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Mercato unico Ue, costi energia e sovraccapacità produttive paesi terzi minano competitività. Il report di Bruxelles

L’Europa ha una solida base industriale, ma gli alti prezzi dell’energia pesano sulla sua competitività. La decarbonizzazione dell’industria e dei sistemi energetici, così come la circolarità, sta avanzando ma dovrebbe accelerare.

La competitività dell’economia europea è sottoposta a crescenti pressioni da diverse angolazioni, tra cui gli elevati costi energetici e le sovraccapacità produttive nei paesi terzi. Il Mercato Unico, che ospita 450 milioni di consumatori e 23 milioni di aziende, è al centro della competitività a lungo termine dell’Ue. Tuttavia, le persistenti barriere nel Mercato Unico gli impediscono di raggiungere il suo pieno potenziale. L’onere normativo è visto come un ostacolo da due terzi delle aziende. È quanto emerge dalla Relazione annuale 2025 sul mercato unico e la competitività della Commissione europea, che analizza i punti di forza e di debolezza dell’economia dell’Ue. E fornisce il contesto analitico per la Bussola della competitività, un piano d’azione che riaccenderà il dinamismo economico in Europa.

COSA PREVEDE IL RAPPORTO

Il rapporto traccia, in particolare, l’evoluzione di 22 indicatori chiave di performance, come l’integrazione nel Mercato unico, la ricerca e lo sviluppo, la spesa e i prezzi dell’elettricità. Sono fondamentali per valutare la competitività dell’UE, identificare le aree che richiedono un’attenzione speciale, come il completamento del Mercato unico, la chiusura del divario di innovazione, la decarbonizzazione dell’industria e la riduzione delle dipendenze.

I RICHIAMI DI BRUXELLES

Tra i richiami del rapporto, Bruxelles ha posto l’accento sul fatto che l’Europa vanta una spesa stabile per investimenti, una forte attività di ricerca e un ampio bacino di talenti. Tuttavia, le aziende hanno difficoltà a crescere, la spesa per la ricerca e lo sviluppo rimane al di sotto dei pari e la digitalizzazione procede troppo lentamente. L’Europa ha inoltre una solida base industriale, ma gli alti prezzi dell’energia pesano sulla sua competitività. La decarbonizzazione dell’industria e dei sistemi energetici, così come la circolarità, sta avanzando ma dovrebbe accelerare. Infine, l’Ue, pur mantenendo la sua posizione di primo esportatore mondiale di servizi e secondo esportatore di beni necessita di un attento monitoraggio per le sue dipendenze strategiche e le sovracapacità non di mercato nei paesi terzi.

AD OGGI APPROVATI PROGETTI IPCEI PER 37 MLD MA OCCORRE RENDERE IL PROCESSO DI PROGETTAZIONE E REVISIONI IPCEI PIU’ SEMPLICE E VELOCE

I Progetti Importanti di Interesse Comune Europeo (IPCEI) “sono uno strumento fondamentale per coordinare gli investimenti pubblici e privati nell’UE a sostegno di progetti innovativi e infrastrutturali in aree tecnologiche critiche – si legge nel report Ue -. Gli IPCEI rappresentano un passo avanti verso un maggiore coordinamento tra Paesi nelle politiche industriali all’interno dell’UE, un’evoluzione che deve andare oltre. Ad oggi sono stati approvati dieci IPCEI integrati, per un valore di oltre 37 miliardi di euro di sostegno pubblico nazionale, che hanno sbloccato 66 miliardi di euro di investimenti privati. È necessario rendere il processo di progettazione e revisione degli IPCEI più semplice e veloce per far decollare rapidamente i progetti strategici. Il Forum europeo congiunto sugli IPCEI, lanciato nell’ottobre 2023, contribuisce ad affrontare questi problemi identificando le aree strategiche per i futuri IPCEI e migliorandone la progettazione e l’attuazione”, sottolinea il rapporto Ue.

RIDURRE LE DIFFICOLTA’ DI ATTUAZIONE DEGLI APPALTI PUBBLICI PER INCANALARE MEGLIO GLI INVESTIMENTI PUBBLICI ANCHE GREEN

“Gli appalti pubblici possono essere uno strumento strategico per incanalare gli investimenti pubblici verso il futuro dell’economia europea a sostegno di obiettivi quali la transizione verde e la resilienza dell’economia dell’UE, ma la loro attuazione può essere impegnativa. Le direttive sugli appalti pubblici garantiscono regole comuni in tutto il mercato unico e ogni anno oltre 250.000 autorità pubbliche nell’UE spendono circa il 14% del PIL (2.000 miliardi di euro nel 2022) in servizi, lavori e forniture. Sebbene le norme esistenti prevedano criteri sociali, di sostenibilità e di resilienza, la loro adozione è stata limitata, anche a causa delle difficoltà di attuazione”, ha evidenziato il rapporto Ue.

PREZZI ENERGIA UE IN MEDIA 3 VOLTE SUPERIORI A QUELLI DEGLI STATI UNITI E PREZZI DEL GAS NATURALE 4-5 VOLTE SUPERIORI. CIO’ SCORAGGIA LA TRANSIZIONE DELL’INDUSTRIA E DELLE FAMIGLIE.

“Le impennate dei prezzi dell’energia degli ultimi anni hanno avuto ripercussioni sulle industrie europee ad alta intensità energetica, come i produttori di acciaio, cemento, vetro, carta e prodotti chimici. La produzione è diminuita drasticamente, in alcuni segmenti di oltre il 10% rispetto a prima del 2021. Ad esempio, nella produzione di alluminio, i costi energetici rappresentano in genere la metà dei costi di produzione totali”, si legge nel report Ue.

I costi dell’energia, spiega ancora il rapporto Ue, “incidono significativamente sulla capacità delle imprese dell’UE di competere sui mercati internazionali. I prezzi dell’elettricità nell’UE sono diminuiti rispetto al loro picco, ma sono ancora quasi il doppio dei livelli storici e significativamente più alti rispetto alle regioni concorrenti. Le imprese dell’UE devono far fronte a prezzi dell’elettricità che sono in media 3 volte superiori a quelli degli Stati Uniti e a prezzi del gas naturale 4-5 volte superiori. Anche all’interno dell’UE si registrano notevoli differenze di prezzo. Gli aumenti dei prezzi hanno avuto un impatto negativo diretto sulla fiducia degli investitori e hanno provocato il ritiro degli investimenti diretti esteri e l’interruzione dei progetti di espansione. Il 33% delle imprese afferma che i prezzi volatili e troppo elevati dell’energia sono i principali fattori che incidono negativamente sull’attrattiva dell’UE come sede di attività. Gli attuali livelli dei prezzi ostacolano anche l’elettrificazione dell’economia dell’UE. La quota dell’elettricità nel mix energetico è rimasta stabile intorno al 20% dal 2000 e non è ancora decollata su larga scala”.

“Ciò – prosegue Bruxeles – si spiega in parte con il persistere di un piccolo differenziale di prezzo tra gas ed elettricità, che non fornisce sufficienti incentivi economici per passare all’elettricità, nonostante la maggiore efficienza energetica dei sistemi elettrici. Ciò ha scoraggiato la transizione dell’industria e delle famiglie. Si prevede tuttavia che la quota dell’elettricità aumenterà progressivamente, grazie a norme sempre più severe in materia di emissioni, a una maggiore determinazione del prezzo del carbonio e a una revisione delle norme sulla tassazione dell’energia, che favoriranno l’elettrificazione dell’industria, incentiveranno l’uso di pompe di calore per il riscaldamento e accelereranno l’adozione di veicoli elettrici”.

COMBUSTIBILI FOSSILI COSTITUISCONO DUE TERZI DEL MIX ENERGETICO

L’economia dell’Ue “dipende ancora ampiamente dai combustibili fossili, che costituiscono circa due terzi del mix energetico. La quota delle energie rinnovabili è in aumento e rappresenta il 24,5% e l’energia nucleare fornisce il 12% del mix energetico dell’Ue – sottolinea ancora la Commissione Ue nel report -. La valutazione d’impatto della Comunicazione sull’obiettivo climatico europeo per il 2040 mostra che queste fonti energetiche pulite potrebbero soddisfare il 75% del fabbisogno energetico dell’UE entro il 2040. L’attuale dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili espone l’industria ai rischi di interruzione delle forniture e alla volatilità dei prezzi, mentre una maggiore dipendenza futura dalle fonti energetiche decarbonizzate può aumentare l’accessibilità economica e limitare la vulnerabilità dell’industria”.

LA RAPIDA ATTUAZIONE DEL NET-ZERO INDUSTRY ACT AIUTERÀ L’UE A COSTRUIRE UNA FORTE CAPACITÀ PRODUTTIVA NAZIONALE PER LE TECNOLOGIE GREEN

“L’Europa vanta una solida esperienza nell’innovazione delle tecnologie pulite e dell’energia, ma non offre ancora un quadro di riferimento sufficiente per immettere sul mercato prodotti innovativi e consentire alle imprese di scalare, contribuendo così ad aumentare l’efficienza energetica e a potenziare la fornitura di elettricità. Il mercato globale delle principali tecnologie pulite prodotte in serie è destinato a triplicare entro il 2035, raggiungendo un valore annuo di circa 1.900 miliardi di euro, offrendo alle imprese dell’UE vaste opportunità da cogliere – sottolinea il report sulla competitività -. La rapida attuazione della legge sull’industria a zero emissioni (Net-Zero Industry Act, NZIA) aiuterà l’UE a costruire una forte capacità produttiva nazionale per queste tecnologie, fondamentali per soddisfare le esigenze della società in termini di energia più economica e più pulita”.

ECONOMIA CIRCOLARE: L’EUROPA PROGREDISCE LENTAMENTE

“L’Europa sta lentamente progredendo verso un’economia più circolare – evidenzia il report sulla competitività Ue -. Dal 2000, la circolarità dell’economia dell’UE, misurata come tasso di utilizzo di materiali circolari, è aumentata dall’8,2% all’11,8% nel 2023122 (ICP 20), il che comporta un minor consumo di materie prime, meno rifiuti e una minore dipendenza dall’estero. L’impronta materiale dell’UE, che misura l’estrazione di materie prime per il consumo dell’UE, ammonta a 14,8 tonnellate pro capite nel 2022. Diversi fattori ostacolano la transizione verso un’economia circolare. I vincoli economici possono scoraggiare l’adozione di modelli commerciali circolari, poiché spesso comportano costi iniziali più elevati e poiché le materie prime secondarie sono in genere più costose di quelle vergini. Insieme ai rischi dell’innovazione e all’incertezza sui ritorni degli investimenti, oltre alla difficoltà di scalare e replicare le soluzioni in un mercato frammentato, il business case per la circolarità non è ovvio. Ad esempio, le divergenze tra i quadri normativi degli Stati membri dell’UE, in particolare sui criteri di cessazione della qualifica di rifiuto, rendono difficile la libera circolazione dei rifiuti all’interno del mercato unico”, ha sottolineato Bruxelles.

“Ciò impedisce lo sviluppo di catene di approvvigionamento più efficienti e scoraggia la diffusione di impianti di riciclaggio innovativi – ha ammonito la Commissione Ue. -. Il grado di valorizzazione dei rifiuti o dei sottoprodotti industriali (simbiosi industriale) varia tra gli Stati membri e tra le industrie, con il deposito in discarica a basso costo e la mancanza di prevedibilità della fornitura di rifiuti/sottoprodotti che rappresentano ostacoli per i modelli circolari. Esiste anche un ulteriore margine per migliorare la riparabilità dei beni, in modo da prolungarne la durata e limitare il consumo di risorse e di energia associato alla produzione di nuovi beni. Inoltre, c’è un grande potenziale non sfruttato nell’espandere l’uso di materiali a base biologica, in particolare materiali da costruzione e beni di consumo a base di legno, provenienti da foreste europee autoctone. Ciò limiterebbe l’uso di risorse limitate e consentirebbe a un maggior numero di edifici e beni di fungere da pozzi di assorbimento del carbonio. La legge sulle materie prime critiche (CRMA) e il regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili (ESPR) migliorano le condizioni per i modelli aziendali circolari”.

“Il CRMA richiede che il riciclaggio dell’UE copra il 25% del consumo annuale di materie prime strategiche dell’UE entro il 2030 e razionalizza gli investimenti negli impianti di riciclaggio. A livello di prodotto, l’ESPR definirà criteri di circolarità specifici per determinate categorie di prodotti. Ciò contribuirà ad affrontare la frammentazione del mercato derivante da norme nazionali divergenti sulla sostenibilità dei prodotti. Il Sistema informativo sulle materie prime supporta la progettazione di politiche e decisioni commerciali ben informate, con dati sul ciclo di vita dei materiali chiave”, ha concluso il report Ue.

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