Ad un anno dalla pubblicazione del Rapporto sul futuro della competitività europea, il vecchio continente si trova in una posizione ancor più precaria di prima, con solo l’11,2% delle 383 raccomandazioni pienamente attuate
L’ex presidente del Consiglio e della Banca Centrale Europea Mario Draghi è stato protagonista di un’edizione speciale di “Energy Prospectives”, il ciclo di incontri di alto livello della Fondazione Naturgy e della IESE Business School sulle condizioni economiche, normative e tecnologiche previste per il futuro del settore energetico.
L’incontro, svoltosi nel primo anniversario della presentazione del “Rapporto sul futuro della competitività europea”, ha analizzato il raggiungimento degli obiettivi, l’attuazione delle raccomandazioni e la posizione dell’Unione europea rispetto alle altre potenze mondiali.
Il Rapporto Draghi – ricorda El Periodico de la Energia – ha delineato un’ambiziosa tabella di marcia per rafforzare la competitività e l’autonomia dell’Europa in materia di sostenibilità ed energia. Dodici mesi dopo la sua pubblicazione, il continente si trova in una posizione ancora più precaria di prima, con solo l’11,2% delle 383 raccomandazioni pienamente attuate.
DRAGHI: “L’EUROPA È IN UNA SITUAZIONE PIÙ COMPLICATA RISPETTO AD UN ANNO FA”
A questo proposito, l’ex premier ha affermato che l’Europa si trova in una situazione più complicata rispetto ad un anno fa, data la sua dipendenza dalle materie prime e dalla tecnologia, e ha sottolineato la crescente importanza della situazione geopolitica, della sicurezza e della resilienza delle catene di approvvigionamento.
Tra le priorità immediate, basate sulle sue raccomandazioni, Draghi ha indicato che le più urgenti sono le riforme necessarie, l’aumento degli investimenti e l’adeguamento delle normative vigenti per rafforzare l’Unione europea internamente.
REPORT DRAGHI, UN ANNO DOPO
Dalla pubblicazione del rapporto, il panorama internazionale si è evoluto in modo significativo: Stati Uniti, Cina e persino Giappone stanno attuando delle politiche industriali più rapide ed efficaci rispetto all’Europa. In risposta, Draghi ha osservato che, dopo la pubblicazione del rapporto, il protezionismo delle politiche industriali è stato criticato, ma che questa critica ora sta perdendo terreno, poiché sempre più grandi potenze lo adottano.
L’ex premier ritiene che sia gli Stati Uniti che la Cina stiano attuando delle politiche industriali, sebbene con modelli diversi, e ha sottolineato la necessità di invertire l’attuale dipendenza dagli investimenti privati in ricerca e sviluppo in Europa e allinearla al modello statunitense, dove gli investimenti pubblici sono minimi e l’onere ricade interamente sul settore privato.
IL PRINCIPALE OSTACOLO DELLE PMI È LA SCALABILITÀ
Discutendo del ruolo delle PMI a livello europeo – che rappresentano il 70% dell’occupazione totale europea – e di come i governi possano aiutarle a diventare più competitive, Draghi ha sottolineato che si tratta di una questione cruciale, data la struttura stessa dell’industria europea. Ha osservato che durante la preparazione del rapporto è emerso chiaramente che, nonostante l’esistenza di finanziamenti, il principale ostacolo per le piccole e medie imprese europee è la scalabilità, a dimostrazione del fatto che l’Europa non sta creando le condizioni giuste per la crescita delle imprese locali.
LA POSIZIONE DI DRAGHI SUL SETTORE ENERGIA IN EUROPEA
D’altro canto, l’energia resta una delle principali sfide per l’Europa: le aziende europee si trovano ad affrontare prezzi del gas e dell’elettricità più elevati rispetto, ad esempio, a quelli degli Stati Uniti, e ciò ha un impatto diretto sulla competitività industriale europea. Per affrontare questa situazione, Draghi sollecita riforme urgenti per rendere competitivi i costi dell’energia in Europa.
Per l’ex presidente della BCE, per l’Europa è prioritario approfondire la riforma del mercato energetico, poiché il trilemma energetico e i suoi obiettivi hanno cambiato importanza e ora contano sia l’origine dell’energia che il suo prezzo. In Europa i permessi per le infrastrutture impiegano fino a 9 anni per essere disponibili, principalmente a causa di una governance altamente frammentata.
Il rapporto propone di collegare i prezzi ai contratti a lungo termine e di rinegoziare i contratti per differenza, semplificando i permessi e rendendo il finanziamento pubblico comune la norma per i progetti di interesse europeo, riducendo i colli di bottiglia e migliorando costi e sicurezza, impegnandosi a favore della neutralità tecnologica.
L’IMPORTANZA DELLA GESTIONE DEI BENI PUBBLICI
Infine, come menzionato anche nella sua relazione, Draghi ha sottolineato l’urgente necessità di un maggiore coordinamento europeo nella gestione dei beni pubblici, come le infrastrutture di rete. Ha sottolineato il lavoro svolto dal settore privato, che sta già compiendo progressi e sta valutando come raggiungere gli obiettivi.
Tuttavia, Draghi ha rimarcato che lo sforzo maggiore deve provenire dal settore pubblico, che deve semplificare la normativa e la legislazione. Serve un quadro comune e, per promuoverlo, il settore privato deve contribuire a cambiare l’opinione pubblica, utilizzando la propria piattaforma per garantire che la propria voce venga ascoltata e che la normativa venga riformata.
In conclusione, Draghi ha riflettuto su come l’Europa possa raggiungere il successo desiderato nei prossimi 10 anni, ovvero fino al 2035. Per l’ex presidente della BCE, la soluzione risiede nell’accelerare la crescita e, al contempo, decarbonizzare. L’obiettivo finale è un’Europa indipendente dal punto di vista energetico, competitiva e in forte crescita, che è il tema centrale del rapporto: decarbonizzazione e competitività, con la decarbonizzazione intesa come leva per rafforzare la competitività.


