretti hanno modalità di utilizzazione certamente non così impellenti. E quindi, teniamoli buoni per quando serviranno. E anche lì, dopo meno di una settimana, come fai a dire mettiamo qui o là?»”, continua il giornale.
ENERGIA, DONNARUMMA (FS): “100 MILIARDI INVESTIMENTI INFRASTRUTTURE”
“Al momento non è in campo l’ipotesi di una privatizzazione vera e propria di Rfi né una quotazione della holding di Ferrovie dello Stato, società partecipata al 100% dal ministero dell’Economia. L’amministratore delegato Stefano Donnarumma pensa comunque di aprire il capitale ai privati. C’è un perimetro da identificare che riguarda la rete, ma si tratta di un intervento che non andrebbe a intaccare in alcun modo il controllo che rimane statale. Donnarumma illustrerà le linee guida per trovare nuove forme di finanziamento oggi alla presentazione del piano strategico di Fs. (…) Il piano strategico prevede ipotesi di partnership internazionali, mentre i progetti del Pnrr verranno portati a termine (sono stati spesi 10 miliardi su 25 assegnati), e anche se alcune opere non dovessero essere completate entro il 2026, saranno comunque finanziate. (…) Insomma, la vecchia idea di separare i trasporti dalla proprietà della rete è un’ipotesi che ritorna ciclicamente, anche perché incoraggiata dalla Commissione europea. Rumors di palazzo si erano spinti a prevedere una nuova società della rete partecipata da Cassa depositi e prestiti e dalle fondazioni bancarie”, si legge su La Stampa.
“Nella manovra dello scorso anno il governo ha indicato un obiettivo di dismissioni dell’1% del Pil in tre anni, poco più di 20 miliardi da mettere a riduzione del debito pubblico. Nel 2024 il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha accelerato sulla vendita di quote di Eni, Monte dei Paschi, Poste e Ita airways. (…) A rilanciare la partita della privatizzazione di Fs è stata Bloomberg che in un articolo di due giorni fa scrive: «L’Italia si sta preparando a vendere una quota di minoranza dell’operatore ferroviario Ferrovie dello Stato Italiane Spa, mentre il governo cerca di cedere asset per ridurre il debito». La cessione, aggiunge l’agenzia americana, mira anche «ad alleggerire i requisiti finanziari di Ferrovie». (…) sottolineando l’importanza di fare una valutazione a lungo termine, e in equilibrio con i regolamenti europei, «sulla possibilità di usare altre fonti di finanziamento, oltre a quelle pubbliche, per affrontare gli ingenti investimenti nel settore ferroviario»”, continua il giornale.
ENERGIA, IL FALLIMENTO DELL’ACQUISTO COMUNE DI GAS
La strategia Ue di acquisto comune del gas con AggregateEU è fallita. A dirlo è Carlo Stagnaro, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, dalle pagine de Il Foglio. Stagnaro sottolinea che “complessivamente hanno utilizzato la piattaforma 110 compratori e 48 venditori, ma mentre nella prima asta sono intervenuti 63 compratori e 32 venditori, al quarto round ce n’erano solo 30 e 13, rispettivamente. Tra l’altro, gli stati membri avevano l’obbligo di favorire la partecipazione di una quota pari almeno al 15 per cento del fabbisogno di stoccaggio, cioè oltre 13 miliardi di metri cubi, quindi molti grandi consumatori sono stati posti di fronte alla classica offerta che non potevano rifiutare”.
“Come si dice “fallimento” a Bruxelles? Più o meno così: “Il nostro principale risultato è che AggregateEU [il programma europeo di acquisto comune di gas, ndr] può aver contribuito a stabilire nuove relazioni commerciali, sebbene non sia chiaro in quale misura” mentre “non c’è evidenza di significativi impatti negativi”. E’ la conclusione del rapporto realizzato da Frontier Economics e Freshfields Bruckhaus Deringer per conto della Commissione europea, che ha chiesto una valutazione rispetto agli obiettivi della piattaforma: la riduzione dei prezzi del gas e la sicurezza energetica. Secondo i consulenti, essa non ha prodotto alcun beneficio misurabile. Nella migliore delle ipotesi, è stata inutile. (…) Il meccanismo, introdotto transitoriamente ad aprile 2022 soprattutto su impulso dell’ex premier Mario Draghi, adesso è stato reso permanente e non se ne capiscono le ragioni. Già a giugno la Corte dei conti europea aveva detto che “non vi sono sufficienti dati per confermarne i benefici”. (…) Complessivamente hanno utilizzato la piattaforma 110 compratori e 48 venditori, ma mentre nella prima asta sono intervenuti 63 compratori e 32 venditori, al quarto round ce n’erano solo 30 e 13, rispettivamente. Tra l’altro, gli stati membri avevano l’obbligo di favorire la partecipazione di una quota pari almeno al 15 per cento del fabbisogno di stoccaggio, cioè oltre 13 miliardi di metri cubi, quindi molti grandi consumatori sono stati posti di fronte alla classica offerta che non potevano rifiutare. (…) “Occasionalmente – si legge – AggregateEU può aver favorito l’incontro con nuove controparti” ma “tranne in rari casi non ha prodotto conseguenze” e “nei round successivi tipicamente non si sono generati nuovi match”, sicché “è probabile che anche in uno scenario controfattuale i clienti avrebbero comunque diversificato” le loro fonti di approvvigionamento”, si legge su Il Foglio.
“Dietro tale idea si vede il trauma della crisi energetica. All’epoca, tutti avevano in testo il modello sperimentato con successo per l’acquisto congiunto dei vaccini e speravano di poterlo replicare col gas. Ma c’è una differenza fondamentale: mentre la domanda di vaccini era interamente pianificata dai sistemi sanitari nazionali, il gas viene comprato per molteplici usi, parzialmente in conflitto gli uni con gli altri. (…) A conti fatti, i mercati si sono aggiustati da sé, senza ricevere alcun aiuto dalla piattaforma (come conferma l’analisi della Commissione). I mercati hanno consentito – proprio grazie alla presenza di numerosi operatori, intermediari e piattaforme di scambio – di superare lo choc della riduzione dei flussi dalla Russia, che fino al 2021 era stata il nostro principale fornitore di gas. Il vituperato Ttf e le altre borse europee hanno fatto quello che dovevano esattamente come dovevano, segnalando la scarsità e attirando nuova offerta”, continua il giornale.