Shell batte le attese degli analisti nonostante il calo degli utili, confermando un massiccio buyback per gli azionisti. Il settore auto, da Ford a Porsche, è invece travolto dai dazi USA, che abbattono i profitti e costringono a rivedere al ribasso le stime future. I fatti della settimana di Marco Orioles
Nonostante un calo degli utili, Shell ha superato le previsioni degli analisti grazie a un solido flusso di cassa e ha confermato un nuovo buyback da 3,5 miliardi. Anche Ford mostra resilienza: pur registrando una piccola perdita netta, i guadagni operativi superano i 2 miliardi, spinti dalla divisione commerciale Ford Pro. La sezione delle auto elettriche, tuttavia, continua a perdere pesantemente. Il vero protagonista negativo del trimestre è il peso dei dazi USA sull’industria automobilistica. Colossi europei come Mercedes-Benz e Porsche sono i più colpiti, con profitti in crollo e senza speranze di ulteriori concessioni da parte di Washington. Le due case automobilistiche tedesche sono state così costrette a tagliare drasticamente le loro previsioni di margine di vendita per l’intero anno. La strategia per mitigare l’impatto è alzare i prezzi negli USA, ma con cautela per non deprimere la domanda.
SHELL SUPERA LE ATTESE NEL SECONDO TRIMESTRE NONOSTANTE IL CALO DEGLI UTILI
Come riferisce Bloomberg, Shell ha riportato un utile nel secondo trimestre di quest’anno di 4,26 miliardi di dollari, in calo del 32% rispetto ai 6,29 miliardi dell’anno precedente, ma superiore rispetto alle attese degli analisti, che si fermavano a 3,74 miliardi. Il risultato, rileva ancora Bloomberg, ha spinto le azioni Shell a crescere del 2,7% a Londra. Il flusso di cassa operativo è stato di 12,3 miliardi di dollari, superando le previsioni di 10,1 miliardi. La performance è stata penalizzata da prezzi più bassi di petrolio e gas e da un contributo inferiore della divisione trading, solitamente un punto di forza, che non ha registrato perdite in un singolo trimestre nell’ultimo decennio. Tuttavia, il CEO Wael Sawan ha evidenziato 15 trimestri consecutivi di riacquisto azionario per almeno 3 miliardi di dollari, con 3,5 miliardi confermati per il periodo. Tali risultati riflettono le difficoltà di un mercato volatile, influenzato da fattori come la guerra commerciale di Trump, la decisione dell’OPEC+ di aumentare la produzione e il breve conflitto in Medio Oriente, che hanno portato a un calo del 10% dei prezzi del greggio nel trimestre. Sawan ha spiegato che la volatilità “su carta” non ha favorito il trading fondamentale di Shell, spingendo l’azienda a una strategia più prudente. Nonostante ciò, i prezzi del petrolio sono risaliti dell’8% da fine giugno, grazie alla domanda estiva nell’emisfero nord, anche se si prevede un surplus significativo nel 2026. Sul piano strategico, Shell ha continuato il suo sprint per ridurre i costi e migliorare l’efficienza, con una riduzione strutturale dei costi di 800 milioni nel primo semestre 2025, portando il totale pre-tasse dal 2022 a 3,9 miliardi. Il debito netto è aumentato a 43,2 miliardi dai 41,5 del primo trimestre. A differenza di concorrenti come BP ed Eni, che hanno tagliato gli investimenti, Shell ha confermato una spesa capitale di 20-22 miliardi per il 2025, dimostrando resilienza finanziaria.
FORD: PERDITA PETTA DI 36 MILIONI NEL SECONDO TRIMESTRE.
Come riportato da Quartz, Ford ha chiuso il secondo trimestre del 2025 con una perdita di 36 milioni di dollari, un calo dovuto ai costi per un problema tecnico su alcuni veicoli e alla cancellazione di un progetto per auto elettriche. Tuttavia, i guadagni operativi, al netto di interessi e tasse, sono stati di 2,1 miliardi di dollari, nonostante un impatto negativo di 800 milioni causato dai dazi. Gli analisti, secondo FactSet, si aspettavano un utile per azione di 0,33 dollari e vendite di 45,8 miliardi. Il valore delle azioni Ford è sceso a 10,91 dollari dopo la chiusura, con un obiettivo medio degli analisti di 10,31 dollari, anche se il titolo è cresciuto del 5% dall’elezione presidenziale del 2024. Ford ha fornito nuove previsioni per il 2025, stimando guadagni operativi tra 6,5 e 7,5 miliardi di dollari, un flusso di cassa disponibile tra 3,5 e 4,5 miliardi e investimenti di circa 9 miliardi, nonostante un impatto negativo dai dazi di circa 2 miliardi. La responsabile finanziaria Sherry House ha evidenziato la solidità economica dell’azienda, che permette di continuare a investire anche in un periodo di incertezze. Ford ha annunciato un dividendo di 0,15 dollari per azione, da pagare il 2 settembre. La divisione Ford Pro in particolare ha generato guadagni di 2,3 miliardi e Ford Blue di 661 milioni, mentre la sezione delle auto elettriche (Ford Model e) ha registrato una perdita di 1,3 miliardi, in aumento di 179 milioni rispetto al 2024, a causa di dazi, investimenti in veicoli elettrici e un nuovo impianto di batterie. Ford Credit ha invece riportato utili di 645 milioni, in crescita dell’88% rispetto all’anno precedente. I dazi del 25% sui veicoli importati, introdotti da Trump, con tariffe più alte su componenti da Messico e Canada (fino al 50% su acciaio e alluminio), hanno spinto Ford ad alzare i prezzi di alcuni modelli prodotti in Messico di 2.000 dollari e a offrire promozioni fino al 4 luglio. Questo ha contribuito a un aumento delle vendite del 14,2%, il miglior risultato trimestrale in sei anni. Tuttavia, le vendite di auto elettriche sono calate del 31,4%.
MERCEDES, PORSCHE E ASTON MARTIN: PROFITTI E VENDITE COLPITI DAI DAZI USA.
Secondo il Financial Times, i leader di Mercedes-Benz e Porsche hanno dichiarato che non si aspettano ulteriori concessioni sui dazi automobilistici imposti da Trump, che stanno erodendo profitti e vendite nell’industria automobilistica europea. I dazi del 25% sulle esportazioni di veicoli dall’UE verso gli Usa, ridotti al 15% dopo un accordo Ue-Usa siglato domenica, hanno colpito duramente i produttori tedeschi. In precedenza, il dazio era del 27,5%, inclusa una tariffa base del 2,5%. Nonostante l’accordo sia stato accolto positivamente, Mercedes-Benz e BMW hanno cercato invano, come riferito dal Financial Times. un meccanismo per compensare i dazi con esportazioni di veicoli dagli Usa. Ola Källenius, CEO di Mercedes-Benz, ha confermato che ulteriori concessioni sono improbabili, mentre Oliver Blume, CEO di Volkswagen e Porsche, ha abbandonato l’idea di un accordo separato dopo colloqui con il segretario al commercio Usa, Howard Lutnick, sottolineando un cambiamento strutturale nel mercato globale. Mercedes-Benz, ha rivisto al ribasso le previsioni di margine di vendita per il 2025, portandole al 4-6% (da 6-8%), includendo l’impatto dei dazi. Nel secondo trimestre, il profitto operativo adjusted è dimezzato a 2 miliardi di euro, in linea con le attese, ma influenzato da costi di ristrutturazione di 560 milioni per ridurre il personale. I ricavi sono scesi del 9,8% a 33 miliardi, con un calo delle vendite in Cina. Porsche, sempre secondo il Financial Times, ha tagliato le previsioni di margine di vendita al 5-7% (da 6,5-8,5%), subendo un impatto di 400 milioni dai dazi. I profitti operativi del trimestre sono crollati del 91%, a causa di costi di ristrutturazione, dazi e calo delle consegne in Cina ed Europa. Anche Aston Martin, citata dal Financial Times, ha rivisto le stime, prevedendo un pareggio operativo invece di un profitto, con una perdita operativa aumentata a 67,4 milioni di sterline. Un accordo Usa-Uk ha ridotto i dazi al 10% per le prime 100.000 auto esportate, ma il sistema di quote crea incertezze, come evidenziato dal CEO Adrian Hallmark. Porsche e Aston Martin hanno alzato i prezzi negli Usa per mitigare i dazi, ma evitano di trasferire l’intero costo ai consumatori per non danneggiare la domanda. Le azioni di Aston Martin sono scese dell’8%, quelle di Mercedes-Benz del 3%, mentre Porsche è salita del 3%.