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Decarbonizzare il settore immobiliare, ecco come si può fare

L’OCSE ha condotto un’indagine globale su edifici e clima per raccogliere dati e informazioni comparabili in 28 Paesi in Europa, America, Asia, Medio Oriente e Africa. L’indagine ha rilevato che il 54% dei Paesi intervistati aveva incluso impegni relativi all’edilizia nei propri NDC

In tutto il mondo, città e Paesi stanno introducendo delle nuove e severe norme edilizie per supportare la transizione ecologica. Dai pannelli solari alle pompe di calore, i governi stanno facendo più pressione sugli sviluppatori affinché integrino tecnologie pulite ed energie rinnovabili nell’edilizia aziendale, commerciale e residenziale.

Il settore immobiliare contribuisce in larga parte alle emissioni globali di carbonio, sia derivanti dalla costruzione che dall’alimentazione degli edifici, e l’applicazione di nuovi standard di edilizia sostenibile e di energia può aiutare i Paesi a ridurre le emissioni alla fonte.

DAL SETTORE IMMOBILIARE QUASI IL 40% DELLE EMISSIONI GLOBALI DI CO2 DELL’ENERGIA

Come ricorda Olilprice, quasi il 40% delle emissioni globali di anidride carbonica legate all’energia proviene dal settore immobiliare, di cui circa il 70% è prodotto dalle attività di costruzione e il 30% dalle attività di costruzione. Il mondo sta attraversando una rapida urbanizzazione, e si prevede che entro la metà del secolo nelle aree urbane vivranno circa 2,5 miliardi di persone in più.

Una ricerca dell’OCSE suggerisce che i miglioramenti nell’efficienza energetica possono contribuire ad alleviare la povertà energetica, poiché un aumento dell’1% dell’efficienza è correlato a una riduzione dello 0,21% dei tassi di povertà energetica. È stato inoltre riscontrato che una maggiore efficienza energetica negli edifici è correlata a migliori risultati in termini di salute pubblica.

L’INDAGINE OCSE SU EDIFICI E CLIMA

L’OCSE ha condotto un’indagine globale su edifici e clima per raccogliere dati e informazioni comparabili in 28 Paesi in Europa, America, Asia, Medio Oriente e Africa. L’indagine ha rilevato che il 54% dei Paesi intervistati aveva incluso impegni relativi all’edilizia nei propri NDC; il 46% dei Paesi aveva fissato un obiettivo per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici, e circa il 39% dei Paesi intervistati aveva degli obiettivi quantitativi per l’adozione di pompe di calore e il 32% per i pannelli fotovoltaici sui tetti.

Al contrario, solo il 18% dei Paesi aveva stabilito degli obiettivi per l’isolamento termico e il 60% non disponeva di quadri di monitoraggio per monitorare i progressi negli sforzi di decarbonizzazione a livello locale.

I COSTI PER LE NUOVE MISURE NELL’EDILIZIA

La principale sfida nell’introduzione di nuove misure nell’edilizia è rappresentata dai costi. I governi devono garantire che l’introduzione di nuove normative edilizie non comporti un aumento dei costi per gli acquirenti di case al punto da renderle inaccessibili. Poiché gli edifici costruiti prima del 1945 rappresentano il 23% del patrimonio edilizio dell’Unione europea, i governi devono valutare anche l’ammodernamento degli edifici esistenti con tecnologie a risparmio energetico.

Tuttavia, questo processo può essere molto costoso. Ciononostante, diversi Paesi hanno introdotto ambiziose strategie abitative, puntando alla decarbonizzazione settoriale. Il Green Deal dell’Unione europea mira a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, mentre iniziative come i pacchetti “Fit for 55” e REpowerEU puntano a ridurre le emissioni.

LA DIRETTIVA EPBD E LA STIMA DI SOLARPOWER EUROPE

Nel frattempo, la Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD) mira a ristrutturare gli edifici con le prestazioni peggiori e impone a tutti i nuovi edifici dell’UE di essere a zero emissioni entro il 2030. Un’analisi preliminare di SolarPower Europe del 2024 ha mostrato che l’EPBD nei prossimi anni potrebbe incentivare l’installazione di impianti solari sui tetti tra 150 e 200 GW, supponendo che il 60% degli edifici pubblici sia idoneo e rientri nell’ambito di applicazione dello standard europeo sui tetti solari.

Lo standard europeo per l’energia solare sui tetti si applica ai nuovi edifici non residenziali e pubblici a partire dal 2027, agli edifici non residenziali esistenti sottoposti a importanti ristrutturazioni entro il 2028, ai nuovi edifici residenziali a partire dal 2030 e a tutti gli edifici pubblici esistenti idonei entro il 2031.

La capacità totale di pannelli solari sui tetti in Europa ammontava a oltre 170 GW alla fine del 2023 e si prevede che entro la fine del 2027 aumenterà a 355 GW. Secondo Jan Osenberg, senior policy advisor di SolarPower Europe, “come l’integrazione essenziale dei rilevatori di fumo anni fa, questa nuova legge spinge l’energia solare sui tetti a diventare lo standard. Un numero maggiore di edifici, aziende e cittadini avrà accesso a un’energia solare pulita, rinnovabile ed economica”.

NUOVI STANDARD E REGOLAMENTI EDILIZI

Con il settore immobiliare che contribuisce in modo significativo alle emissioni globali di gas serra, i governi di tutto il mondo stanno prendendo di mira gli sviluppatori con nuovi standard e regolamenti edilizi. Diversi Paesi hanno introdotto delle misure rigorose che impongono agli sviluppatori di integrare energie rinnovabili e tecnologie pulite nelle nuove costruzioni, mentre altri hanno mappato il loro potenziale per comprendere meglio il percorso verso la decarbonizzazione.

GLI OBIETTIVI DELLE DIRETTIVE EUROPEE EED E EPBD

La direttiva EED (Energy Efficiency Directive, la direttiva sull’efficienza energetica 2023/1791) prevede che ogni Paese Ue deve garantire che ogni anno venga ristrutturato almeno il 3% della superficie coperta utile totale (superiore a 250 mq) degli edifici riscaldati e/o raffrescati di proprietà degli enti pubblici nazionali, per trasformarli in edifici a zero (o quasi zero) emissioni.

Secondo invece la direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive, sulla prestazione energetica nell’edilizia 2024/1275, nota comunemente come “Case Green”), i Paesi membri devono stabilire una roadmap nazionale per la progressiva ristrutturazione del parco edilizio, che da esprimere in termini di diminuzione del consumo medio di energia primaria in kWh/mq anno dell’intero parco immobiliare tra il 2020 e il 2050.

I Paesi membri garantiscono che, a partire dal 2020, il consumo medio di energia primaria in kWh/mq anno del parco immobiliare residenziale diminuisca di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.

IL RAPPORTO DI ENEA SUL PATRIMONIO IMMOBILIARE ITALIANO

Nel luglio 2024 Enea ha realizzato un rapporto, intitolato “La consistenza del parco immobiliare nazionale”, da cui si può partire per elaborare scenari e strategie di intervento per il settore. Dal rapporto emerge che in Italia oltre metà dei 12,4 milioni di edifici residenziali è stato costruito prima del 1977 e che il 46,7% si trova nella zona climatica “E”, che include tutti i Comuni italiani con gradi giorno compresi tra 2.100 e 3.000 (il “grado giorno” di una località, è la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20°C, e la temperatura media esterna giornaliera).

Il rapporto Enea chiarisce poi che la superficie lorda complessiva non vincolata potenzialmente oggetto di efficientamento energetico è di circa 209 milioni di mq, mentre la superficie netta riscaldata complessiva potenzialmente oggetto di efficientamento energetico è di circa 167 milioni di mq. Infine, il 74,1% degli immobili rientra nelle classi energetiche meno efficienti (E, F e G) e solo l’8,1% in una classe superiore alla B (A1-A4).

IL COSTO DELLA DECARBONIZZAZIONE DEGLI EDIFICI IN ITALIA

Secondo un modello elaborato nel giugno 2024 da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, il recepimento della direttiva Casa Green costerebbe all’Italia 180 miliardi di euro. Sarebbero infatti da efficientare almeno il 43% degli immobili in classe G, che rappresentano circa il 40% del parco immobiliare nazionale. Secondo lo studio, quindi, bisognerebbe avviare circa 800.000 cantieri all’anno, per un costo stimato tra i 93 ed i 103 miliardi di euro (solo per la classe energetica G).

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