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transizione energetica

Perché i costi e i vantaggi della transizione energetica non sono gli stessi per tutti

Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, analizza la transizione energetica tra costi, disuguaglianze e scelte complesse

La transizione energetica si intreccia sempre di più con guerre, sicurezza e prezzi dell’energia. Dopo la COP30 del mese scorso a Belem la domanda non è più solo quanto ridurre le emissioni, ma come farlo senza far saltare pezzi di economia e società.

A dare alcune risposte e a lanciare proposte è Carlo Stagnaro, economista dell’energia e direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, che da anni si occupa, tra le altre cose, di mercato elettrico, politiche climatiche e sicurezza energetica.

IL LEGAME TRA LE GUERRE IN CORSO E LA TRANSIZIONE ENERGETICA

Secondo Stagnaro, “sicuramente, rispetto ad alcuni anni fa – quando soprattutto per l’Europa, non solo per l’Europa, la transizione energetica era in qualche maniera l’unica priorità – oggi ci sono anche altre priorità. A me non sembra che ci sia un legame diretto, nel senso di dire che facciamo la guerra e quindi non facciamo più la transizione energetica. Da un certo punto di vista è anche una fase di realismo necessario, nel senso che noi, soprattutto in Europa, abbiamo per lungo tempo considerato l’energia e il clima come una sorta di variabile indipendente, adesso abbiamo scoperto che non è una variabile indipendente”.

LE LEZIONI DELLA CRISI ENERGETICA

“Lo abbiamo scoperto quando abbiamo dovuto affrontare la crisi energetica, facendo in parte azioni che erano favorevoli alla transizione, penso, ad esempio alle accelerazioni sulle rinnovabili, ma in parte anche azioni che andavano in senso contrario, perfino in Italia abbiamo massimizzato l’utilizzo delle centrali a carbone.

E, adesso, il complicarsi dello scenario internazionale ci costringe a considerare altre variabili ancora e quindi ci costringe, quando dobbiamo scegliere come allocare un euro di spesa pubblica, a considerare che quell’euro deve soddisfare certamente l’esigenza della transizione, ma anche altre esigenze, tra cui ovviamente quella della sicurezza. Io non la vedrei come una questione ‘mettiamo il clima in soffitta e occupiamoci solo di guerra’, piuttosto come una questione “il mondo è complicato e non possiamo occuparci di una cosa sola”.

I COSTI DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA

“Secondo me dobbiamo un po’ smettere di raccontarci che con la transizione ci guadagnano tutti e non ci perde nessuno, è ovvio che quello è un cambiamento radicale della nostra economia e, soprattutto se vogliamo perseguirlo a tappe forzate come stiamo facendo in Europa, questo non può che produrre dei costi. L’idea che la transizione possa essere fatta senza costi e anzi con vantaggi non solo di natura ambientale è una cosa che ci siamo raccontati per molti anni e non è così. Del resto, se fosse così, da un lato non ci sarebbe bisogno di obblighi, incentivi, tasse etc, perché le cose succederebbero spontaneamente; se esistesse un’alternativa reale tra tecnologie economiche e pulite e tecnologie costose e sporche, non dovremmo obbligare la gente a scegliere quelle che costano meno e inquinano meno”.

Secondo Stagnaro, per evitare di scaricare i costi sui più deboli, “il primo punto è capire e accettare che tutto questo ha dei costi, e quindi non negare questi costi, ma cercare di quantificarli e di fare in modo che non ricadano prevalentemente o esclusivamente sulle spalle dei più deboli. Noi in Italia abbiamo fatto esattamente l’opposto, nel senso che l’effetto di queste cose, per esempio l’incremento della tassazione sui combustibili fossili, si scarica principalmente sulle spalle delle famiglie a basso reddito”.

IL RUOLO DEGLI INCENTIVI

“Noi diamo gli incentivi per la ristrutturazione degli edifici e a beneficiarne sono soprattutto le famiglie ad alto reddito, col un doppio paradosso che quindi scarichiamo costi sui “poveri” e riduciamo quegli stessi costi in maniera più che proporzionale su chi invece potrebbe permetterseli. Questo è un tipo di approccio che va esaminato in maniera attenta”.

NUCLEARE, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E DATA CENTER

“A livello europeo io credo sia impensabile raggiungere una neutralità carbonica senza nucleare, perché il nucleare ha delle caratteristiche di affidabilità, di continuità della produzione che sono indispensabili, se vogliamo che il 100% dell’energia elettrica, o quasi, sia a emissioni zero. Naturalmente uno può decidere che non vuole il nucleare, ma allora deve accettare di tenersi una sostanziale quota di gas nei nostri sistemi elettrici, almeno nel futuro prevedibile”.

IL PESO DEL NUCLEARE NELLA TRANSIZIONE

“In Europa io credo sia impensabile fare la transizione senza il nucleare, e c’è una crescente presa d’atto: l’abbiamo visto con la tassonomia, che riconosce per la prima volta il nucleare come fonte sostenibile. Un Paese come l’Italia, sulla carta, avrebbe grandi benefici dal nucleare, soprattutto perché gran parte dei nostri consumi sono nel Nord, mentre gran parte del potenziale rinnovabile sta nel Centro-Sud. L’Italia ha però degli enormi problemi di capacità di creare un consenso su queste cose: si fatica ad ottenere l’autorizzazione per mettere dei pannelli fotovoltaici, possiamo immaginare quanto sarebbe più difficile ottenere l’autorizzazione per mettere degli impianti nucleari”.

STRATEGIE, INVESTIMENTI PUBBLICI E SCELTE TECNOLOGICHE

“Mi sembra che fiducia nei mercati non ne abbiamo per niente, tant’è che tutta questa, o gran parte della transizione, la stiamo pilotando attraverso incentivi, sussidi, tasse, divieti e quant’altro. Quello che serve, a mio avviso, è dare più fiducia ai mercati, ma anche più chiarezza nella politica.

Più fiducia nei mercati significa dare a tutte le soluzioni tecnologiche che consentono di ridurre le emissioni la possibilità di competere ad armi pari: se io abbatto le emissioni di una tonnellata di CO2 col fotovoltaico, devo avere lo stesso vantaggio che se lo faccio con l’eolico, con il nucleare, con l’efficienza energetica, con la cattura del carbonio o con qualunque altra diavoleria; simmetricamente, se emetto una tonnellata di CO2 in atmosfera, devo pagare la stessa penalizzazione, a prescindere dal motivo per cui la emetto e dal processo attraverso cui la emetto”.

“Paradossalmente – conclude Stagnaro – la forma più efficiente di fotovoltaico, che è il grande fotovoltaico in campo, noi sostanzialmente la vediamo quasi vietata in Italia. È paradossale: tu vieti l’utilizzo di quella tecnologia quando è competitiva ed eroghi sussidi in maniera del tutto irrazionale quando non lo è, e questo è esattamente l’opposto di quello che dobbiamo fare”.

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