Nonostante il calo degli acquisti di GNL, il valore totale delle importazioni russe nei primi nove mesi cresce del 2%. Gli Stati Uniti si confermano primo fornitore dell’UE con una quota di mercato del 29,5%, seguiti da Algeria e Russia.
La spesa dell’Unione Europea per il gas russo, sia via gasdotto che liquefatto (GNL), è crollata a settembre al livello più basso dall’agosto 2023. Secondo un’analisi di TASS basata su dati Eurostat, a settembre i Paesi UE hanno pagato un totale di 830 milioni di euro per il gas di Mosca. Una cifra che, pur rimanendo significativa, segna una netta contrazione rispetto ai mesi precedenti.
CROLLA L’IMPORT DI GNL, TIENE IL GASDOTTO TURKSTREAM
A trainare il calo è stato soprattutto il gas naturale liquefatto, per il quale i Paesi UE hanno speso 352 milioni di euro, il minimo da oltre due anni. I principali acquirenti di GNL russo a settembre sono stati Francia, Paesi Bassi e Belgio, mentre la Spagna ha drasticamente ridotto i suoi acquisti, toccando il livello più basso degli ultimi quattro anni. Gli acquisti di gas via gasdotto, che transitano ormai esclusivamente attraverso il TurkStream, si sono invece attestati a 478 milioni di euro.
IMPORT TOTALE IN LEGGERA CRESCITA NEI PRIMI NOVE MESI
Nonostante il crollo di settembre, il quadro complessivo dei primi nove mesi del 2025 mostra un leggero aumento del valore totale delle importazioni di gas russo. Tra gennaio e settembre, l’UE ha acquistato gas da Mosca per 10,6 miliardi di euro, segnando un +1,6% rispetto allo stesso periodo del 2024. Di questa cifra, 6 miliardi provengono dal GNL e 4,6 miliardi dal gas via gasdotto.
LA NUOVA GEOGRAFIA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI ENERGETICI
I dati confermano il profondo cambiamento nella geografia degli approvvigionamenti energetici europei. Gli Stati Uniti, grazie al boom del GNL, si sono consolidati come primo fornitore dell’UE, con una quota di mercato del 29,5% e un valore di 19,4 miliardi di euro. Al secondo posto si piazza l’Algeria, con una quota del 16,13%, seguita a stretto giro dalla Russia, la cui quota è scesa al 16,1% dal 19,3% dell’anno precedente. Completano la top five la Norvegia (12,3%) e il Regno Unito (7%).


