Nel 2025 rincari su luce e gas. L’Europa alle prese con lo stop al gas russo in Ucraina. Le proposte per salvare il settore automotive europeo. La rassegna Energia.
Per il prossimo anno sono previsti rincari sia sulla bolletta dell’energia elettrica che del gas. In questo momento pesa moltissimo lo stop al transito del gas russo in Ucraina, dal momento che l’accordo tra i due Paesi scadrà oggi, 31 dicembre 2024. Secondo il presidente del centro di ricerca Nomisma Energia, Davide Tabarelli, il prossimo anno una famiglia italiana pagherà in media, nell’arco dei 12 mesi, 135 euro in più per l’elettricità e 230 euro in più per il gas, per un totale di 365 euro in più. Se le forniture russe via Ucraina nelle prossime ore si fermeranno davvero, l’Europa perderà fino a 15 miliardi di metri cubi l’anno di combustibile a prezzi convenienti che sarà impossibile rimpiazzare se non con maggiori importazioni di GNL. Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico della Lombardia e presidente dell’ARA (l’Automotive Regions Alliance, che raccoglie 36 regioni Ue esposte alla grande crisi), punta a presentare un piano di proposte al tavolo sull’emergenza auto che la Commissione von der Leyen si prepara a lanciare a Bruxelles, premendo per coinvolgere anche le regioni, in quanto voce dai territori colpiti. La rassegna Energia.
BOLLETTE, NEL 2025 SI PREVEDONO AUMENTI DA RECORD
“Gli italiani nel 2025 rischiano di pagare fino al 30% in più sia per la luce sia per il gas. Ieri il prezzo di riferimento europeo del gas al TTF di Amsterdam ha dato una tregua (-0,2% a 47,6 euro al megawattora), ma nel 2024 ha sfiorato un aumento del 50%, con un’accelerazione dall’autunno. L’ultima questione a surriscaldarlo – scrive Repubblica – è la scadenza del contratto che fa fluire 15 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia all’Europa, attraverso l’Ucraina, accordo che terminerà oggi.
Da giorni Putin ha comunicato che non ci sono i tempi per ridiscuterlo e ha mandato un primo segnale azzerando le forniture alla Moldova. Impedire che la vendita di gas foraggi l’invasione resta l’obiettivo numero uno dell’Ucraina di Zelensky, pronta a rinunciare alle commissioni sul transito. Austria, Slovacchia e Ungheria sono le più colpite e non a caso Robert Fico è volato a Mosca facendo infuriare Kiev: tutto porta allo stop di quel flusso che oggi vale il 5% circa della domanda Ue.
Anche l’Italia, dal Tarvisio, ne è in parte interessata ma con quote ridotte: nell’ordine dei 5,5 miliardi di metri cubi, quest’anno, dai 29 pre-guerra. Proprio ieri, Snam ha annunciato l’arrivo della nave rigassificatrice BW Singapore: è la quinta ed entrerà in funzione a Ravenna dalla primavera. Da allora, con 28-29 miliardi di metri cubi di capacità, grazie al GNL copriremo di fatto quel che importavamo via tubo da Mosca.
Tra gli operatori non ci sono timori di scompensi ma, pur nella varietà di stime, la convinzione che una dose di “tensione” sia in vista. Il GNL costa di più e per assicurarcelo siamo in competizione con l’Asia. A ciò si aggiunga che gli stoccaggi Ue sono pieni per meno del 75% e in discesa a ritmi più rapidi della media del quinquennio (l’Italia è intorno all’80%); che la “Dunkelflaute”, l’assenza di sole e vento, ha azzoppato la produzione rinnovabile; e che il clima sarà più rigido. Fattori che hanno già presentato il conto ai consumatori. A partire dai 3,4 milioni di clienti vulnerabili (over 75 e non solo) in Tutela elettrica, per i quali l’Arera ha previsto una bolletta più salata del 18,2% nel primo trimestre 2025. Nonostante il rincaro, la spesa annuale per l’utente tipo vulnerabile tra primo aprile 2024 e 31 marzo 2025 è inferiore del 2% (rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Merito di un 2024 che, a parte la coda finale, è stato tutto sommato benevolo.
E il futuro? Secondo Facile.it, non è troppo roseo. Confrontando gli indici Psv (gas) e Pun (elettricità) degli ultimi 12 mesi con le previsioni dell’European energy exchange (Eex) per i prossimi 12, calcola che l’energia elettrica aumenterà del 27% e il gas del 26%. Ciò si tradurrà in bollette più care di 272 euro tra luce e gas (+11% rispetto a oggi) sul mercato libero. Simona Benedettini, advisor in regolazione dei mercati energetici, dipinge però un quadro a tinte meno fosche: “L’Eex non è molto indicativo. Gli indici forward dei mercati power & gas italiani per il 2025 parlano di circa 12 centesimi/kWh per la luce e 47 centesimi/smc per il gas, in linea rispetto alla media del 2024”, conclude il quotidiano
ENERGIA, TABARELLI: PER LE FAMIGLIE 365 EURO IN PIÙ ALL’ANNO
“Il mondo litiga ancora, tra Russia, Ucraina, Moldavia. E alla fine il conto lo sopporteremo anche noi – come è inevitabile – nelle bollette della luce e del gas. Mentre si moltiplicano le stime degli aumenti per il 2025, Davide Tabarelli fa una previsione secca. Presidente del centro di ricerca Nomisma Energia. Tabarelli: quanto pagherà una famiglia italiana l’anno prossimo, in media? “Per l’elettricità, 135 euro in più nell’arco dei 12 mesi. Per il gas, invece, 230 euro in più”.
Quasi 400 euro: non è poco. “Peseranno certamente sui bilanci delle famiglie. Penso soprattutto alle giovani coppie, ai nuclei monoreddito, agli impiegati, agli insegnanti, agli operai”.
E l’impatto per le imprese? «Possiamo dividerle in due grandi categorie, per comodità di analisi. Ci sono le aziende comuni che soffriranno di meno. L’atelier di moda di Milano che dimentica la luce accesa di notte nelle sue sartorie non avrà problemi particolari a fine mese”. Lo si legge su Repubblica.
GAS, SE KIEV FERMA GAZPROM L’UNICA ALTERNATIVA È IL GNL
“Se le forniture russe via Ucraina nelle prossime ore si fermeranno davvero, il Vecchio continente perderà fino a 15 miliardi di metri cubi l’anno di combustibile a prezzi convenienti che sarà impossibile rimpiazzare se non con maggiori importazioni di gas naturale liquefatto (GNL). E queste arriveranno in gran parte – come già accade – proprio da oltreoceano. Come ricorda il Sole 24 Ore, è in viaggio verso la Germania la prima nave metaniera salpata dal nuovo terminal Plaquemines LNG, l’ottavo negli Usa, inaugurato di recente da Venture Global. E questa settimana anche Kiev per la prima volta ha comprato un carico di GNL dagli Usa.
Gli analisti – pur escludendo il rischio di carenze di combustibile, in particolare per l’Italia, che ha un alto grado di diversificazione delle rotte di rifornimento – non vedono alternative a un maggiore ricorso al gas liquefatto. E questo inevitabilmente comporterà un aggravio dei costi, che potrebbe essere molto accentuato per i Paesi lontani dal mare e dunque privi di rigassificatori. Come spiega l’Oxford Institute for Energy Studies (OIES), “con la produzione domestica in declino e nessun aumento significativo previsto per le forniture via gasdotto non russe, i due parametri con cui misurare l’impatto economico della cessazione dei transiti del gas russo in Ucraina saranno la disponibilità di GNL e il costo per trasportarlo ai Paesi colpiti”. L’Acer, che riunisce i regolatori europei dei mercati energetici, a ottobre ha denunciato che in tre anni le tariffe per il trasporto transfrontaliero del gas nella Ue sono aumentate di circa il 40% e c’è il rischio che salgano ulteriormente, con il declino della domanda che riduce l’utilizzo dei gasdotti.
Il possibile stop del gas russo via Ucraina e il maggior costo delle alternative sono temi con cui il mercato si confronta da mesi. Ed è in vista di questi scenari che il prezzo del combustibile si avvia a chiudere il 2024 con un rialzo di circa il 45%, vicino ai massimi di quest’anno e alla soglia psicologica di 50 euro per Megawattora: valori molto lontani dai record raggiunti all’apice della crisi energetica (nell’estate 2022 si andò oltre 340 euro), ma più che doppi rispetto a quello che era la norma lo scorso decennio”, conclude il quotidiano.
AUTO, GUIDESI: CANCELLARE LE MULTE 2025 O SPARISCE LA FILIERA INDUSTRIALE
“Ormai il dibattito non verte più su elettrico sì o no ma su auto sì o no, industria europea sì o no”. Va dritto al punto senza giri di parole Guido Guidesi, spingendo lo sguardo oltre, ad acciaio e chimica, a tutto il manifatturiero europeo stressato ai limiti della propria tenuta dagli errori di una politica spesso sbagliata e iper-regolatoria. Tanto da costringere il Green Deal a cambiare persino nome in Clean Industria Deal, per non compromettere con le proprie intemperanze ideologiche gli obiettivi della crociata irrinunciabile della decarbonizzazione.
Da quattro anni assessore allo Sviluppo economico della Lombardia, Guidesi da sempre si divide tra Milano e Bruxelles. Più che mai dovrà farlo dal 1° gennaio 2025 in veste di presidente dell’ARA, l’Automotive Regions Alliance che raccoglie 36 regioni Ue esposte alla grande crisi.
Obiettivo condiviso tra le altre con Baviera e diverse associazioni Ue del settore, dice in questa intervista a Il Sole 24 Ore, è presentare un piano di proposte al tavolo sull’emergenza auto che la Commissione von der Leyen si prepara a lanciare a Bruxelles, premendo per coinvolgere anche le regioni in quanto voce dai territori colpiti.
Gli ultimi dati dicono che nel 2025, con 10 anni di anticipo sul traguardo Ue, la Cina vedrà il sorpasso dell’auto elettrica su quella tradizionale con aumento del 20% delle vendite in casa contro la stasi in Germania, Francia e Italia in un’Europa stretta tra timore dei dazi Usa, frenata tedesca e instabilità francese. Che cosa si aspetta per l’auto europea nel 2025?
Se la nuova Commissione cambierà da subito la strada regolatoria intrapresa nel precedente mandato, indirizzando i finanziamenti non su una, ma su tutte le possibilità di trazione, potremo ancora sperare di salvare l’automotive. Se invece non succederà, saremo invasi dalle auto cinesi meno costose che per questo troveranno acquirenti. Risultato: la scomparsa totale dell’industria dell’auto dal nostro continente.
Non le sembra di esagerare?
No. Le crisi di Volkswagen e Stellantis parlano chiaro. In Lombardia paghiamo già sull’indotto le conseguenze negative dello stop al motore endotermico nel 2935. Ora però c’è aria nuova anche nell’Europarlamento. I popolari si battono per neutralità tecnologica, pluralità dei carburanti, cancellazione delle multe da 15 miliardi nel 2025 per i costruttori in ritardo sui tagli delle emissioni di CO2, ma la partita a salvaguardia dell’industria europea non si ferma qui.
Quali i fronti più dolenti?
In 5 anni abbiano ceduto ai cinesi la leadership su auto e chimica. Rischia la stessa fine la siderurgia, che soffre sia la sovracapacità cinese nell’inazione di Bruxelles sia enormi sovraccosti rispetto alla concorrenza per l’alto prezzo dell’energia e i vari balzelli Ue, dall’acquisto dei certificati ETS con scomparsa dal 2030 di quelli gratuiti al CBAM, il Carbon Border Adjustment Mechanism.
Disastro ineluttabile?
No. Per questo ci mobiliteremo come ARA.
Con quali rimedi concreti?
Per l’auto mobilità decarbonizzata in regime di libertà e pluralità d’azione. Nel 2035 sarà il mercato a decidere. In breve, diciamo al cittadino europeo: muoviti come vuoi, purché non inquini”, conclude il quotidiano.