Il Comitato interministeriale approva il progetto ignorando gli allarmi dell’Autorità Anticorruzione: niente gara, costi alle stelle, trasparenza assente. E la criminalità organizzata resta alla finestra
Scarsa trasparenza, troppo potere al consorzio guidato da Webuild, assenza di un piano unitario e pericolo di infiltrazioni mafiose. Sono le critiche, cadute nel vuoto, mosse dall’Autorità Nazionale Anticorruzione al progetto del Ponte di Messina, che ieri ha ottenuto il via libera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) che riunisce tutti i ministri economici coinvolti. Tutte le critiche inascoltate dell’ANAC.
ANAC: IL PONTE DI MESSINA E’ UN REGALO AI PRIVATI
Il decreto legge n. 35/2023 non prevede una nuova gara dopo l’affidamento dei lavori al consorzio Eurolink nel 2011. ANAC sottolinea però che la normativa europea (Direttiva 2014/24/UE) impone una nuova gara per un appalto ripristinato con un valore aumentato di oltre il 50%. Il costo ufficiale dell’opera è 13,532 miliardi di euro, ma il Senato stima che che potrebbe lievitare fino a 14,5 miliardi di euro, molto di più della metà rispetto al progetto iniziale (4,5 miliardi di euro).
In altre parole, secondo ANAC, il vincitore principale nella lunga e intricata partita del Ponte sullo Stretto di Messina è il Consorzio Eurolink, guidato oggi da Webuild, confermato contraente generale sulla base del vecchio progetto. L’Autorità sottolinea che, in questo modo, il Consorzio ottiene un importante potere contrattuale, cancellando la competizione e favorendo possibili “lotte interne” tra i componenti del Consorzio.
CHI PAGA SE CI SONO PROBLEMI? LO STATO
Il condizionale è d’obbligo quando si parla dei costi del Ponte sullo Stretto, difficili da stimare a causa della scelta di approvare l’attuale progetto in fasi, senza una visione complessiva. “Doveva essere e sarà ragionevolmente approvato per fasi successive. Ma questo non consente di avere una visione complessiva e l’incertezza si riflette ancora una volta sui costi”, ha sottolineato il Presidente di ANAC, Giuseppe Busia, a giugno nel corso dell’audizione davanti alle commissioni riunite Ambiente e trasporti.
Come se non bastasse, secondo l’Autorità il decreto e il contratto attuale tendono a far gravare tutti i rischi finanziari sullo Stato, mentre sarebbe preferibile una maggiore condivisione con i privati coinvolti. “Tutti i rischi vengono scaricati sulla parte pubblica, mentre dovrebbe accadere il contrario se di mezzo c’è un general contractor. Il problema peraltro è a monte: resuscitando il contratto per legge si mette in mano al privato una potentissima arma legale per far valere le sue ragioni nel contenzioso avviato contro lo Stato. Così aumenta il rischio di dover pagare ingenti somme se l’opera non si farà”, ha sottolineato Busia.
ANAC: SCARSA TRASPARENZA E RISCHI INFILTRAZIONI MAFIOSE
Il 98% degli affidamenti per l’opera è avvenuto senza gara con affidamenti diretti anche per lavori inferiori alla soglia di 150.000 euro. Una scelta che favorisce il rischio di infiltrazioni mafiose e riduce la trasparenza negli appalti. L’ANAC ha già segnalato situazioni di acquisizione di terreni da parte di soggetti legati a clan mafiosi, chiedendo l’implementazione di un protocollo di legalità rigoroso.
“Una opera di queste dimensioni, anche finanziarie, richiede un innalzamento delle verifiche. Il governo aveva intenzione di intervenire con un altro decreto a seguito di alcune osservazioni, rafforzando le verifiche antimafia. Questo decreto può essere l’occasione per prevedere da un lato l’uso di progettazione di tutti gli elementi di digitalizzazione dei cantieri, così da verificare tutte le imprese, anche quelle in subappalto dove si verificano più volte le infiltrazioni antimafia, e anche così garantire la sicurezza dei lavoratori, un aumento credo condiviso da tutti, inserito nel decreto, potrebbe essere un’occasione, abbassando le soglie estendendole anche alle imprese che hanno affidamenti sotto i 150 mila euro”, ha sottolineato Busia appena un mese fa.